martedì 16 gennaio 2024

Siamo noi i cattivi

 


articoli, disegni e video di Chris Hedges, Gideon Levy, Rafael Poch, Alice Rothchild, Ramzy Baroud, Mohammed el Kurd, Nicola Perugini, Manlio Dinucci, Paolo Desogus, Alberto Bradanini, Antonio De Lellis, Rosetta Placido, Mahmoud Mushtaha, Emma Graham-Harrison, Quique Kierszenbaum, Pepe Escobar, BDS, John Pilger, Meir Baruchin, Jonathan Cook, Latuff

IL CASO LEGALE DI GENOCIDIO – Chris Hedges

La Corte internazionale di giustizia potrebbe essere tutto ciò che si frappone tra i palestinesi di Gaza e il genocidio.

L’esauriente memoria di 84 pagine presentata dal Sudafrica alla Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) che accusa Israele di genocidio è difficile da confutare. La campagna israeliana di uccisioni indiscriminate, la distruzione su larga scala di infrastrutture, tra cui abitazioni, ospedali e impianti per il trattamento dell’acqua, insieme all’uso della fame come arma, accompagnata da una retorica genocida da parte dei suoi leader politici e militari che parlano di distruggere Gaza e di eradicare i 2,3 milioni di palestinesi, sono tutte ottime ragione per arrivare alla condanna di Israele per genocidio.

Il fatto che Israele abbia diffamato il Sudafrica definendolo il “braccio legale” di Hamas esemplifica il fallimento della sua difesa, una diffamazione a cui hanno fatto eco quelli che sostengono che le manifestazioni organizzate per chiedere un cessate il fuoco e proteggere i diritti umani dei palestinesi sarebbero “antisemite”. Israele, con il suo genocidio trasmesso in diretta al mondo intero, non ha argomenti sostanziali per controbattere.

Ma questo non significa che i giudici del tribunale si pronunceranno a favore del Sudafrica. La pressione degli Stati Uniti – il Segretario di Stato Antony Blinken ha definito le accuse sudafricane “prive di merito” – sui giudici, scelti tra gli Stati membri dell’ONU, sarà intensa.

Una sentenza di genocidio è una macchia che Israele – che utilizza l’Olocausto come arma per giustificare la brutalizzazione dei palestinesi – avrebbe difficoltà a rimuovere. Sarebbe una sconfitta per l’insistenza di Israele che gli Ebrei sono le eterne vittime. Distruggerebbe la giustificazione per l’uccisione indiscriminata di palestinesi disarmati da parte di Israele e per la costruzione a Gaza della più grande prigione a cielo aperto del mondo, insieme all’occupazione della Cisgiordania e di Gerusalemme Est. Spazzerebbe via l’immunità alle critiche di cui godono la lobby israeliana e i suoi sostenitori sionisti negli Stati Uniti, che sono riusciti ad equiparare all’antisemitismo le critiche allo “Stato ebraico” e il sostegno ai diritti dei palestinesi.

Oltre 23.700 palestinesi, tra cui più di 10.000 bambini, sono stati uccisi a Gaza dal 7 ottobre, quando Hamas e altri combattenti della resistenza avevano violato le barriere di sicurezza intorno a Gaza. Circa 1.200 persone sono state uccise – forti prove indicano che molte delle vittime erano state causate da equipaggi di carri armati ed elicotteri israeliani che avevano intenzionalmente preso di mira circa 200 ostaggi, insieme ai loro rapitori. Altre migliaia di palestinesi sono dispersi, presumibilmente sepolti sotto le macerie. Gli attacchi israeliani hanno lasciato oltre 60.000 palestinesi feriti e mutilati, la maggior parte dei quali donne e bambini. Altre migliaia di civili palestinesi, compresi i bambini, sono stati arrestati, bendati, numerati, picchiati, costretti a spogliarsi fino alla biancheria intima, caricati su camion e trasportati in luoghi sconosciuti.

La sentenza della Corte potrebbe essere lontana anni. Ma il Sudafrica chiede misure provvisorie che impongano a Israele di cessare l’attacco militare – in sostanza un cessate il fuoco permanente. La decisione potrebbe arrivare entro due o tre settimane. Si tratta di una decisione che non si basa sulla sentenza finale del tribunale, ma sul merito della causa intentata dal Sudafrica. Chiedendo ad Israele di porre fine alle ostilità a Gaza, la Corte non definirebbe la campagna israeliana a Gaza un genocidio. Confermerebbe però che esiste la possibilità di un genocidio, quelli che gli avvocati sudafricani chiamano atti “a carattere genocida”.

Il caso non sarà determinato dalla documentazione di crimini specifici, nemmeno di quelli definiti come crimini di guerra. Sarà determinato dall’intento genocida – l’intento di sradicare in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso – come definito nella Convenzione sul genocidio.

