lunedì 17 gennaio 2022

Non in mio nome - Paolo Cacciari


Non in mio nome. Per piacere, da vaccinato, vi chiedo di non giustificare politiche sanitarie dispotiche e repressive usando l’argomento della tutela della mia salute. La metafora fuorviante della “guerra al virus” sta dando i suoi frutti avvelenati. Non sono i renitenti, i disertori, gli obiettori di coscienza e nemmeno gli “imboscati” che pregiudicano la “causa comune” complottando con il “nemico”. Piuttosto sono i generali dello stato maggiore che preferiscono indirizzare l’attenzione verso facili obiettivi di comodo piuttosto che affrontare le cause profonde della disfatta socio-sanitaria-ecologica in atto. Le pandemie da zoonosi, che diventeranno sempre più endemiche (a causa della evoluzione dei virus per adattarsi alle specie ospitanti, spillover), sono la inevitabile reazione (feedback) delle forze della natura alla vera guerra che la megamacchina termo-industriale ha lanciato alla Terra distruggendo habitat naturali, rompendo equilibri vitali millenari, liberando virus e batteri dalle loro nicchie ecologiche. È esattamente lo stesso meccanismo dell’anidride carbonica che modifica la composizione chimica dell’atmosfera, delle molecole di sintesi non biodegradabili che avvelenano gli oceani ed entrano nelle catene trofiche, di tutte le altre forme di inquinamento (chimico, radioattivo, elettromagnetico …) che stanno producendo la “sesta estinzione di massa” delle forme di vita animale e vegetale sulla Terra. Un vero biocidio. Domando agli scienziati della vita, biologi e virologi compresi: che strategie consigliate ai vostri governanti per riuscire a tenere separati i microrganismi patogeni da quelli che sostengono la vita (compresa la nostra) da tre miliardi di anni prima della comparsa della nostra specie?

Mi si obietterà che non c’è tempo per pensieri lunghi, per imbastire cambiamenti profondi e duraturi. Siamo in presenza – si dice – di una urgenza che impone azioni reattive emergenziali. Il “subdolo nemico” – che però i virologi conoscevano da anni – ci ha presi alla sprovvista. Dobbiamo difenderci. Poi (speriamo) si penserà alla prevenzione primaria e ai piani pandemici. I vaccini servono se non altro a mitigare l’impatto più letale di questo virus. Un rapido calcolo matematico dei rischi sanitari (effetti avversi oggi conosciuti) in rapporto ai risultati statistici attesi, ed economico, costi dei vaccini in confronto ad altre strategie possibili di contenimento della circolazione del virus (lockdown estesi, maggiori cure domiciliari personalizzate, miglioramento delle difese immunitarie individuali, ecc.), conferma che la strada giusta è quella della vaccinazione di massa permanente. Questo chiede l’“etica della responsabilità” che – da Creonte fino a Machiavelli e Max Weber – deve guidare principi, re e capi di governo. Gli interessi della maggioranza devono prevalere sulle convinzioni personali dei singoli individui, quali che siano. Principio condivisibile quando le azioni dei singoli dovessero mettere in pericolo le libertà fondamentali di tutti/e. Ma siamo davvero in questa situazione? E, se anche i “non vaccinati” fossero mediamente più contagiosi dei vaccinati e se le loro affezioni pesassero sulle strutture sanitarie in modo da pregiudicarne il funzionamento, la loro repressione e punizione (economica, amministrativa, giudiziaria …) sarebbe davvero la soluzione più efficace? Alla base della obbiezione ai vaccini vi sono molteplici e molto diverse motivazioni. Se davvero si crede che sia necessario superarle, allora bisognerebbe ascoltarle, prenderle in considerazione sul serio e tentare di argomentare delle risposte di merito, diversificate. Non basta appellarsi alla scienza, quando la scienza è costellata da “scienziati in affitto” che per decenni l’hanno screditata negando gli effetti cancerogeni del tabacco, la tossicità dei pesticidi, l’effetto serra dei gas climalteranti, le controindicazioni di molti farmaci prodotti dalle stesse Big Pharma che oggi si presentano come salvatrici del mondo. Se davvero i governi volessero superare queste diffidenze e questi retropensieri basterebbe fare come fece Albert Bruce Sabin, inventore del vaccino antipolio: rinunciare al brevetto, rendere di pubblico dominio le ricerche e l’accesso universale ai ritrovati della scienza, evitare monopoli e facili guadagni privati sulla salute di tutti/e. Scommetto che se ci fosse un vaccino pubblico le ritrosie sarebbero molto minori. Non basta nemmeno affidarsi ad un’idea astratta di diritto, quando le corti dei tribunali non sanno trovare i colpevoli delle stragi sul lavoro, ambientali, politiche. L’autorevolezza delle autorità costituite (scusate il bisticcio) non è divisibile. Quel 50 per cento della popolazione che non va più a votare dovrebbe pur dire qualche cosa.

Ma poi ci sono obbiezioni di principio, che vanno oltre le paure sugli effetti indesiderati sulla propria salute e che sono – io ritengo – insuperabili. Forse il Governo dei migliori non lo sa, ma c’è chi, per convinzioni etiche e/o religiose, non usa abitualmente sul proprio corpo ritrovati di sintesi o di derivazione (e sperimentazione) animale. Il pensiero e i comportamenti antispecisti e vegani – da Pitagora a Gandhi, da Spinoza a Tolstoj, da Leonardo da Vinci a Einstein – hanno qualche millennio di tradizione e non credo che un DPCM di Draghi possa fare cambiare idea ai loro seguaci. Gli arrestiamo tutti e gli sottoponiamo a “rieducazione” tramite alimentazione forzata a base di lardo e mortadella? Minoranze, si dirà. Per l’appunto. E il rispetto della loro scelta esistenziale (qualsiasi sia la loro motivazione) che distingue una democrazia piena (convivenza paritaria tra tante minoranze) da tutte le altre forme di governi dispotici e autoritari.

https://comune-info.net/non-in-mio-nome/

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