martedì 21 novembre 2017

Paesi Bassi e tassi di carcerazione bassissimi - Vito Totire



Un interessante articolo è stato pubblicato dalla rivista «Internazionale» (*): riguarda i tassi di carcerazione in Olanda e spiega come siano molto più bassi che altrove. Tutti dovrebbero leggerlo; in particolare nei Palazzi delle istituzioni in cui, fra l’altro, la rassegna stampa viene fornita gratis da un apposito servizio mentre noi “comuni mortali” a «Internazionale» dobbiamo abbonarci (ma sono soldi ben spesi).
I tassi di carcerazione non sono un evento naturale ma il riflesso della presenza o assenza di politiche per la prevenzione e l’inclusione. Su questo argomento si è soffermato di recente anche Michael Marmot (**) con il suo fondamentale saggio «La salute disuguale» commentando le cause e le conseguenze della enorme (e non casuale) discrepanza nei tassi di carcerazione tra Usa, Gran Bretagna e Islanda.
Per tornare all’articolo di «Internazionale» ecco i punti salienti:
§  riduzione delle carceri olandesi da 85 a 18; le prigioni “svuotate” sono state riconvertite ad alberghi o a strutture socialmente utili;
§  riduzione dei tassi di carcerazione da 125 persone ogni 100.000 abitanti nel 2005 alle attuali 59; conseguente ricollocazione dell’Olanda nel panorama mondiale che vede (come già denunciava Marmot) gli Usa in vetta all’infame classifica con 666 persone, Inghilterra e Galles con 146, Francia con 103, Germania con 77 sempre su 100mila; il tasso di “criminalità” nei Paesi Bassi è decresciuto dell’1% all’anno nell’ultimo decennio;
§  l’apparato olandese che gestisce la politica delle pene ha assunto le valutazioni e le proposte dello psicologo Mc Guire secondo cui la repressione è inefficace e le pene detentive servono solo a facilitare la reiterazione del reato; accantonando questa strategia controproducente occorre puntare – sostiene Mc Guire – sulla sospensione condizionale delle pene associata ad attività di supporto sociale;
§  attualmente le sentenze pronunciate dai tribunali penali olandesi comportano per il 50% pene detentive (spesso molto brevi) e per il 50% affido ai servizi sociali:
§  le persone private della libertà vengono prese in carico valutando fattori statici (come traumi infantili a volte difficili da recuperare pienamente) e fattori dinamici del rischio di recidiva (difficoltà e condizioni acquisite di recente come tossicodipendenza, indisponibilità di lavoro, abitazione); si cerca realisticamente di intervenire soprattutto sui fattori dinamici; la privazione della libertà è occasione generalizza di formazione lavorativa e per l’ acquisizione di competenze e nuove abilità; tutto il contrario delle carceri italiane dove la costanza è l’inattività in cella 24 ore e dove sistematicamente si calpesta la Costituzione repubblicana;
§  il sistema olandese punta sulla responsabilizzazione della persona e non sulla sua “custodia” che perpetuerebbe meccanismi di passività;
§  viene citato nell’articolo il carcere di Leeuuwarden in cui le persone detenute possono chiudersi a chiave in cella, un fatto impensabile nel resto del mondo e usufruiscono di spazi per l’autonomia: si svegliano da sole, vanno e tornano da sole dai laboratori artigiani, possono usare carrelli elevatori, seghe circolari, coltelli da cucina; in sostanza si punta sull’auto-responsabilizzazione piuttosto che sulla “custodia”;
§  particolarmente intelligente pare l’accenno a interventi di risarcimenti alle vittime; nell’articolo il tema purtroppo non viene molto sviluppato ma pare fare rifermento al fatto che un congruo risarcimento alle vittime (in Italia e in altri Stati le vittime vengono sovraesposte a livello mediatico ma molto raramente possono contare su adeguate forme di sostegno e di vera solidarietà soprattutto da parte delle istituzioni pubbliche, salvo l’azione di comitati di autoaiuto che riescono a sostenere le difficoltà materiali e l’elaborazione dei lutti subìti); evidentemente è una prassi che crea un clima psicosociale più favorevole al reinserimento delle persone detenute;
§  nell’articolo si fa un rifermento (purtroppo fugace) a “terapie” per il sostegno a chi è detenuto; la questione è da approfondire ma si intravede una capacità di supporto importante sul piano psicologico e psicodinamico;
§  gli autori dell’articolo sottolineano la grandissima importanza delle prime 48 ore di detenzione e delle accortezze (evitando di recidere bruscamente i rapporti con l’esterno) che vengono adottate in quel momento molto difficile che, come è tristemente noto, rappresenta anche la fase a più alto rischio di comportamenti autolesionisti;
§  infine gli autori sottolineano come le politiche che hanno dato impulso alla dinamica “svuotacarceri” sono state innescate da governi conservatori e comunque godono di consenso diffuso sul piano politico e sociale; come dire “che ci vuole?”; lo stesso Mc Guire ha scritto un saggio fondamentale, «Wat works-cosa funziona»; titolo molto chiaro che indica una direzione socialmente utile per tutti e non solo per le persone a rischio di detenzione; una società più equa – come dimostra Marmot – è meno criminogena; perchè non lo si vuole capire?
Si può fare di più dei Paesi Bassi? Certamente! Ma la strada tracciata pare proprio quella giusta. In Olanda è sempre esistito un pensiero “abolizionista” in materia di pene detentive. Si sa: le utopie qualcosa di buono lo producono sempre e, come si dice, sono i miraggi a mettere in moto le carovane.
http://www.labottegadelbarbieri.org/paesi-bassi-e-tassi-di-carcerazione-bassissimi/

2 commenti:

  1. Articolo interessante, d'altronde in Olanda sono avanti su tante cose, come per es. la legge sull'eutanasia. Leggo anch'io spesso Internazionale, rivista molto valida e che offre un panorama davvero esaustivo su quanto accade nel mondo.

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    1. Internazionale è davvero ricca, a volte qualche articolo mi fa arrabbiare, ma di soliti ci sono molte belle cose.
      di quella storia olandese la cosa interessante è che non si tratta di un argomento che non viene affrontato ideologicamente, ma con altri occhiali, quelli del pragmatismo

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