Questi atti includono collettivamente il bombardamento di campi profughi e di altre aree civili densamente popolate con bombe da 2.000 libbre, il blocco degli aiuti umanitari, la distruzione del sistema sanitario e i suoi effetti sui bambini e sulle donne incinte – le Nazioni Unite stimano che ci siano circa 50.000 donne incinte a Gaza e che più di 160 bambini vengano partoriti ogni giorno – così come le ripetute dichiarazioni genocide da parte di politici e generali israeliani di primo piano.

Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha equiparato Gaza ad Amalek, una biblica nazione ostile agli israeliti, e ha citato l’ingiunzione biblica di uccidere ogni uomo, donna, bambino o animale di Amalek. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha definito i palestinesi “animali umani“. Il presidente israeliano Isaac Herzog ha dichiarato, come hanno riferito gli avvocati sudafricani alla corte, che tutti a Gaza sono responsabili di ciò che è accaduto il 7 ottobre perché avevano votato per Hamas, anche se metà della popolazione di Gaza è composta da bambini troppo piccoli per votare. Ma anche se l’intera popolazione di Gaza avesse votato per Hamas, ciò non la renderebbe un obiettivo militare legittimo. Secondo le regole della guerra, sono ancora civili e hanno diritto alla protezione. Inoltre, secondo il diritto internazionale, hanno il diritto di resistere all’occupazione attraverso la lotta armata.

Gli avvocati sudafricani, che hanno paragonato i crimini di Israele a quelli compiuti dal regime dell’apartheid in Sudafrica, hanno mostrato alla corte un video di soldati israeliani che festeggiavano e invocavano la morte dei palestinesi – ballavano e cantavano “non ci sono civili non coinvolti” – come prova che l’intento genocida discende dall’alto verso il basso della macchina da guerra e del sistema politico israeliano. Hanno fornito alla corte foto di fosse comuni dove sono stati sepolti corpi “spesso non identificati”. Nessuno – compresi i neonati – è stato risparmiato, ha spiegato alla corte l’avvocato sudafricano Adila Hassim, Senior Counsel.

Gli avvocati sudafricani hanno dichiarato alla corte che il “primo atto genocida è l’uccisione di massa dei palestinesi a Gaza”. Il secondo atto genocida, hanno dichiarato, è il grave danno fisico o mentale inflitto ai palestinesi di Gaza, in violazione dell’articolo 2B della Convenzione sul genocidio. Tembeka Ngcukaitobi, un altro avvocato e studioso di diritto che rappresenta il Sudafrica, ha sostenuto che “i leader politici di Israele, i comandanti militari e le persone che ricoprono posizioni ufficiali hanno sistematicamente e in termini espliciti dichiarato il loro intento genocida”.

Lior Haiat, portavoce del Ministero degli Affari Esteri israeliano, ha definito le tre ore di udienza di giovedì uno dei “più grandi spettacoli di ipocrisia della storia, aggravati da una serie di affermazioni false e prive di fondamento”. Ha accusato il Sudafrica di voler permettere ad Hamas di tornare in Israele per “commettere crimini di guerra”.

I giuristi israeliani, nella loro risposta di venerdì, hanno definito le accuse sudafricane “infondate, “assurde” e  “diffamanti”. Il team legale israeliano ha affermato di non aver impedito l’assistenza umanitaria, nonostante i rapporti delle Nazioni Unite sulla fame e sulle malattie infettive causate dal crollo dei servizi igienici e dalla carenza di acqua potabile. Israele ha difeso gli attacchi agli ospedali, definendoli “centri di comando di Hamas”. Ha dichiarato alla corte di aver agito per autodifesa. “Le inevitabili morti e sofferenze umane di ogni conflitto non sono di per sé un modello di condotta che dimostri plausibilmente un intento genocida”, ha dichiarato Christopher Staker, avvocato di Israele.

I leader israeliani accusano Hamas di aver compiuto un genocidio, anche se, dal punto di vista legale, se si è vittime di un genocidio non si può commettere un genocidio. Hamas, inoltre, non è uno Stato. Non fa quindi parte della Convenzione sul genocidio. L’Aia, per questo motivo, non ha giurisdizione sull’organizzazione. Israele sostiene inoltre che i palestinesi vengono avvertiti di evacuare le aree che verranno attaccate e che vengono loro fornite “aree sicure”, anche se, come hanno documentato gli avvocati sudafricani, le “aree sicure” vengono regolarmente bombardate da Israele, e questo provoca numerose vittime civili.

Israele e l’amministrazione Biden intendono impedire qualsiasi ingiunzione temporanea da parte della Corte, non perché la Corte possa costringere Israele a fermare i suoi attacchi militari, ma a causa dei suoi effetti sull’opinione pubblica, già abbastanza compromessa. Per la sua applicazione, la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia dipende dal Consiglio di Sicurezza – il che, dato il potere di veto degli Stati Uniti, rende vana qualsiasi sentenza contro Israele. Il secondo obiettivo dell’amministrazione Biden è assicurarsi che Israele non venga riconosciuto colpevole di aver commesso un genocidio. L’amministrazione Biden sarà implacabile in questa campagna ed eserciterà forti pressioni sui governi che hanno giuristi in tribunale affinché non giudichino Israele colpevole. La Russia e la Cina, che hanno giuristi all’Aia, stanno già combattendo contro accuse di genocidio nei loro confronti e potrebbero decidere che non è nel loro interesse giudicare Israele colpevole.

