domenica 8 giugno 2014

Corpo Celeste - Anna Maria Ortese

lo si legge con stupore e ammirazione, avevo letto molti anni fa "L'iguana", un libro strano e unico.
in "Corpo Celeste" ci sono due interventi per conferenze mai tenute, all'estero, e tre interviste, anche autointerviste.
raramente si leggono pagine così profonde, c'è la lucidità e l'amarezza di Bianciardi, la forza e il coraggio di idee che non si vendono, non si compromettono con il denaro, anche se quel denaro avrebbe fatto comodo, eccome.
tutte le pagine sono bellissime, da leggere e rileggere, l'ultima segmento del libro è eccezionale, la lotta fra Ragione e Intelligenza è raccontata come pochi potrebbero.
non perdete questo libro straordinario, se vi volete bene, se vi turberà è un buon segno, e se, dopo aver letto "Corpo Celeste",  cercherete tutto quello che ha scritto Anna Maria Ortese sarà un ottimo segno - franz





"Col nome di corpi celesti venivano indicati, nei testi scolastici di anni lontanissimi, tutti quegli oggetti che riempiono lo spazio intorno alla Terra. E anche il nome oggetto, riferendo­si a quello spazio, allora incontaminato, purissimo, si colorava pallidamente di azzurro. Noi — che sfogliavamo quei testi e ammiravamo quelle carte della volta celeste — eravamo invece sulla Terra, che non era un corpo celeste, ma era data come una palla scura, terrosa, niente affatto aerea. Perciò, durante tutta una vita, poteva accadere che, guardando di sera, nella luce tranquilla della campagna, quel vasto spazio sopra di noi, pensassimo va­gamente: « Oh, potessimo anche noi trovarci lassù!». Le leggende e i testi scolastici parlavano di quello spazio azzurro e di quei corpi celesti quasi come di un sovramondo. Agli abitanti della Terra essi aprivano tacitamente le grandi mappe dei sogni, svegliavano un confuso senso di colpevolezza. Mai avremmo conosciuto da vicino un corpo celeste! Non eravamo degni!, pensava l'anonimo studente. Invece, su un corpo celeste, su un oggetto azzurro collocato nello spazio, proveniente da lontano, o immobile in quel punto (cosi sembrava) da epoche immemorabili, vivevamo anche noi: corpo celeste, o oggetto del sovramondo, era anche la Terra, una volta sollevato delicatamente quel cartellino col nome di pianeta Terra. Eravamo quel sovramondo."

Un’altra domanda, ingenua, se permette: crede ancora in qualche cosa?
Naturalmente. Credo in tutto ciò che non vedo, e credo poco in quello che vedo. Per fare un esempio: credo che la terra sia abitata, anche adesso, in modo invisibile. Credo negli spiriti dei boschi, delle montagne, dei deserti, forse in piccoli demoni gentili (tutta la Natura è molto gentile). Credo anche nei morti che non sono più morti (la morte è del giorno solare). Credo nelle apparizioni. Credo nelle piante che sognano e si raccomandano di conservare loro la pioggia. Nelle farfalle che ci osservano, improvvisando, quando occorra, magnifici occhi sulle ali. Credo nel saluto degli uccelli, che sono anime felici, e si sentono all’alba sopra le case… In tutto credo, come i bambini. In una sola cosa non credo: nell’uomo e nella donna, che esistano ancora. Posso sbagliarmi, ma essi mi sembrano ormai luoghi comuni, simulacri di antichi modelli, canne vuote, dove, nelle notti d’inverno, fischia ancora, piegandole, il vento dell’intelligenza, che li sedusse e distrusse.
A questo punto si può concludere, e mi dispiace, che lei non è più a sinistra?
Ma no! Sono ancora e più grandemente a sinistra: ma dell’Antenato e del Bambino, intendendo per Bambini tutti i perduti alla crescita e all’intelligenza. Sono anzi all’estrema sinistra di tutti icaduti sotto i colpi dell’intelligenza. Sogno la resurrezione dei Padri morti, di tutti i morti nell’ingiustizia. Penso talora, è strano, anche a Laika, la cagnetta che fu mandata, dicono, nello Spazio Esterno (definizione di Milton per gli abissi senza speranza che circondano l’Universo), e che forse avrà chiamato infinitamente gli umani. Vorrei gridare: Laika! Siamo qui! Ti amiamo! Torna indietro, Laika! Sì, sono questi i miei sogni: la resurrezione, il ritorno di tutti i morti nell’ingiustizia. Già la morte è ingiustizia. Ma l’ingiustizia, talora, come per Laika, è più ingiusta di ogni altra cosa ingiusta. È del tutto il segno della disgrazia di Adamo, dice l’orrore della intelligenza di cui si è fidato. Dice che non bisognerebbe più fidarsi di questa guida. Tornare indietro!
Laika! Ormai è morta! Svanita tra le stelle, e per sempre.
Ma non per me.

La Fiera Letteraria: Che cosa intende per libertà di pensiero?
Anna Maria Ortese: Mi sembra essere la facoltà di osservare le cose, misurarle e trarne un giudizio senza tener conto di precedenti e anche aurorevoli giudizi che possano pensare siu di esse, ma solo badando che il nostro giudizio coincida con una verità di fatto: Non nostra, non personale, e priva perciò di ogni virtù a interssi o passioni personali, o di parte.
La Fiera Letteraria: Ritiene che tutti i pensieri debbano essere espressi senza che chi li esprime corra rischi di sorta?
Anna Maria Ortese: Tutti i pensieri concernenti una verità o la ricerca di una verità, dovrebbero essere espressi senza rischio. Ma bisogna tener conto della effettiva maturità di un paese..
La Fiera Letteraria: Sarebbe disposta a battersi per difendere la libertà di pensiero degli altri?
Anna Maria Ortese: Distinguere un pensiero libero da un pensiero asservito è molto difficile quando i pensieri si siano organizzati in parti. Riconoscerei perciò un pensiero libero dalla sua solitudine, e dall'essere ugualmente osteggiato da parti tra loro contrarie. Lo aiuterei, se possibile. Ma ritengo che il meglio sia aiutare tutti i pensieri di una comunità o una nazione, a tornare liberi. A considerare legittimi, quindi, non solo i propri giudizi, e le loro ragioni, ma pure i giudizi e le ragioni degli altri, quando anche si oppongono ai nostri.

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