Ormai sembrano quasi tutti d’accordo sul fatto che il vecchio ordine mondiale, varato nel dopoguerra e governato da allora dagli Stati Uniti con un corteo di vassalli – dai paesi dell’Unione Europea, a Canada, Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Corea del Sud –, non solo traballa, ma sembra perdere pezzi consistenti ogni mese che passa, grazie anche all’accelerazione impressa al processo dallo stesso Trump. Per altro verso, si percepisce chiaramente il fatto che viviamo in un’epoca di difficile transizione, periodo nel quale il vecchio ordine non riesce più a governare le cose e uno nuovo non riesce ancora, dal canto suo, ad emergere adeguatamente, ciò che porta a disordini e confusione. Si può a questo proposito ricordare ad esempio che la crisi del 1929 fu causata almeno in parte dal fatto che la Gran Bretagna non aveva ormai più la forza necessaria per gestire gli avvenimenti, mentre gli Stati Uniti non l’avevano ancora. Bisognerà attendere la seconda guerra mondiale perché il passaggio delle consegne si verifichi e perché gli Stati Uniti abbiano ormai la capacità necessaria a governare le cose del mondo.
Riconoscendo
tutti che viviamo un periodo di transizione, meno d’accordo ci si trova
su verso quale indirizzo ci stiamo comunque dirigendo e su quale
dovrebbe o potrebbe essere il nuovo assetto del potere mondiale. Da più
parti ci si rende comunque conto che il futuro non si dovrebbe configurare
almeno completamente come il secolo della Cina, paese pure in forte crescita
sui fronti commerciale, economico, tecnologico, militare; e questo
anche per la grande riluttanza, anzi lo scarso interesse, del paese
asiatico verso l’ipotesi di diventare il nuovo paese dominante, sostituendo gli
Stati Uniti. Una delle poche cose su cui quasi tutti sono di nuovo d’accordo è
invece che, in ogni caso, di fatto nei prossimi decenni Cina e Stati
Uniti saranno ancora e di gran lunga le potenze più importanti del mondo, forse
con l’aggiunta dell’India, che dovrebbe, tra 10-15 anni, superare anch’essa
il pil degli Stati Uniti, utilizzando almeno nel calcolo dello stesso pil il
criterio della parità dei poteri di acquisto. Purtuttavia chi scrive pensa
che, anche se i futuri assetti dell’ordine mondiale non sono ancora
configurabili con chiarezza, nuove piste si stanno comunque aprendo giorno per
giorno, sia pure tra molte difficoltà, attraverso dei passi che, messi
insieme, potrebbero indicare, almeno in parte e non senza qualche ambiguità e
qualche confusione, l’indirizzo che il mondo sta prendendo. Nel testo che segue
proviamo a indicare alcuni dei movimenti che sembrano andare verso una nuova
direzione delle cose del mondo.
Il processo
di dedollarizzazione. La
costruzione di un nuovo ordine del mondo non può prescindere da un forte
ridimensionamento del peso del dollaro e dei circuiti finanziari globali
controllati dagli Stati Uniti (mercati finanziari, circuiti bancari con lo Swift,
monete di regolamento degli scambi internazionali, valute di riserva delle
banche centrali ecc.). Ma è evidente che la costruzione di un nuovo
sistema finanziario sarà un processo lungo e difficile. La stessa Cina,
plausibilmente la maggiore interessata al raggiungimento di tale obiettivo,
almeno sino a ieri si è mossa con molta cautela in tale direzione. Ma negli
ultimi mesi il processo sembra in qualche modo accelerare. Nel mondo
tendono ora a moltiplicarsi le iniziative volte a ricercare attivamente dei
nuovi assetti finanziari. Citiamo in questa sede soltanto alcuni casi
tra i tanti.
Il PIX
brasiliano. Nel
novembre del 2020 è stato lanciato in Brasile il programma PIX, un servizio
di pagamenti istantaneo e gratuito via smartphone che i brasiliani possono
usare per fare acquisti, pagare le bollette e le consumazioni al bar. In
precedenza almeno 30 milioni di essi non avevano accesso ai servizi bancari,
mentre il nuovo sistema permette anche a loro di operare delle transazioni finanziarie.