L’amministrazione Biden sta giocando un gioco molto cinico. Dice che sta cercando di fermare quello che, per sua stessa ammissione, è il bombardamento indiscriminato dei palestinesi da parte di Israele, mentre aggira il Congresso per accelerare la fornitura di armi a Israele, comprese le bombe non guidate [e quindi imprecise]. Insiste nel volere la fine dei combattimenti a Gaza mentre pone il veto alle risoluzioni per il cessate il fuoco all’ONU. Insiste nel sostenere lo stato di diritto mentre sovverte il meccanismo legale che potrebbe fermare il genocidio.

Il cinismo pervade ogni parola pronunciata da Biden e Blinken. Questo cinismo si estende anche a noi. La nostra repulsione per Donald Trump, secondo la Casa Bianca di Biden, ci spingerà a mantenere Biden in carica. Su qualsiasi altra questione potrebbe essere così. Ma non può essere così per il genocidio.

Il genocidio non è un problema politico. È un problema morale. Non possiamo, a qualunque costo, sostenere chi commette o è complice di un genocidio. Il genocidio è il crimine di tutti i crimini. È l’espressione più pura del male. Dobbiamo stare inequivocabilmente dalla parte dei palestinesi e dei giuristi sudafricani. Dobbiamo chiedere giustizia. Dobbiamo ritenere Biden responsabile del genocidio di Gaza.

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SIAMO NOI I CATTIVI? – Jonathan Cook

Il sostegno occidentale al genocidio a Gaza significa che la risposta è sì

La disperata campagna diffamatoria volta a difendere dei crimini di Israele mette in luce la miscela tossica di menzogne su cui si regge da decenni l’ordine democratico liberale

In un popolare sketch comico britannico ambientato durante la Seconda guerra mondiale, un ufficiale nazista vicino alle prime linee si rivolge a un collega e, in un momento di improvviso – e comico – dubbio su se stesso, chiede: “Siamo noi i cattivi?“.

A molti di noi è sembrato di vivere lo stesso momento, prolungato per quasi tre mesi, anche se non c’è stato nulla da ridere.

I leader occidentali non solo hanno appoggiato retoricamente una guerra genocida da parte di Israele contro Gaza, ma hanno fornito copertura diplomatica, armi e altra assistenza militare.

L’Occidente è pienamente complice della pulizia etnica di circa due milioni di palestinesi dalle loro case, nonché dell’uccisione di oltre 20.000 persone e del ferimento di molte altre decine di migliaia, la maggior parte delle quali donne e bambini.

I politici occidentali hanno insistito sul “diritto di difendersi” di Israele, che ha raso al suolo le infrastrutture critiche di Gaza, compresi gli edifici governativi, e ha fatto crollare il settore sanitario. La fame e le malattie stanno iniziando a colpire il resto della popolazione.

I palestinesi di Gaza non hanno dove fuggire, dove nascondersi dalle bombe di Israele fornite dagli Stati Uniti. Se alla fine gli sarà permesso di fuggire, sarà nel vicino Egitto. Dopo decenni di sfollamento, saranno finalmente esiliati in modo permanente dalla loro patria.

E mentre le capitali occidentali cercano di giustificare queste oscenità incolpando Hamas, i leader israeliani permettono ai loro soldati e alle milizie di coloni, sostenuti dallo Stato, di scatenarsi in Cisgiordania, dove non c’è Hamas, attaccando e uccidendo i palestinesi.

Nel difendere la distruzione di Gaza, i leader israeliani hanno prontamente fatto un’analogia con i bombardamenti incendiari degli alleati su città tedesche come Dresda – apparentemente senza vergognarsi del fatto che questi sono stati riconosciuti da tempo come alcuni dei peggiori crimini della Seconda Guerra Mondiale.

Israele sta conducendo una guerra coloniale di vecchio stampo contro la popolazione nativa, di tipo antecedente al diritto internazionale umanitario. E i leader occidentali fanno il tifo per loro.

Siamo sicuri di non essere noi i cattivi?

Rivolta degli schiavi

L’attacco di Israele a Gaza provoca la repulsione di molti perché sembra impossibile razionalizzarlo. Sembra un’inversione di tendenza. Mette a nudo qualcosa di primitivo e di brutto nel comportamento dell’Occidente, che per oltre 70 anni è stato oscurato da una patina di “progresso”, dai discorsi sul primato dei diritti umani, dallo sviluppo delle istituzioni internazionali, dalle regole di guerra, dalle pretese di umanitarismo.

