domenica 2 novembre 2025

Il «treno della vergogna» a Bologna: una storia senza fondamento - Nicoletta Bourbaki

 

Un convoglio di esuli istriani dileggiato dai ferrovieri «rossi». Un episodio ambientato nel 1947, ma che non ha riscontro in nessuna fonte dell’epoca e ha preso la sua attuale forma soltanto nel XXI secolo.

 

INDICE
1. Filmati falsi fatti con l’IA e vecchie fantasie di martirio
2. Giornali, questura, prefettura: negli archivi nessuna traccia
3. Pola 1947
4. 1957, «il PCI contro il treno degli esuli!!1!»
5. 1991, Magris traghetta la storia nel mainstream
6. 2004, arrivano i sassi e il latte versato
7. Sempre più dettagli, sempre più incongrui, persino Vivoda smentisce
8. Wikipedia: Different Trains
9. Discorsi istituzionali e para-istituzionali: Meloni, Cristicchi & Co.
10. Un articolo mai esistito e la reale posizione del PCI
Flash forward: 2 agosto 1991

1. Filmati falsi fatti con l’IA e vecchie fantasie di martirio

Da alcune settimane circola un video intitolato «Il treno della vergogna». Lo si può reperire facilmente su YouTube ma preferiamo descriverlo, riportando in corsivo il testo letto dalla voce narrante.

Il video si apre sulle note di una musica drammatica, sembra un quartetto d’archi. Scorrono uno dopo l’altro vari filmati “d’epoca”. Un treno a vapore arriva in una stazione. Una voce impostata, mesta ma decisa, comincia subito a raccontare:

18 febbraio 1947: un treno merci arriva a Bologna, sotto il gelo dell’inverno. Dentro, donne, bambini, anziani. Si vedono donne, bambini e anziani sulla paglia dentro un carro merci.

Sono italiani, in fuga dall’Istria, dalle foibe, dalla fame. Un filmato mostra una famiglia che abbandona a piedi una città in fiamme.

Hanno affrontato un viaggio disperato. Li aspettano pasti caldi preparati dalla Croce rossa. Stacco su una cucina da campo.

Ma ad accoglierli c’è l’odio. Nuovo stacco, carrellata su un picchetto operaio. Un cartello compare per un momento in primo piano. C’è scritto:

«TO NOO TCNCOCTNJ INC NNDWAI DOWINO FACCISTS! FAFIASTI INNIFACAS».

Dai microfoni voci sindacali minacciano lo sciopero. Li chiamano fascisti. Dai marciapiedi volano sassi, pomodori. Gente scende dal treno sotto una gragnuola di sassi.

Il latte per i bambini versato con disprezzo sulle rotaie. Un tizio versa del latte sui binari da una grande bigoncia di alluminio. Zoom sulla mezza figura di una madre dal volto disperato.

Il treno riparte, umiliato. Solo a Parma troveranno assistenza. Quel convoglio è passato alla storia come il treno della vergogna. Un treno parte dalla stazione. Sulla fiancata, a caratteri cubitali, c’è scritto: «VERGOGNA».

Perché l’Italia quel giorno voltò le spalle ai suoi figli.

Fine.

Il video utilizza immagini e filmati generati digitalmente in modo da sembrare “autentici”. In questo caso l’utilizzo dell’IA è dichiarato mediante una scritta, e il lavoro è grezzo, come dimostrano le scritte senza senso sui cartelli. Tuttavia, l’estrema facilità e rapidità con cui, grazie all’IA generativa, si possono confezionare falsi storici – non dichiarati e ben più convincenti di questo – pone enormi problemi alla storiografia di oggi e ancor più ne porrà a quella di domani.

Lo scrisse già Marc Bloch ormai più di ottant’anni fa: «tra tutti i veleni capaci di viziare una testimonianza, l’impostura è il più virulento». E quanto a carica virale, rispetto al 1940-43 l’impostura ha fatto passi da gigante.

È necessario attrezzarsi, senza lasciarsi travolgere, senza ansie. «Quando tutto accade veloce, impara a essere lento», diceva il personaggio di un romanzo. Sulle sfide che ha di fronte il metodo storiografico nell’epoca dell’IA stiamo riflettendo fittamente e coi nostri tempi ne scriveremo.

Ma andiamo ora al contenuto del video in questione, alla storia che la voce fuori campo ci narra.

2. Giornali, questura, prefettura: negli archivi nessuna traccia

L’episodio, prima di ridursi a un prompt da far processare a un software, era già diventato nel corso dei decenni uno degli eventi canonici della narrativa sull’esodo istriano.