Il servizio ha avuto un grande successo ed è stato adottato da circa
l’80% della popolazione. Esso conta oggi per circa la metà delle
transazioni finanziarie e tale quota sembra destinata ad aumentare. Ma
l’amministrazione Trump sta investigando il sistema, accusandolo di andare
contro gli interessi Usa e di fare una concorrenza sleale verso le banche e la
società finanziarie statunitensi come Visa e Apple (Ionova, 2025). Inoltre,
dato che il PIX protegge i dati dei consumatori che raccoglie, gli Usa accusano
anche il fatto che le imprese Usa non possono più usare tali informazioni per
prendere decisioni e creare nuovi prodotti.
L’Asean. L’Asean è l’associazione dei
paesi del Sud-Est asiatico che collabora per uno sviluppo comune e che
rappresenta oggi una tra le più importanti aree di libero scambio del
mondo. Partita inizialmente con l’occhio centrato soprattutto verso
l’Occidente, essa ha poi volto i suoi interessi prevalentemente verso Pechino.
Oggi il livello di scambi tra la Cina e il raggruppamento appare
superiore a quello tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Le cifre
indicano che in effetti gli scambi tra la Cina e i paesi dell’Asean hanno
superato nel 2024 i 900 miliardi di dollari, mentre quelli degli Stati Uniti
con il raggruppamento asiatico si sono fermati a circa la metà, ai 453
miliardi. E nei primi sette mesi del 2025 sempre quelli con la Cina sono ancora
aumentati di quasi il 10%. Ora, nel maggio di quest’anno i paesi dell’area,
insieme a Cina, Giappone e Corea del Sud, hanno approvato un nuovo
meccanismo (denominato CMIM Rapid Financing Facility) per
offrire aiuto finanziario alle economie che si trovano ad affrontare difficoltà nella
loro bilancia dei pagamenti. Ma appare importante rilevare che, al
contrario di quanto accadeva in passato, il meccanismo non
farà riferimento al dollaro, ma allo yuan cinese e ad altre valute
regionali (Sartorelli, 2025).
Il BRICS Pay. Sta prendendo forma all’interno del
raggruppamento dei Brics, dopo molte esitazioni dell’India e della stessa Cina
e prima della creazione di una valuta vera e propria, l’idea dello sviluppo
di un sistema di pagamenti alternativo, denominato Brics Pay. Si tratta di
un modello digitale che consente ai vari paesi di regolare le
transazioni in valuta locale in modo diretto, riducendo la dipendenza dal
dollaro e dal sistema Swift. Il vertice dei Brics del
luglio scorso ha segnato la consacrazione politica del progetto (Corrado,
2025). L’obiettivo comune non è comunque, almeno per il momento, quello di
sostituire il dollaro, ma di costruire un sistema parallelo, più autonomo. Il
progetto va avanti sia pure lentamente e con cautela.
Kenya-Cina. Il Governo del Kenia, che
dieci anni fa aveva ricevuto dalla cinese Exim Bank un prestito di 5 miliardi
di dollari per la costruzione di una ferrovia, ha ora ottenuto di
convertire tale prestito in yuan, con l’obiettivo di risparmiare sugli
interessi e di puntare a una diversificazione monetaria rispetto
all’esposizione al dollaro. Operazioni di diversificazione di questo tipo sono
poi allo studio in diversi altri paesi africani (Magnani, 2025).
Rcep. Al momento del suo varo,
nell’ottobre del 2020, la Regional Cohomprensive Economic
Partnership (RCEP) aveva 15 paesi membri: i dieci paesi associati
nell’Asean, raggruppamento dei paesi del Sud-Est asiatico, cui abbiamo già
fatto cenno, più Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda;
l’India aveva rifiutato a suo tempo di aderirvi (ma essa ha un invito
permanente a entrarvi quando vorrà) e lo stesso avevano fatto gli Stati Uniti. Si
tratta del più grande accordo di libero commercio del mondo e l’iniziativa ha
avuto successo nel tempo. Tale successo appare confermato dal fatto che
quattro nuove nazioni hanno ora chiesto di entrarvi (il Bangladesh, lo
Sri-Lanka, Hong Kong e il Cile). La pressione tariffaria e di altro genere di
Trump c’entra sicuramente. Certamente poi diversi altri paesi chiederanno nel
prossimo futuro di aderirvi. Si mettono così progressivamente in piedi delle
organizzazioni internazionali molto importanti che tendono a vedere la Cina
come attore principale ma non dominante e a non vedere invece al loro interno
la presenza degli Stati Uniti e dell’UE.