Sì, queste affermazioni erano invariabilmente false. Vietnam, Kosovo, AfghanistanIraqLibia e Ucraina sono stati tutti venduti sulla base di menzogne. Il vero obiettivo degli Stati Uniti, e dei suoi aiutanti della NATO, era quello di saccheggiare le risorse altrui, mantenere Washington come capobranco globale e arricchire un’élite occidentale.

Ma soprattutto, l’inganno è stato sostenuto da una narrazione generale che ha trascinato con sé molti occidentali. Le guerre dovevano contrastare la minaccia del comunismo sovietico, del “terrorismo” islamico o di un rinnovato imperialismo russo. E come corollario positivo, queste guerre sostenevano di liberare le donne oppresse, proteggere i diritti umani e promuovere la democrazia.

Questa volta nessuna di queste sovrapposizioni narrative funziona.

Non c’è nulla di umanitario nel bombardare i civili intrappolati a Gaza, trasformando la loro minuscola enclave in macerie che ricordano le zone disastrate dei terremoti, ma questa volta [si tratta di] una catastrofe interamente causata dall’uomo.

Nemmeno Israele ha la faccia tosta di affermare che sta liberando le donne e le ragazze di Gaza da Hamas mentre le uccide e le affama. Né finge di essere interessato alla promozione della democrazia. Piuttosto, Gaza è piena di “animali umani” e deve essere “spianata“.

Ed è stato praticamente impossibile far apparire Hamas, un gruppo di poche migliaia di combattenti rinchiusi a Gaza, come una minaccia credibile allo stile di vita dell’Occidente.

Hamas non può inviare alcun tipo di testata in Europa, tanto meno in 45 minuti. Il loro campo di prigionia, anche prima della sua distruzione, non è mai stato il cuore plausibile di un impero islamista pronto a invadere l’Occidente e a sottoporlo alla “sharia”.

In effetti, è stato a malapena possibile parlare di queste ultime settimane come di una guerra. Gaza non è uno Stato, non ha un esercito. È sotto occupazione da decenni e sotto assedio da 16 anni – un blocco in cui Israele ha contato le calorie consentite per mantenere un forte livello di malnutrizione tra i palestinesi.

Come ha notato lo studioso ebreo americano Norman Finkelstein, l’incursione di Hamas del 7 ottobre è meglio compresa non come una guerra ma come una rivolta di schiavi. E come le ribellioni degli schiavi nella storia – da quella di Spartaco contro i Romani a quella di Nat Turner in Virginia nel 1831 – era inevitabile che diventasse brutale e sanguinosa.

Siamo dalla parte delle guardie carcerarie assassine? Stiamo armando i proprietari delle piantagioni?

Gaslighting” di massa

In assenza di una giustificazione convincente per aiutare Israele nella sua campagna genocida a Gaza, i nostri leader devono condurre una guerra parallela contro l’opinione pubblica occidentale, o almeno contro le sue menti.

Mettere in dubbio il diritto di Israele di sterminare i palestinesi a Gaza, scandire uno slogan che chiede che i palestinesi siano liberi dall’occupazione e dall’assedio, volere uguali diritti per tutti nella regione: tutto ciò viene ora trattato come l’equivalente dell’antisemitismo.

Chiedere un cessate il fuoco per impedire che i palestinesi muoiano sotto le bombe significa odiare gli ebrei.

La misura in cui queste manipolazioni narrative non solo sono abominevoli, ma costituiscono esse stesse antisemitismo, dovrebbe essere ovvia, se non fossimo così implacabilmente e accuratamente manipolati dalla nostra classe dirigente.

Chi difende il genocidio di Israele suggerisce che non sono solo il governo e i militari di ultradestra israeliani, ma tutti gli ebrei a volere la distruzione di Gaza, la pulizia etnica della sua popolazione e l’uccisione di migliaia di bambini palestinesi.

Questo è il vero odio per gli ebrei.

Ma la strada per questa operazione di “gaslighting” di massa è spianata da tempo. È iniziata molto prima del livellamento di Gaza da parte di Israele.

Quando Jeremy Corbyn è stato eletto leader laburista nel 2015, ha portato per la prima volta un’agenda antimperialista significativa nel cuore della politica britannica. In quanto convinto sostenitore dei diritti dei palestinesi, è stato visto dall’establishment come una minaccia per Israele, uno Stato cliente degli Stati Uniti di importanza cruciale e perno della proiezione militare dell’Occidente nel Medio Oriente ricco di petrolio.

Era fatale che le élite occidentali ispondessero con un’ostilità senza precedenti a questa sfida alla loro eterna macchina da guerra. Questo sembra essere stato debitamente notato dal successore di Corbyn, Keir Starmer, che da allora si è assicurato di presentare i laburisti come i principali sostenitori della NATO.

