sabato 1 agosto 2020

Pura dignità - Raúl Zibechi



Le comunità mapuche si stanno mobilitando a sostegno dei loro prigionieri politici che stanno facendo lo sciopero della fame nelle prigioni di Temuco, Lebu e Angol. Chiedono il rispetto della Convenzione 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, che consente loro di scontare la pena nelle loro comunità, cosa fondamentale in tempi di pandemia; chiedono inoltre una revisione della detenzione preventiva e denunciano le condizioni degradanti nelle carceri.

Il machi Celestino Córdova ha fatto lo sciopero della fame per 80 giorni e ha dovuto essere trasferito all’ospedale che porta il nome inadeguato di Ospedale Pluriculturale di Nueva Imperial, perché la sua salute è peggiorata e le sue condizioni sono critiche. Nella cultura mapuche, il machi è un’autorità spirituale e un guaritore con un grande ascendente nelle sue comunità.
Nel carcere di Angol ci sono anche altri otto detenuti scioperano da 80 giorni avanzando le stesse richieste, oltre a undici detenuti nel carcere di Lebu che sono in sciopero da 17 giorni e altri sette che scioperano da quattro giorni in quello di Temuco.
Jakelin Curaqueo, presidente della Comunità di Storia Mapuche, spiega che la mobilitazione è molto difficile durante una pandemia fuori controllo che in Cile conta più di 17.000 contagiati per milione di abitanti, uno dei tassi più alti del mondo. Nonostante le difficoltà, si riscontrano manifestazioni e dimostrazioni nel nord, nel centro e nel sud del Cile. “La pandemia non ha rallentato la repressione e la guerra contro le comunità mapuche e la repressione dei loro leader, con un dispiegamento di artiglieria pesante a Wallmapu”, spiega Jakelin all’altro capo del telefono.
Il machi Celestino, un uomo robusto e di grande spiritualità che ho conosciuto durante una visita al carcere di Temuco poco più di un anno fa, ha dovuto essere trasferito in ospedale a causa del suo precario stato di salute. L’ultima volta che l’hanno visitato, mercoledì 22, i medici hanno detto che il suo stato di salute era “critico”. Non ha potuto nemmeno assistere alla cerimonia eseguita da altri machis a causa delle sue condizioni, che gli danno vomito e vertigini.

Decine di uomini e donne delle comunità mapuche si sono riuniti davanti all’ospedale lo stesso giorno in cui Celestino ha deciso di iniziare uno sciopero della fame e della sete, che ha sospeso quella stessa sera per riprendere lo sciopero dei liquidi. Il timore della famiglia e dello stesso Celestino è che venga sottoposto all’alimentazione forzata, per cui ha messo per iscritto che non permetterà nessun tipo di iniezione o di somministrazione di cibo o acqua con la forza.
Gli scioperi della fame intendono denunciare anche la repressione che i mapuche stanno subendo in tutto il Paese. L’esempio più lacerante è la persecuzione delle venditrici di verdura e di cochayuyo, un’alga marina che vendono nei mercati.
Nel dicembre 2018, un’ordinanza del sindaco di Temuco ha vietato il commercio ambulante stabilendo un perimetro di interdizione intorno al mercato. La particolarità è che l’ordinanza impone multe sia ai venditori che a chi compra i loro prodotti.
Il divieto e la successiva repressione ricadono su due settori: un collettivo di 750 piccoli orticoltori di alcune zone vicine a Temuco e i venditori di cochayuyo, uno degli alimenti più apprezzati in Cile. In diverse occasioni i venditori e i compratori si sono uniti per contrastare la repressione della polizia.
Jakelin sottolinea la forza spirituale di Celestino Córdova nonostante le sue precarie condizioni fisiche. Le comunità mapuche non potranno dimenticare una frase del loro punto di riferimento spirituale: “Se muoio, chiedo al mio popolo che continui a lottare”.

Fonte: “A pura dignidad. Veintisiete presos mapuche en huelga de hambre”, in desInformémonos, 23/07/2020 - Traduzione a cura di Camminardomandando


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