La rotta
dell’Artico. Si è aperta da qualche settimana ed è ora in pieno funzionamento una
connessione marittima tra la Cina e l’Europa attraverso l’Artico,
denominata China-Europe Artic Express; la rotta attraversa
in effetti l’Oceano Glaciale Artico invece dell’Oceano Indiano. Essa riduce
nella sostanza di circa la metà i tempi di percorrenza delle navi su tale rotta
(18 giorni invece di 25-28) e i costi di consegna delle merci rispetto alla
rotta tradizionale attraverso il canale di Suez. Una nave ha già completato con
successo nell’ottobre del 2025 il primo viaggio, dalla Cina a un porto inglese,
in 20 giorni. La rotta è attualmente navigabile solo per alcuni mesi all’anno,
ma si prevede che con i processi di riscaldamento globale in atto e con il
miglioramento delle tecniche costruttive delle navi essa lo sarà sempre più
(Casari, 2025). Dal punto di vista tecnico essa si appoggia, tra l’altro,
sull’esistenza di 43 rompighiaccio di proprietà della Russia, mentre gli Stati
Uniti, che ne posseggono pochissimi, si stanno ora preoccupando di
commissionarne una decina ai cantieri finlandesi. La nuova iniziativa
contribuirà nel lungo termine alla possibile perdita di centralità del
canale di Suez e dei porti mediterranei a favore dell’estremo Nord,
consolidando tra l’altro l’asse geopolitico tra Mosca e Pechino.
Incidentalmente, questo fatto nuovo ricorda alla lontana un’altra perdita di
centralità nella storia del Mediterraneo e dell’Italia in particolare
quando, dopo la scoperta dell’America, i traffici si diressero verso le
nuove rotte atlantiche e si ridusse molto fortemente l’importanza dei
paesi che si affacciavano sul mare nostrum, sino ad allora e da
molto tempo al centro dell’economia europea. Con la nuova rotta
perderanno molto peso gli Stati Uniti, che sino ad oggi controllavano le
rotte marittime ed in particolare gli stretti attraverso i quali passa la gran
parte del commercio mondiale (Casari, 2025). Ma intanto il primo armatore
marittimo al mondo, la Msc, i cui traffici vengono certamente minacciati dalla
novità, emette dei comunicati in cui si preoccupa delle conseguenze ecologiche
della nuova rotta… (Redazione Shipping Italy, 2025). Ma in realtà, con la nuova
rotta il livello di emissioni inquinanti, almeno secondo alcune valutazioni, si
ridurrebbe del 30%.
Il mondo
alla rovescia. Molti
ricordano un libro di Arghiri Emmanuel, Lo scambio ineguale,
pubblicato in Italia nel 1972, che analizzava il rapporto squilibrato che si
registrava negli scambi tra il Nord ed il Sud del mondo, tutto a favore dei
primi. Si registrava così un trasferimento di profitti continuo verso questi
ultimi. Negli ultimi tempi si registrano degli episodi che tendono a ribaltare
la situazione. Già nel 2022 un gruppo di ricercatori francesi analizzava il
paradosso di un’Europa diventata una colonia agricola (Allaire ed altri, 2022).
La Commissione di Bruxelles, attraverso la politica agricola comune,
secondo gli autori della ricerca, sovvenziona una grande produzione di
cereali e di oleaginose destinate per la gran parte all’alimentazione animale.
Per produrli si utilizzano degli input provenienti in modo
signidicativo da paesi extraeuropei; la gran parte delle aziende agricole
è poi meccanizzata e occupa pochi addetti, mentre le produzioni sono a debole
valore aggiunto. Una gran parte delle stesse viene esportata verso paesi come
la Cina, mentre l’Europa acquista dal paese asiatico invece produzioni
industriali ad elevato valore aggiunto. Così per la prima volta
l’Europa mantiene in piedi uno scambio ineguale a lei sfavorevole. Il mondo
gira… È passato poi sotto silenzio un secondo fatto: per avviare in
maniera adeguata la sua nuova fabbrica di auto elettriche negli Stati Uniti,
Elon Musk è stato obbligato qualche tempo fa a far venire un certo numero di
tecnici specializzati dalla Cina. I locali non erano del tutto in grado di
farlo. E veniamo a tempi più recenti. I media ci informano che la cinese Catl,
in joint venture con
Stellantis, sta avviando la costruzione in Spagna di una grande fabbrica di
batterie con un investimento stimato in più di 4 miliardi di euro. Ora, per
gestire l’iniziativa, Catl invierà nel paese europeo circa 2000 lavoratori cinesi;
la notizia sottolinea i grandi gap nelle capacità tecniche e nel know-how dell’Europa
nelle batterie per i veicoli elettrici rispetto alla stessa Cina (Jopson ed
altri, 2025). Anche nel caso di un impianto similare, ma di più modeste
dimensioni, costruito sempre da Catl, questa volta in Germania, si è verificato
lo stesso fatto, come del resto è previsto anche per la costruzione di una più
grande fabbrica in Ungheria.