Durante il mandato di Corbyn, l’establishment non ha perso tempo nell’elaborare la strategia migliore per mettere il leader laburista definitivamente in difficoltà e minare le sue consolidate credenziali antirazziste. È stato trasformato in un antisemita.

La campagna diffamatoria non solo ha danneggiato Corbyn personalmente, ma ha fatto a pezzi il Partito Laburista, trasformandolo in una marmaglia di fazioni in lotta tra loro, consumando tutte le energie del partito e rendendolo ineleggibile.

Campagna diffamatoria

Lo stesso programma è stato ora utilizzato contro gran parte dell’opinione pubblica britannica e statunitense.

Questo mese una larga maggioranza della Camera dei Rappresentanti ha approvato una risoluzione che equipara l’antisionismo – in questo caso l’opposizione alla guerra genocida di Israele contro Gaza – all’antisemitismo.

I manifestanti che hanno chiesto un cessate il fuoco per porre fine ai massacri a Gaza sono stati definiti “rivoltosi”, mentre il loro canto “dal fiume al mare”, che chiede parità di diritti tra ebrei israeliani e palestinesi, è stato denunciato come un “grido d’allarme per lo sradicamento dello Stato di Israele e del popolo ebraico“.

Ancora una volta, si tratta di un’ammissione involontaria da parte della classe dirigente occidentale che Israele – costituito come Stato ebraico sciovinista e coloniale – non potrà mai concedere ai palestinesi l’uguaglianza o libertà significative più di quanto il Sudafrica dell’apartheid abbia potuto fare per la popolazione nera autoctona.

In un’inversione completa della realtà, l’opposizione al genocidio è stata trasformata dai politici statunitensi in genocidio.

Questa campagna di diffamazione di massa è così distante dalla realtà che le élite occidentali si stanno addirittura rivoltando contro di sé per reprimere la libertà di parola e di pensiero nelle istituzioni in cui si suppone siano fortemente protette.

I rettori di tre importanti università statunitensi – da cui emergeranno i prossimi membri della classe dirigente – sono stati interrogati dal Congresso circa la minaccia di antisemitismo per gli studenti ebrei derivante dalle proteste che nei campus chiedono la fine delle uccisioni a Gaza.

L’ordine di priorità dell’Occidente è stato messo a nudo: proteggere la sensibilità ideologica di una parte di studenti ebrei che sostengono con fervore il diritto di Israele di uccidere i palestinesi è più importante che proteggere i palestinesi dal genocidio o difendere le libertà democratiche di base in Occidente per opporsi al genocidio.

La reticenza dei tre rettori a cedere alle richieste dei politici di eliminare la libertà di parola e di pensiero nei campus ha portato a una campagna per il disimpegno dei loro college e a richieste per il loro lcenziamento.

Una, Elizabeth Magill dell’Università della Pennsylvania, è già stata costretta a lasciare il suo incarico.

Questi sviluppi non sono il risultato di una strana e temporanea psicosi collettiva che ha colpito le istituzioni occidentali. Sono l’ennesima prova di una disperata incapacità di fermare la traiettoria a lungo termine dell’Occidente verso crisi su più fronti.

Sono il segno, innanzitutto, che la classe dirigente si rende conto di essere di nuovo visibile al pubblico come classe dirigente e che i suoi interessi cominciano a essere visti come completamente avulsi da quelli della gente comune. I nostri occhi stanno tornando a vedere.

Il semplice fatto che si possa di nuovo parlare di “insediamenti”, della “classe dirigente” e della “guerra di classe” senza sembrare disconnessi o nostalgici degli anni Cinquanta è un’indicazione di come la gestione della percezione – e la manipolazione narrativa – così centrale per sostenere il progetto politico occidentale dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, stia fallendo.

Le affermazioni sul trionfo dell’ordine liberaldemocratico dichiarate a gran voce alla fine degli anni Ottanta da intellettuali come Francis Fukuyama – o “la fine della storia“, come lui l’ha definita – appaiono oggi palesemente assurde.

E questo perché, in secondo luogo, le élite occidentali non hanno chiaramente risposte alle maggiori sfide della nostra epoca. Stanno annaspando nel tentativo di affrontare i paradossi intrinseci dell’ordine capitalistico che la democrazia liberale aveva il compito di oscurare.

La realtà sta facendo breccia nel rivestimento ideologico.

La più catastrofica è la crisi climatica. Il modello del capitalismo di consumo di massa e di competizione per il gusto di competere si sta rivelando suicida.

Le risorse limitate – soprattutto nelle nostre economie dipendenti dal petrolio – fanno sì che la crescita si riveli una stravaganza sempre più costosa. Coloro che sono stati educati fin dalla nascita ad aspirare a un tenore di vita migliore di quello dei loro genitori non stanno diventando più ricchi, ma più disillusi e amareggiati.

E la promessa di progresso – di società più gentili, più accoglienti e più eque – suona ormai come uno scherzo di cattivo gusto per la maggior parte degli occidentali di età inferiore ai 45 anni.

