giovedì 6 novembre 2025

Primi passi verso un nuovo ordine mondiale? - Vincenzo Comito

 

Ormai sembrano quasi tutti d’accordo sul fatto che il vecchio ordine mondiale, varato nel dopoguerra e governato da allora dagli Stati Uniti con un corteo di vassalli – dai paesi dell’Unione Europea, a Canada, Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Corea del Sud –, non solo traballa, ma sembra perdere pezzi consistenti ogni mese che passa, grazie anche all’accelerazione impressa al processo dallo stesso Trump. Per altro verso, si percepisce chiaramente il fatto che viviamo in un’epoca di difficile transizione, periodo nel quale il vecchio ordine non riesce più a governare le cose e uno nuovo non riesce ancora, dal canto suo, ad emergere adeguatamente, ciò che porta a disordini e confusione. Si può a questo proposito ricordare ad esempio che la crisi del 1929 fu causata almeno in parte dal fatto che la Gran Bretagna non aveva ormai più la forza necessaria per gestire gli avvenimenti, mentre gli Stati Uniti non l’avevano ancora. Bisognerà attendere la seconda guerra mondiale perché il passaggio delle consegne si verifichi e perché gli Stati Uniti abbiano ormai la capacità necessaria a governare le cose del mondo.

Riconoscendo tutti che viviamo un periodo di transizione, meno d’accordo ci si trova su verso quale indirizzo ci stiamo comunque dirigendo e su quale dovrebbe o potrebbe essere il nuovo assetto del potere mondiale. Da più parti ci si rende comunque conto che il futuro non si dovrebbe configurare almeno completamente come il secolo della Cina, paese pure in forte crescita sui fronti commerciale, economico, tecnologico, militare; e questo anche per la grande riluttanza, anzi lo scarso interesse, del paese asiatico verso l’ipotesi di diventare il nuovo paese dominante, sostituendo gli Stati Uniti. Una delle poche cose su cui quasi tutti sono di nuovo d’accordo è invece che, in ogni caso, di fatto nei prossimi decenni Cina e Stati Uniti saranno ancora e di gran lunga le potenze più importanti del mondo, forse con l’aggiunta dell’India, che dovrebbe, tra 10-15 anni, superare anch’essa il pil degli Stati Uniti, utilizzando almeno nel calcolo dello stesso pil il criterio della parità dei poteri di acquisto. Purtuttavia chi scrive pensa che, anche se i futuri assetti dell’ordine mondiale non sono ancora configurabili con chiarezza, nuove piste si stanno comunque aprendo giorno per giorno, sia pure tra molte difficoltà, attraverso dei passi che, messi insieme, potrebbero indicare, almeno in parte e non senza qualche ambiguità e qualche confusione, l’indirizzo che il mondo sta prendendo. Nel testo che segue proviamo a indicare alcuni dei movimenti che sembrano andare verso una nuova direzione delle cose del mondo.

Il processo di dedollarizzazione. La costruzione di un nuovo ordine del mondo non può prescindere da un forte ridimensionamento del peso del dollaro e dei circuiti finanziari globali controllati dagli Stati Uniti (mercati finanziari, circuiti bancari con lo Swift, monete di regolamento degli scambi internazionali, valute di riserva delle banche centrali ecc.). Ma è evidente che la costruzione di un nuovo sistema finanziario sarà un processo lungo e difficile. La stessa Cina, plausibilmente la maggiore interessata al raggiungimento di tale obiettivo, almeno sino a ieri si è mossa con molta cautela in tale direzione. Ma negli ultimi mesi il processo sembra in qualche modo accelerare. Nel mondo tendono ora a moltiplicarsi le iniziative volte a ricercare attivamente dei nuovi assetti finanziari. Citiamo in questa sede soltanto alcuni casi tra i tanti.

Il PIX brasiliano. Nel novembre del 2020 è stato lanciato in Brasile il programma PIX, un servizio di pagamenti istantaneo e gratuito via smartphone che i brasiliani possono usare per fare acquisti, pagare le bollette e le consumazioni al bar. In precedenza almeno 30 milioni di essi non avevano accesso ai servizi bancari, mentre il nuovo sistema permette anche a loro di operare delle transazioni finanziarie. Il servizio ha avuto un grande successo ed è stato adottato da circa l’80% della popolazione. Esso conta oggi per circa la metà delle transazioni finanziarie e tale quota sembra destinata ad aumentare. Ma l’amministrazione Trump sta investigando il sistema, accusandolo di andare contro gli interessi Usa e di fare una concorrenza sleale verso le banche e la società finanziarie statunitensi come Visa e Apple (Ionova, 2025). Inoltre, dato che il PIX protegge i dati dei consumatori che raccoglie, gli Usa accusano anche il fatto che le imprese Usa non possono più usare tali informazioni per prendere decisioni e creare nuovi prodotti.