Il patto tra
Arabia Saudita e Pakistan. La notizia ha apparentemente colto di sorpresa molti. In
settembre il Pakistan e l’Arabia Saudita hanno firmato un patto di mutua
difesa, peraltro dai contorni relativamente vaghi, o comunque non divulgati.
Da notare che il Pakistan possiede la bomba nucleare e che quindi si è pensato
che il patto comprenda il sostegno atomico dello stesso Pakistan alla
controparte. Diversi osservatori mettono in relazione la conclusione del
patto con le invasive e allarmanti iniziative belliche di Israele e
all’imprevedibilità di quelle di Trump e al suo sostegno apparentemente senza
condizioni alla stessa Israele. L’iniziativa sembra così segnare per qualche
verso un raffreddamento degli stretti rapporti dell’Arabia Saudita con
gli Stati Uniti – o almeno un avvertimento agli stessi da parte del
paese arabo, sul fatto che il paese ha altri amici nel mondo (Srivastava,
Jilani, 2025) – e un silenzioso avvicinamento alla Cina, stretto alleato dello
stesso Pakistan. È difficile dire se la firma del patto segna la fine
dell’egemonia statunitense nel Medio Oriente, come suggeriscono alcuni
commentatori. In difficoltà sembra comunque ora trovarsi l’India, sino a ieri
in rapporti cordiali con l’Arabia Saudita e acerrima nemica del Pakistan. Per
altro verso l’Arabia Saudita sta negoziando un nuovo patto militare con gli stessi
Stati Uniti. Va peraltro segnalato che il Pakistan sta migliorando i suoi
rapporti con gli Usa, cui sta, tra l’altro, offrendo la possibilità di
costruire una grande base portuale sul mare Arabico; l’area si trova a 100
miglia dal confine con l’Iran e a 70 dal grande porto di Gwadar gestito dai
cinesi. Il Pakistan offre poi agli Stati Uniti, oltre al sostegno al
suo piano per Gaza, anche l’accesso a minerali critici presenti nel suo suolo.
Questo sembra indicare una certa ambiguità presente complessivamente nella
partita.
Conclusioni. I casi ricordati sembrano segnare,
non senza qualche ambiguità e incertezza, una tendenza alla costruzione
nel mondo di rapporti interstatali e di infrastrutture che prescindono dagli
Stati Uniti e dall’UE e anzi si configurano come un’alternativa al
vecchio potere egemone in atto sino a ieri. Di particolare rilievo appaiono i
tentativi di dedollarizzazione, di cui abbiamo indicato alcuni esempi. Tale
tipo di iniziative che prescindono dall’Occidente tendono apparentemente a moltiplicarsi
nell’ultimo periodo.
Testi citati
nell’articolo
– Allaire G.
e altri, Pourquoi l’Europe est une colonie agricole, Le
Monde, 9-10 gennaio 2022
– Casari F., Russia, Cina e la rotta dell’Artico, www.altrenotizie.org,
21 settembre 2025
– Corrado D., BRICS Pay: la nuova infrastruttura finanziaria del mondo
multipolare?, ISPI, Roma, 15 luglio 2025
– Jopson B. e altri, China sends 2.000 workers to build battery
power in Europe, www.ft.com, 27 settembre 2025
– Ionova A., Brazil has a new digital spending habit. Now it’s a Trump
target, www.nytimes, 29 settembre 2025
– Magnani
A., Africa, così la conversione dollaro-yuan può offrire sollievo al
debito estero, Il Sole 24 Ore, 11 ottobre 2025
– Redazione Shipping Italy, Msc in contrasto con la Cina; no ai
passaggi per la rotta artica, Newsletter Shipping Italy, 30
settembre 2025
– Sartorelli G., L’Asean si prepara a “un futuro commerciale che non
dipenderà dagli Stati Uniti”, www.contropiano.com, 2 ottobre 2025
– Srivastava M., Jilani H., Petrodollars and the “Islamic bomb”:
how a Saudi Paskistan pact was forged, www.ft.com., 19
settembre 2025
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