Un brodo di menzogne

L’affermazione che l’Occidente è il migliore comincia a sembrare, anche al pubblico occidentale, che poggi su fondamenta traballanti.

Ma questa idea si è sgretolata molto tempo fa all’estero, nei Paesi devastati dalla macchina da guerra dell’Occidente o in attesa del loro turno. L’ordine liberaldemocratico non offre loro altro che minacce: esige fedeltà o punizione.

Questo è il contesto dell’attuale genocidio a Gaza.

Come sostiene, Israele è in prima linea, ma non in uno scontro di civiltà. È un avamposto esposto e precario dell’ordine liberaldemocratico, dove le menzogne sulla democrazia e sul liberalismo sono più tossiche e poco convincenti.

Israele è uno Stato di apartheid mascherato da “unica democrazia del Medio Oriente”. Le sue brutali forze di occupazione si mascherano come “l’esercito più morale del mondo”. E ora il genocidio di Israele a Gaza è mascherato da “eliminazione di Hamas”.

Israele ha sempre dovuto nascondere queste falsità con l’intimidazione. Chiunque osi denunciare gli inganni viene tacciato di antisemitismo.

Ma questo programma è suonato grossolanamente offensivo – persino disumano – quando si tratta di fermare il genocidio a Gaza.

Dove porterà tutto questo?

Quasi dieci anni fa, lo studioso e attivista per la pace israeliano Jeff Halper scrisse un libro, “War Against the People”, in cui avvertiva: “In una guerra infinita al terrorismo, siamo tutti condannati a diventare palestinesi“.

Non solo i “nemici” dell’Occidente, ma anche le sue popolazioni sarebbero state viste come una minaccia per gli interessi di una classe dirigente capitalista, che mira al proprio privilegio e arricchimento permanente, a prescindere dai costi per il resto di noi.

Questa argomentazione – che sembrava iperbolica quando l’ha esposta per la prima volta – comincia a sembrare preveggente.

Gaza non è solo la prima linea della guerra genocida di Israele contro il popolo palestinese. È anche una prima linea della guerra dell’élite occidentale alla nostra capacità di pensare in modo critico, di sviluppare modi di vita sostenibili e di chiedere che gli altri siano trattati con la dignità e l’umanità che ci aspettiamo per noi stessi.

Sì, le linee di battaglia sono tracciate. E chiunque si rifiuti di schierarsi con i cattivi è il nemico.

da qui

 

 

Gli israeliani dovrebbero solo sperare che la Corte Internazionale di Giustizia decreti di fermare l’operazione a Gaza – Gideon Levy

La linea di difesa di Israele, secondo la quale i suoi più alti ministri non rappresentano il governo, è ridicola. È improbabile che qualcuno lo prenda sul serio.

Chiunque veda l’inutile prosecuzione della guerra e le dimensioni del massacro e della devastazione nella Striscia di Gaza, chi vuole porre fine alle sofferenze disumane di oltre due milioni di esseri umani deve sperare, anche se solo nel profondo del cuore, che la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja emetta un provvedimento provvisorio ordinando la sospensione delle operazioni militari israeliane nella Striscia.

Non è facile per un israeliano desiderare un’ordinanza del tribunale contro il suo Paese che possa anche portare a misure punitive nei suoi confronti, ma esiste un altro modo per fermare la guerra?

Non è facile accettare che il proprio Stato venga citato in giudizio da un altro Stato che ne sa qualcosa sui regimi ingiusti e sul male, il cui leader fondatore è stato un modello morale per il mondo intero. Non è facile essere portati davanti alla corte mondiale dal Sudafrica; non è facile essere accusati di Genocidio da uno Stato fondato sulle ceneri del più grande Genocidio della storia.

Non è più possibile ignorare il fatto che su Israele aleggiano i sospetti dei peggiori Crimini contro l’Umanità e contro il Diritto Internazionale. La gente ha smesso di parlare di Occupazione; parlano di Apartheid, di trasferimento involontario di popolazione, di Pulizia Etnica e di Genocidio. Cosa potrebbe esserci di più disonorevole di questo? Sembra che oggi non ci sia nessun altro Stato accusato di tutti questi reati.

Queste accuse non possono essere respinte a priori, né attribuite all’antisemitismo. Anche se alcune di esse sono esagerate e perfino infondate, l’indifferenza con cui vengono accolti qui, e, come sempre, rivolta contro l’accusatore, potrebbe essere una buona strada verso la negazione e la repressione, ma non per ripulire il nome di Israele, tanto meno verso il riscatto e la guarigione del Paese.

Più di 20.000 morti in tre mesi, tra cui migliaia di bambini, e la distruzione totale di interi quartieri, possono solo sollevare sospetti di Genocidio. Le incredibili dichiarazioni di importanti personalità israeliane sulla necessità di ripulire la Striscia dai suoi abitanti o addirittura di cancellarli fanno sorgere il sospetto che si intenda effettuare una Pulizia Etnica. Israele merita di essere processato per entrambi.