L’AseanL’Asean è l’associazione dei paesi del Sud-Est asiatico che collabora per uno sviluppo comune e che rappresenta oggi una tra le più importanti aree di libero scambio del mondo. Partita inizialmente con l’occhio centrato soprattutto verso l’Occidente, essa ha poi volto i suoi interessi prevalentemente verso Pechino. Oggi il livello di scambi tra la Cina e il raggruppamento appare superiore a quello tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Le cifre indicano che in effetti gli scambi tra la Cina e i paesi dell’Asean hanno superato nel 2024 i 900 miliardi di dollari, mentre quelli degli Stati Uniti con il raggruppamento asiatico si sono fermati a circa la metà, ai 453 miliardi. E nei primi sette mesi del 2025 sempre quelli con la Cina sono ancora aumentati di quasi il 10%. Ora, nel maggio di quest’anno i paesi dell’area, insieme a Cina, Giappone e Corea del Sud, hanno approvato un nuovo meccanismo (denominato CMIM Rapid Financing Facilityper offrire aiuto finanziario alle economie che si trovano ad affrontare difficoltà nella loro bilancia dei pagamenti. Ma appare importante rilevare che, al contrario di quanto accadeva in passato, il meccanismo non farà riferimento al dollaro, ma allo yuan cinese e ad altre valute regionali (Sartorelli, 2025).

Il BRICS PaySta prendendo forma all’interno del raggruppamento dei Brics, dopo molte esitazioni dell’India e della stessa Cina e prima della creazione di una valuta vera e propria, l’idea dello sviluppo di un sistema di pagamenti alternativo, denominato Brics Pay. Si tratta di un modello digitale che consente ai vari paesi di regolare le transazioni in valuta locale in modo diretto, riducendo la dipendenza dal dollaro e dal sistema Swift. Il vertice dei Brics del luglio scorso ha segnato la consacrazione politica del progetto (Corrado, 2025). L’obiettivo comune non è comunque, almeno per il momento, quello di sostituire il dollaro, ma di costruire un sistema parallelo, più autonomo. Il progetto va avanti sia pure lentamente e con cautela.

Kenya-Cina. Il Governo del Kenia, che dieci anni fa aveva ricevuto dalla cinese Exim Bank un prestito di 5 miliardi di dollari per la costruzione di una ferrovia, ha ora ottenuto di convertire tale prestito in yuan, con l’obiettivo di risparmiare sugli interessi e di puntare a una diversificazione monetaria rispetto all’esposizione al dollaro. Operazioni di diversificazione di questo tipo sono poi allo studio in diversi altri paesi africani (Magnani, 2025).

Rcep. Al momento del suo varo, nell’ottobre del 2020, la Regional Cohomprensive Economic Partnership (RCEP) aveva 15 paesi membri: i dieci paesi associati nell’Asean, raggruppamento dei paesi del Sud-Est asiatico, cui abbiamo già fatto cenno, più Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda; l’India aveva rifiutato a suo tempo di aderirvi (ma essa ha un invito permanente a entrarvi quando vorrà) e lo stesso avevano fatto gli Stati Uniti. Si tratta del più grande accordo di libero commercio del mondo e l’iniziativa ha avuto successo nel tempo. Tale successo appare confermato dal fatto che quattro nuove nazioni hanno ora chiesto di entrarvi (il Bangladesh, lo Sri-Lanka, Hong Kong e il Cile). La pressione tariffaria e di altro genere di Trump c’entra sicuramente. Certamente poi diversi altri paesi chiederanno nel prossimo futuro di aderirvi. Si mettono così progressivamente in piedi delle organizzazioni internazionali molto importanti che tendono a vedere la Cina come attore principale ma non dominante e a non vedere invece al loro interno la presenza degli Stati Uniti e dell’UE.