In questa storia, tuttavia, l’unica cosa di cui è possibile trovare un riscontro documentato da fonti coeve è la sosta a Bologna, il 18 febbraio 1947, di un treno che trasportava diverse centinaia di profughi istriani in viaggio da Ancona a La Spezia.

Su L’Avvenire d’Italia, quotidiano cattolico stampato a Bologna – in seguito sarebbe diventato semplicemente l’Avvenire – il 20 febbraio compare un trafiletto che riporta la seguente notizia:

Transitati da Bologna altri 2200 profughi di Pola.

Affettuosa assistenza della P.C.A.

Ieri sono passati dalla nostra Stazione diretti in varie città circa 2200 profughi di Pola. Accolti sempre dalla Commissione Pontificia e ristorati con vivande calde hanno proseguito il loro viaggio. Tutti sono gratissimi della accoglienza che loro riserva il Posto di Ristoro della Pontificia Commissione Assistenza. È sempre pressante l’invito per aiuti al Posto di Ristoro della Commissione Pontificia per poter dare ai fratelli di passaggio una accoglienza degna del loro grande sacrificio.

In tutto il mese di febbraio nessun giornale locale riporta notizie di disordini alla stazione di Bologna. Non c’è niente su l’Avvenire d’Italia, né sul Progresso d’Italia e nemmeno sul Giornale dell’Emilia, nome provvisorio, adottato in attesa che si calmassero le acque, del Resto del Carlino, testata troppo associata al collaborazionismo filonazista.

L’Avvenire d’Italia del 7 febbraio riporta in prima pagina la notizia di uno sgarbo dei ferrovieri di Vercelli, che non hanno permesso l’apposizione di striscioni di benvenuto ai profughi presso il punto di ristoro allestito nella stazione dalla Pontificia commissione di assistenza.

È dunque molto probabile che, se a Bologna si fossero svolti episodi analoghi o addirittura più eclatanti, il giornale ne avrebbe parlato. A maggior ragione ne avrebbe parlato l’anticomunista Giornale dell’Emilia.

È poi addirittura certo che, se vi fossero state contestazioni violente – o anche pacifiche – nei confronti dei profughi, ve ne sarebbe traccia negli archivi della Questura e della Prefettura, dove invece non risulta nulla.

I giornali dell’epoca li abbiamo consultati direttamente, mentre per le ricerche d’archivio in Questura e Prefettura facciamo riferimento alla tesi di laurea magistrale di Alberto Rosada intitolata The reception of the Istrian-Dalmatian refugees between history and memory, compilata sotto la supervisione della professoressa Giulia Albanese, che ci ha fornito molte conferme e ulteriori spunti per l’indagine.

La storia del «Treno della vergogna», raccontata proprio come nel video descritto sopra, è ritenuta praticamente da tutti un fatto storico acclarato. Talmente acclarato che quasi nessuno ha ritenuto di dover cercare riscontri nelle fonti coeve.

Ovviamente il cantante Simone Cristicchi l’ha inserita nel suo show Magazzino 18, insieme ad altri eventi “canonici” in cui la fantasia ha abbondantemente sopperito alla mancanza di fonti storiche.

Eppure, di quella storia non esistono tracce anteriori al 1957. Nemmeno nella pubblicistica di nicchia dell’associazionismo esule. E nel mainstream nazionale compare per la prima volta soltanto nel 1991.

Per ricostruire la genesi di questo mito dobbiamo fare un salto indietro nel tempo e spiegare per sommi capi cosa stesse accadendo a Pola nel 1947.

3. Pola 1947

Dopo la liberazione dal nazifascismo, avvenuta il 5 maggio 1945 ad opera dell’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia, Pola fu amministrata fino al 12 giugno dai poteri popolari instaurati dal partito comunista jugoslavo.

In seguito agli accordi di Belgrado tra jugoslavi e angloamericani, la città passò sotto il GMA, Governo Militare Alleato, insieme a Gorizia e Trieste.

Dopo l’arrivo degli alleati, nel giugno del 1945, fu fondato il CLN, Comitato di Liberazione Nazionale di Pola, di cui facevano parte democristiani, socialisti, liberali e azionisti, in contrapposizione ai comunisti che partecipavano invece all’UAIS, Unione Antifascista Italo-Slava, di orientamento filo jugoslavo.