Israele non è entrato in guerra per commettere un Genocidio, su questo non c’è dubbio, ma lo sta commettendo di fatto, anche senza volerlo. Ogni giorno che passa in questa guerra, con le sue centinaia di morti, rafforza il sospetto. All’Aja bisognerà dimostrare l’intenzione, ed è possibile che ciò non avvenga. Questo scagiona Israele?

Il sospetto che si tratti di piani di Pulizia Etnica, di cui per ora non si parlerà all’Aja, è sempre più fondato. Qui l’intenzione è chiara e dichiarata. La linea di difesa di Israele, secondo la quale i suoi più alti ministri non rappresentano il governo, è ridicola. È improbabile che qualcuno lo prenda sul serio.

Se il pro-epurazione Bezalel Smotrich non rappresenta il governo, cosa ci fa al suo interno? Se Benjamin Netanyahu non ha licenziato Itamar Ben-Gvir, come può il Primo Ministro essere irreprensibile?

Ma è l’atmosfera generale in Israele che dovrebbe preoccuparci ancora più di quanto sta accadendo all’Aja. Lo spirito del tempo punta ad un’ampia legittimità per commettere Crimini di Guerra. La Pulizia Etnica di Gaza e poi della Cisgiordania è già argomento di dibattito. L’uccisione di massa degli abitanti di Gaza non è nemmeno considerata nel dibattito israeliano.

Il problema di Gaza è nato da Israele nel 1948 quando espulse centinaia di migliaia di persone nel territorio in quella che fu certamente una completa Pulizia Etnica del Sud di Israele: chiedete a Yigal Allon. Israele non si è mai assunto la responsabilità di ciò.

Adesso i membri del governo chiedono che il lavoro venga portato a termine anche nella Striscia. Il modo disgustoso in cui viene affrontata la questione del “giorno dopo”, e soprattutto che sarà Israele a decidere cosa diventerà e chi resterà a Gaza, dimostra solo che lo spirito del 1948 non è morto. Questo è ciò che Israele fece allora, ed è ciò che vuole fare oggi.

La Corte Internazionale di Giustizia deciderà se ciò è sufficiente per una condanna per Genocidio o altri Crimini di Guerra. Dal punto di vista della coscienza, la risposta è già stata data.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

da qui

 

 

Una Gaza planetaria – Rafael Poch

In Medio Oriente si sta consumando una tragedia anacronistica: il tentativo di risolvere una situazione che accade nel XXI secolo con metodi dei secoli passati. Quello israeliano è un colonialismo molto particolare: la popolazione colonizzata non serve come forza lavoro da sfruttare. Per il colonizzatore israeliano, “il miglior palestinese è quello morto o che se n’è andato”, secondo le parole di Edward Said, citate dal meraviglioso libro di Rashid Khalidi sulla guerra dei cento anni contro la Palestina.

L’eliminazione totale della popolazione autoctona e la sua sostituzione è stata fattibile in passato, nel XVIII e XIX secolo, in Nordamerica o in Australia, ma Israele arriva tardi a quella “soluzione finale” di cui furono vittime gli stessi ebrei d’Europa nel più grande crimine razzista della storia moderna. Questo tragico paradosso porta alla folle aggressività del sionismo con il suo amalgama di violenza coloniale vecchia scuola, armi di ultima generazione e un’ideologia suprematista avvolta in scene bibliche primitive.

Radicata in una storia orribile e secolare di persecuzione, l’ansia di sicurezza di un piccolo popolo di nove milioni di abitanti, privo di risorse naturali e circondato da stati ostili e popolazioni radicalizzate da decenni di ingiustizia e doppi standard, si traduce in una politica aggressiva e suicida, con tutto il suo enorme contesto, insostenibile senza il sostegno degli Stati Uniti. Un sostegno che non durerà per sempre. Un’intera società di emigranti insicuri è stata educata a questa aggressività. Con i suoi politici, i militari e la società civile che invocano apertamente e senza alcun tabù il massacro dei civili. Mai l’evidenza di un suicidio morale aveva avuto tanti spettatori. (Si veda il resoconto delle dichiarazioni di genocidio fatte dalle autorità politiche e militari israeliane, compilato da Yaniv Cogan e Jamie Stern-Weiner)