La rotta dell’Artico. Si è aperta da qualche settimana ed è ora in pieno funzionamento una connessione marittima tra la Cina e l’Europa attraverso l’Artico, denominata China-Europe Artic Express; la rotta attraversa in effetti l’Oceano Glaciale Artico invece dell’Oceano Indiano. Essa riduce nella sostanza di circa la metà i tempi di percorrenza delle navi su tale rotta (18 giorni invece di 25-28) e i costi di consegna delle merci rispetto alla rotta tradizionale attraverso il canale di Suez. Una nave ha già completato con successo nell’ottobre del 2025 il primo viaggio, dalla Cina a un porto inglese, in 20 giorni. La rotta è attualmente navigabile solo per alcuni mesi all’anno, ma si prevede che con i processi di riscaldamento globale in atto e con il miglioramento delle tecniche costruttive delle navi essa lo sarà sempre più (Casari, 2025). Dal punto di vista tecnico essa si appoggia, tra l’altro, sull’esistenza di 43 rompighiaccio di proprietà della Russia, mentre gli Stati Uniti, che ne posseggono pochissimi, si stanno ora preoccupando di commissionarne una decina ai cantieri finlandesi. La nuova iniziativa contribuirà nel lungo termine alla possibile perdita di centralità del canale di Suez e dei porti mediterranei a favore dell’estremo Nord, consolidando tra l’altro l’asse geopolitico tra Mosca e Pechino. Incidentalmente, questo fatto nuovo ricorda alla lontana un’altra perdita di centralità nella storia del Mediterraneo e dell’Italia in particolare quando, dopo la scoperta dell’America, i traffici si diressero verso le nuove rotte atlantiche e si ridusse molto fortemente l’importanza dei paesi che si affacciavano sul mare nostrum, sino ad allora e da molto tempo al centro dell’economia europea. Con la nuova rotta perderanno molto peso gli Stati Uniti, che sino ad oggi controllavano le rotte marittime ed in particolare gli stretti attraverso i quali passa la gran parte del commercio mondiale (Casari, 2025). Ma intanto il primo armatore marittimo al mondo, la Msc, i cui traffici vengono certamente minacciati dalla novità, emette dei comunicati in cui si preoccupa delle conseguenze ecologiche della nuova rotta… (Redazione Shipping Italy, 2025). Ma in realtà, con la nuova rotta il livello di emissioni inquinanti, almeno secondo alcune valutazioni, si ridurrebbe del 30%.

Il mondo alla rovescia. Molti ricordano un libro di Arghiri Emmanuel, Lo scambio ineguale, pubblicato in Italia nel 1972, che analizzava il rapporto squilibrato che si registrava negli scambi tra il Nord ed il Sud del mondo, tutto a favore dei primi. Si registrava così un trasferimento di profitti continuo verso questi ultimi. Negli ultimi tempi si registrano degli episodi che tendono a ribaltare la situazione. Già nel 2022 un gruppo di ricercatori francesi analizzava il paradosso di un’Europa diventata una colonia agricola (Allaire ed altri, 2022). La Commissione di Bruxelles, attraverso la politica agricola comune, secondo gli autori della ricerca, sovvenziona una grande produzione di cereali e di oleaginose destinate per la gran parte all’alimentazione animale. Per produrli si utilizzano degli input provenienti in modo signidicativo da paesi extraeuropei; la gran parte delle aziende agricole è poi meccanizzata e occupa pochi addetti, mentre le produzioni sono a debole valore aggiunto. Una gran parte delle stesse viene esportata verso paesi come la Cina, mentre l’Europa acquista dal paese asiatico invece produzioni industriali ad elevato valore aggiunto. Così per la prima volta l’Europa mantiene in piedi uno scambio ineguale a lei sfavorevole. Il mondo gira… È passato poi sotto silenzio un secondo fatto: per avviare in maniera adeguata la sua nuova fabbrica di auto elettriche negli Stati Uniti, Elon Musk è stato obbligato qualche tempo fa a far venire un certo numero di tecnici specializzati dalla Cina. I locali non erano del tutto in grado di farlo. E veniamo a tempi più recenti. I media ci informano che la cinese Catl, in joint venture con Stellantis, sta avviando la costruzione in Spagna di una grande fabbrica di batterie con un investimento stimato in più di 4 miliardi di euro. Ora, per gestire l’iniziativa, Catl invierà nel paese europeo circa 2000 lavoratori cinesi; la notizia sottolinea i grandi gap nelle capacità tecniche e nel know-how dell’Europa nelle batterie per i veicoli elettrici rispetto alla stessa Cina (Jopson ed altri, 2025). Anche nel caso di un impianto similare, ma di più modeste dimensioni, costruito sempre da Catl, questa volta in Germania, si è verificato lo stesso fatto, come del resto è previsto anche per la costruzione di una più grande fabbrica in Ungheria.