A un lettore italiano l’espressione CLN richiama alla mente la lotta al nazifascismo nel periodo tra l’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945, ma quando ci si riferisce all’Istria la risonanza è fuorviante. Il CLN di Pola non nacque nella lotta contro il nazifascismo, ma solamente dopo la liberazione, in contrapposizione alla linea filojugoslava dei comunisti.

L’amministrazione angloamericana durò fino al 1947, quando fu firmato (10 febbraio) ed entrò in vigore (15 settembre) il trattato di Pace di Parigi, che assegnò Gorizia all’Italia e Pola alla Jugoslavia, e istituì il Territorio Libero di Trieste, sottoposto alla sovranità dell’ONU e diviso in due zone, una amministrata dagli angloamericani e una dagli jugoslavi.

Ricordiamo en passant che nei Balcani l’Italia aveva perso la guerra che essa stessa aveva cominciato insieme alla Germania nel 1941, invadendo la Grecia e la Jugoslavia. Aveva perso anche la guerra dichiarata a Francia e Regno Unito nel 1940, quella dichiarata all’Unione Sovietica nel 1941 e quella dichiarata agli USA sempre nel 1941. A Parigi dunque si presentò alle trattative da paese sconfitto, e in quanto tale subì perdite territoriali sia sul confine occidentale sia su quello orientale, e perse tutte le colonie.

A Pola il biennio 1945/47 fu un periodo torbido, ben descritto da Gaetano Dato nel suo libro Vergarolla 18 agosto 1946. Gli enigmi di una strage tra conflitto mondiale e guerra fredda, ed. LEG, 2014. In città si fronteggiavano a viso scoperto i militanti filoitaliani e quelli filojugoslavi, e a viso coperto i servizi segreti angloamericani, jugoslavi e italiani. Erano inoltre presenti sul territorio diversi gruppi armati: ex partigiani comunisti, antifascisti italiani antijugoslavi e/o anticomunisti, e fascisti irriducibili.

Il giorno stesso della firma del trattato di pace il generale Robert de Winton, comandante delle forze britanniche a Pola, fu ucciso a colpi di pistola da Maria Pasquinelli, un’ex agente dell’intelligence della X MAS. Di lei e del suo ruolo nel raccogliere e diffondere leggende nere sulle foibe del 1943 abbiamo scritto a proposito del caso di Norma Cossetto.

Già nella tarda primavera del 1946 era ormai chiaro a tutti che la città sarebbe passata alla Jugoslavia, e il governo italiano, di concerto con il CLN di Pola e con la Pontificia Commissione di Assistenza, cominciò a organizzare l’evacuazione della componente italiana della città.

Non indagheremo qui le complesse dinamiche sociali, politiche, economiche e anche psicologiche che portarono alla partenza da Pola di quasi 30mila abitanti – quasi tutti italiani – sui circa 40mila totali. A chi fosse interessato ad approfondire l’argomento, consigliamo di cominciare dal volume Storia di un esodo. Istria 1945-1956, Istituto regionale per la storia del Movimento di liberazione nel Friuli-Venezia Giulia, Trieste 1980.

Riteniamo però importante sottolineare che non si trattò di una fuga rocambolesca di persone incalzate da un nemico in armi, come suggerisce il filmato fake che abbiamo descritto all’inizio di questo post. Si trattò invece di un’evacuazione ordinata, organizzata dal governo italiano – prima le masserizie e poi le persone –, con partenze regolari di grosse navi e liste di imbarco a cui i cittadini che volevano partire dovevano iscriversi.

Il grosso delle operazioni si svolse nei mesi di febbraio e marzo. I trasbordi di massa cominciarono già prima della firma del trattato di pace, e si conclusero con largo anticipo rispetto al passaggio di consegne tra angloamericani e jugoslavi, che avvenne solo in settembre.

Quasi metà dei profughi furono trasportati in Italia sul piroscafo Toscana, che compì in tutto dieci viaggi, sette da Pola a Venezia e tre da Pola ad Ancona. Altri profughi furono trasportati a Trieste sulle navi Pola e Grado, e altri ancora si mossero su navi più piccole o con mezzi propri.

Nel periodo che interessa a noi, quello tra il 15 e il 21 febbraio, il Toscana fece due viaggi: il 16 febbraio trasportò circa 2200 profughi ad Ancona, e il 21 febbraio trasportò circa 1000 profughi a Venezia.

L’episodio del passaggio del treno alla stazione di Bologna il 18 febbraio si riferirebbe ai profughi che partirono da Pola il 16 mattina e arrivarono ad Ancona la sera di quel giorno...

continua qui

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