La schiacciante superiorità militare israeliana, amplificata dal ponte aereo statunitense, ha trasformato questo conflitto in “uno dei più distruttivi e letali del XXI secolo”. Walid Al Khalidy, autorevole storico e fondatore dell’Istituto di Studi Palestinesi, stima che, al 4 dicembre, Israele abbia ucciso quasi 20.000 palestinesi, la maggior parte dei quali civili, in otto settimane di guerra contro Hamas a Gaza, più che nei 106 anni della presenza ebraica in Palestina, iniziata con la Dichiarazione di Balfour che annunciava la creazione di una “Casa Nazionale Ebraica in Palestina” nel 1917. Da parte sua, Haytham Manna, presidente dell’Istituto Scandinavo per i Diritti Umani (SIHR) e decano degli oppositori politici siriani, ha osservato che la guerra per distruggere Gaza ha mietuto in 55 giorni il doppio delle vittime civili rispetto ai due ultimi anni di guerra in Ucraina (2022-2023), e che il numero di giornalisti, medici e personale delle agenzie delle Nazioni Unite che operavano nell’enclave e sono morti è infinitamente superiore a quello registato in 20 anni di guerra del Vietnam (1955-1975) o in 8 anni di guerra in Iraq (2003-2011). Più precisamente, sono stati uccisi 50 giornalisti in 45 giorni a Gaza, 11 di loro nell’esercizio delle loro funzioni: uno dei numeri di vittime più alti di questo secolo.

L’atteggiamento dei governi occidentali nei confronti dello spettacolo di un massacro sostenuto politicamente e militarmente, giustificato e manipolato dai loro media e trasmesso in diretta, ha ampliato come mai prima la distanza esistente tra l’Occidente e il Sud del mondo, perfino nelle metropoli occidentali, in alcune delle quali le manifestazioni di sostegno alle persone massacrate sono vietate e criminalizzate. All’improvviso è diventata evidente la negazione del principio di uguaglianza tra gli esseri umani praticato dall’Occidente allargato. E con quella negazione si è mostrata chiaramente la compatibilità dei “valori europei” e di tutto il repertorio semantico sulla democrazia e i diritti umani. La memoria storica del Sud ha ricordato a Gaza che il colonialismo ha esteso la sua “civilizzazione” a forza di genocidi perfettamente compatibili con l’Illuminismo, la separazione dei poteri e il parlamentarismo. Lo specchio della memoria storica europea ha ricordato anche la coesistenza dell’umanesimo rinascimentale con le guerre di religione e quella di Auschwitz con la “grande cultura” tedesca. In Germania e in Francia, i successori e i discendenti di Hitler e Pétain – così come nell’insieme dell’establishment dell’Unione Europea un intero esercito di politici, funzionari e uomini della comunicazione – hanno voltato le spalle alla realtà del genocidio in un modo che ricorda il conformismo apparso con l’ondata genocida degli anni Trenta e QuarantaPer colmo di incongruenza, l’attuale sostegno a Israele e la corrispondente islamofobia si basano sulla responsabilità del giudeicidio di quel tempo. Questo suicidio morale suggerisce che la continuazione di quella famigerata serie storica è perfettamente possibile oggi e ha un futuro.

Il comportamento dei governi occidentali, dei loro mezzi di comunicazione e di propaganda contiene un chiaro avvertimento su come la parte privilegiata di questo mondo può risolvere il vicolo cieco in cui il sistema capitalista ci ha condotto in questo secolo. In assenza di “nuovi mondi” verso cui esportare surplus demografici e metabolismi vitali insostenibili e incompatibili con il principio di uguaglianza tra gli esseri umani, l’orizzonte che si disegna è una “Gaza planetaria”. Si tratta di creare isole del benessere e del diritto, rigorosamente protette da eserciti e armate per, diciamo, il 20 per cento della popolazione mondiale, e di confinare il resto delle persone in aree umanamente e ambientalmente disastrose. Come osservava Immanuel Wallerstein, questo non è un piano molto diverso da quello che avevano in mente Hitler e i suoi contemporanei. Per chi tentasse la fuga da quelle zone ci saranno muri, proiettili e naufragi. Questo è ciò che mostrano, come anticipazione della grande emigrazione ambientale che ci attende, i 28.000 morti registrati nel solo Mediterraneo a partire dal 2014. Se questo modello funziona politicamente e nei media per quel che accade in Palestina, può funzionare anche ad altre latitudini e situazioni che verranno.

Il presidente della Colombia Gustavo Petro ha fatto riferimento a questo nel sottolineare che “ciò che il barbaro potere militare del nord ha scatenato contro il popolo palestinese è il preludio di ciò che scatenerà contro tutti i popoli del Sud del mondo quando, in conseguenza della crisi climatica, saremo rimasti senza acqua; il preludio di ciò che scatenerà l’esodo di persone che, a centinaia di milioni, cercheranno di andare dal sud al nord”. Il genocidio di Gaza, ha detto il filosofo italiano Franco Berardi “è l’epicentro di un cataclisma che dividerà il genere umano: il sud del mondo e le periferie delle metropoli occidentali circondano la cittadella bianca con un muro di odio che alimenterà vendetta nei mesi e negli anni a venire. Questo evento inaugura il secolo della resa dei conti tra razza coloniale e mondo colonizzato. Israele è l’avamposto del razzismo colonialista nel mondo.

Fonte e versione originale in spagnolo: Ctxt

Traduzione per Comune-info: marco calabria

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