mercoledì 12 agosto 2020

Tre mesi di grande pericolo - Raúl Zibechi


I tre mesi che ci separano dalle elezioni negli Stati Uniti saranno critici per la vita sulla terra. Lo sostengono varie analisi e, in modo assai particolare, l’opinione dei dirigenti cinesi, che sono i più interessati a neutralizzare l’offensiva portata avanti dalla Casa Bianca e dal Pentagono.

Domenica 26 luglio, Hu Xijin, il caporedattore del Global Times, il giornale non ufficiale del Partito Comunista Cinese (PCC), ha pubblicato un appello alla nazione affinché costruisca più missili nucleari, dal momento che si trova ad affrontare sfide di sicurezza senza precedenti da parte degli Stati Uniti. Nel suo articolo, Hu Xijin ha scritto: “Sbrigatevi a costruire altri missili nucleari per scoraggiare i pazzi statunitensi” (cfr. “China needs to expand nuclear arsenal as US presses closer: GT chief editor”, in Global Times, 26/07/2020).

Mesi fa, sullo stesso giornale, c’è stato un altro appello nella medesima direzione: incrementare l’arsenale nucleare per dissuadere il Pentagono. Secondo il Global Times, la Cina non aveva intenzione di accrescere il suo arsenale atomico, ma la congiuntura attuale fa prevedere che ci saranno scontri nel Mar Cinese Meridionale, divenuto l’epicentro del conflitto tra le due potenze.


La strategia elettorale di Donald Trump viene delineata in una lunga intervista a Steve Bannon, pubblicata da Asia Times il 12 giugno. Ex capo della campagna elettorale di Trump nel 2016, attivo banchiere della Goldman Sachs e consigliere della Casa Bianca durante la presidenza del magnate, Bannon afferma che se concentrasse la sua campagna elettorale sulla Cina, Trump potrebbe vincere le elezioni di novembre.

Le sue opinioni sono terribili, e alcune appaiono deliranti, come quando accusa la Cina della morte di George Floyd, perché l’afro-statunitense aveva il Covid-19, che è venuto dal Partito Comunista Cinese, era consumatore di fentanyl, un oppioide che verrebbe dalla stessa nazione, e non aveva mai avuto un posto di lavoro in fabbrica perché l’industria se ne andava nel paese asiatico (“Bannon tells Asia Times: US election is all about China”, in Asia Times, 12/06/2020).

Tuttavia è necessario leggere l’intervista, perché mette a nudo la politica degli Stati Uniti e il pensiero delle loro élitesBannon afferma che il governo cinese è un gruppo di mafiosi e che il Partito Comunista è un gruppo di gangster. E quel che è peggio, dice che il Partito Comunista Cinese è l’opera incompiuta del XX secolo e che è venuto il momento di liquidarlo.

I punti di attacco sono due: affossare Hong Kong perché bisogna impedire l’accesso della Cina alla tecnologia e al capitale dell’Occidente, e costruire un’alleanza regionale con Giappone, Australia, India e Vietnam, intorno al Mar Cinese Meridionale e allo stretto di Malacca. Entrambe le strategie sono in corso, ma secondo Bannon dovrebbero essere intensificate fino al rovesciamento del Partito Comunista.

Il 4 giugno, Steve Bannon ha presentato quello che chiama il Nuovo Stato Federale Cinese, che ha anche una bandiera, proclamato nell’anniversario della repressione del 1989 in piazza Tienanmen e costituito da un gruppo di milionari fuggiti dalla Cina. Al di là del fatto che questo obiettivo sia irrealizzabile, bisogna notare la volontà di abbattere il regime cinese con la forza.

La risposta di Pechino all’aggressione statunitense si può leggere sul Global Times dello stesso 26 luglio, in un articolo che sottolinea l’estrema pericolosità delle relazioni bilaterali nei prossimi tre mesi (“China-US ties in ‘extreme danger’ in next 3 months”). L’autore dell’articolo prevede che in questo lasso di tempo l’amministrazione Trump lancerà probabilmente ulteriori attacchi alla Cina per obbligarla ad effettuare rappresaglie.

Il giornale, che rispecchia l’opinione del governo cinese, insiste nell’affermare che il desiderio di Trump di conseguire un secondo mandato può aggravare le cose nel breve periodo. Ma sostiene che la posizione anti-cinese riflette il consenso bipartisan delle élites statunitensi, per cui la Cina non dovrebbe aspettarsi un cambiamento significativo nella politica di Washington anche se ci fosse un passaggio di potere a novembre, il che significa che la Cina dovrebbe prepararsi a una lunga lotta.

Questo è il punto centrale. A partire dalla presidenza di Obama, la politica estera degli Stati Uniti si è spostata dalla precedente focalizzazione sul Medio Oriente per andare verso il Pacifico e la Cina. In base alle opinioni di esperti cinesi, il Global Times conclude che Pechino non deve lasciarsi coinvolgere nelle provocazioni, come la chiusura del consolato a Houston.

Per la Cina, la chiave per evitare il conflitto e vincere la competizione imposta dagli Stati Uniti consiste nel concentrarsi sul proprio sviluppo ed essere preparata al peggio, dice il giornale. La lucidità del gruppo dirigente gli permette di concludere con un’affermazione tipica della sua cultura millenaria: “Gli Stati Uniti non hanno paura di una guerra fredda con noi, hanno paura del nostro sviluppo”.

I cinesi sanno bene che il peggio può accadere. Una guerra navale che può poi sfociare in una guerra nucleare. Vogliono essere pronti ad affrontare questa eventualità, ma vogliono concentrarsi sul proprio sviluppo.

Per quel che riguarda noi, los de abajo, quelli che stanno in basso, dobbiamo renderci conto che le cose peggioreranno. Che la tormenta/pandemia che ci colpisce è soltanto la prima di una serie di calamità che non potremo evitare. Le arche che sono in costante costruzione (1) possono aiutarci ad affrontare questo periodo, un periodo che mette alla prova le nostre capacità di resistenza.

*****

(1)   Zibechi riprende spesso la metafora delle arche, già utilizzata dall’EZLN, per sopravvivere collettivamente alla tormenta e poi al diluvio autodistruttivo del capitalismo di questo inizio del secondo millennio. Per comprendere meglio, potete seguire il link che c’è poche righe sopra e che rimanda a un suo articolo del 2017 intitolato “L’arca di Noé oggi si chiama autonomia”.

(2)    

Fonte: “Próximos tres meses de gran peligro para el mundo”, in La Jornada, 31/07/2020.

Traduzione a cura di Camminardomandando.

 

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