Credo che solo dal basso possano emergere soluzioni praticabili. La politica, oggi, è paralizzata da veti incrociati
Ancora una volta, il governo ha colto di sorpresa le opposizioni. Di fronte
a numerose petizioni in difesa del Servizio
Sanitario Nazionale (Ssn), ricche di principi condivisi ma povere
di proposte concrete, la manovra di bilancio introduce un aumento del
finanziamento al sistema pubblico superiore alle aspettative. Questo
incremento, seppur modesto, migliora il rapporto tra spesa sanitaria pubblica e
Pil: è una buona notizia.
Tuttavia, il nostro Ssn resta gravemente
sottofinanziato rispetto agli altri principali paesi europei. Il
miglior indicatore per misurare questo divario è proprio il rapporto tra spesa
sanitaria pubblica e Pil: in Italia è inferiore di un punto percentuale
rispetto al Regno Unito (che ha un sistema simile al nostro) e di quasi tre punti rispetto alla Germania.
Le conseguenze ricadono sui cittadini, che non ricevono tutte le risposte di
cui hanno bisogno, e su circa 600.000 lavoratori del settore, penalizzati da
retribuzioni troppo basse. È quindi urgente passare dai principi alle proposte
concrete. Ne avanzo cinque,
perché credo che solo dal basso possano emergere soluzioni praticabili. La
politica, oggi, è paralizzata da veti incrociati.
1. Abolire la detrazione fiscale del 19% sulle spese
sanitarie individuali, destinando integralmente il maggior gettito al Ssn. Si
tratta di circa 3 miliardi di euro annui, in modo permanente. Le detrazioni
sono inique: favoriscono i
più benestanti, anche per via della franchigia di 129 euro sotto la quale non
si ha diritto alla detrazione. Basti pensare che il 20% più povero della
popolazione spende circa 200 euro in sanità privata, mentre il 20% più ricco ne
spende 1.300. È evidente chi beneficia di più da questo meccanismo.
2. Rivedere il sistema dei ticket e delle
esenzioni. Occorre ridurre i ticket sull’assistenza specialistica, che
incentivano il ricorso al privato (una visita medica a 36 euro spinge molti
fuori dal Ssn), e aumentare quelli sulla farmaceutica, dove in alcune regioni sono stati aboliti, favorendo
accumuli di confezioni e prescrizioni inappropriate. Un ticket di 4 euro per
confezione è sostenibile per la maggior parte degli italiani e genererebbe
risorse importanti. Va anche rivisto il sistema delle esenzioni: considerare
automaticamente fragili gli over 65 è ormai superato. L’età andrebbe alzata almeno a 70, se non a 75 anni.
Inoltre, come avviene in molti paesi europei, si dovrebbe introdurre un tetto massimo: la spesa per ticket non
dovrebbe superare il 2% del reddito; oltre questa soglia, il cittadino non paga
più.
3. Riformare la governance delle aziende
sanitarie pubbliche. Serve una legge nazionale che preveda la nomina, da parte del
Presidente della Regione, di un Direttore Generale regionale del sistema
sanitario, selezionato con criteri rigorosi. Questo Direttore dovrebbe poi
nominare autonomamente i Direttori Generali delle singole aziende. Un contratto
scritto tra Presidente e Direttore dovrebbe definire obiettivi, clausole di
revoca e altri aspetti negoziali. L’obiettivo è limitare il clientelismo e potenziare
l’autonomia manageriale, lasciando alla politica il controllo strategico del
sistema e aumentando la professionalizzazione della gestione sanitaria.
4. Imporre la natura non-profit alle aziende
sanitarie private sopra una certa soglia di fatturato. La ricerca del profitto
in sanità genera incentivi distorti che danneggiano i pazienti. La proposta non
è radicale: le aziende profit si dovrebbero trasformare giuridicamente in
fondazioni o enti simili, continuando a operare come prima, ma senza
distribuire profitti e con obiettivi più allineati all’interesse pubblico. Questo divieto vige in
Olanda, uno dei paesi più liberisti d’Europa.
5. Investire nelle professioni sanitarie non
mediche, in particolare infermieristiche. Con parte delle risorse aggiuntive per
il Ssn, si dovrebbe creare un fondo per aumentare le retribuzioni, promuovere
una grande campagna pubblica sul valore di queste professioni e potenziare le
cattedre universitarie. È emblematico che, su mille professori nelle facoltà di
medicina italiane, solo 11 siano ordinari nel settore delle scienze
infermieristiche. Un dato semplicemente incredibile.
Queste proposte sono concrete, da dettagliare, migliorabili e presentate
per un confronto. E sono attuabili,
e forse meritano almeno un po’ di attenzione.
Nessun commento:
Posta un commento