Il patto tra Arabia Saudita e Pakistan. La notizia ha apparentemente colto di sorpresa molti. In settembre il Pakistan e l’Arabia Saudita hanno firmato un patto di mutua difesa, peraltro dai contorni relativamente vaghi, o comunque non divulgati. Da notare che il Pakistan possiede la bomba nucleare e che quindi si è pensato che il patto comprenda il sostegno atomico dello stesso Pakistan alla controparte. Diversi osservatori mettono in relazione la conclusione del patto con le invasive e allarmanti iniziative belliche di Israele e all’imprevedibilità di quelle di Trump e al suo sostegno apparentemente senza condizioni alla stessa Israele. L’iniziativa sembra così segnare per qualche verso un raffreddamento degli stretti rapporti dell’Arabia Saudita con gli Stati Uniti – o almeno un avvertimento agli stessi da parte del paese arabo, sul fatto che il paese ha altri amici nel mondo (Srivastava, Jilani, 2025) – e un silenzioso avvicinamento alla Cina, stretto alleato dello stesso Pakistan. È difficile dire se la firma del patto segna la fine dell’egemonia statunitense nel Medio Oriente, come suggeriscono alcuni commentatori. In difficoltà sembra comunque ora trovarsi l’India, sino a ieri in rapporti cordiali con l’Arabia Saudita e acerrima nemica del Pakistan. Per altro verso l’Arabia Saudita sta negoziando un nuovo patto militare con gli stessi Stati Uniti. Va peraltro segnalato che il Pakistan sta migliorando i suoi rapporti con gli Usa, cui sta, tra l’altro, offrendo la possibilità di costruire una grande base portuale sul mare Arabico; l’area si trova a 100 miglia dal confine con l’Iran e a 70 dal grande porto di Gwadar gestito dai cinesi. Il Pakistan offre poi agli Stati Uniti, oltre al sostegno al suo piano per Gaza, anche l’accesso a minerali critici presenti nel suo suolo. Questo sembra indicare una certa ambiguità presente complessivamente nella partita.

Conclusioni. I casi ricordati sembrano segnare, non senza qualche ambiguità e incertezza, una tendenza alla costruzione nel mondo di rapporti interstatali e di infrastrutture che prescindono dagli Stati Uniti e dall’UE e anzi si configurano come un’alternativa al vecchio potere egemone in atto sino a ieri. Di particolare rilievo appaiono i tentativi di dedollarizzazione, di cui abbiamo indicato alcuni esempi. Tale tipo di iniziative che prescindono dall’Occidente tendono apparentemente a moltiplicarsi nell’ultimo periodo.

 

Testi citati nell’articolo
– Allaire G. e altri, Pourquoi l’Europe est une colonie agricoleLe Monde, 9-10 gennaio 2022
– Casari F., Russia, Cina e la rotta dell’Articowww.altrenotizie.org, 21 settembre 2025
– Corrado D., BRICS Pay: la nuova infrastruttura finanziaria del mondo multipolare?ISPI, Roma, 15 luglio 2025
– Jopson B. e altri, China sends 2.000 workers to build battery power in Europewww.ft.com, 27 settembre 2025
– Ionova A., Brazil has a new digital spending habit. Now it’s a Trump target
www.nytimes, 29 settembre 2025
– Magnani A., Africa, così la conversione dollaro-yuan può offrire sollievo al debito esteroIl Sole 24 Ore, 11 ottobre 2025
– Redazione Shipping Italy, Msc in contrasto con la Cina; no ai passaggi per la rotta articaNewsletter Shipping Italy, 30 settembre 2025
– Sartorelli G., L’Asean si prepara a “un futuro commerciale che non dipenderà dagli Stati Uniti”www.contropiano.com, 2 ottobre 2025
– Srivastava M., Jilani H., Petrodollars and the “Islamic bomb”: how a Saudi Paskistan pact was forgedwww.ft.com., 19 settembre 2025

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