Un giorno tutti diranno di essere stati contro è un libro che non lascia indifferenti (tranne gli assassini).
a volte sembra un flusso di coscienza (dell'autore, giornalista e scrittore, che la coscienza ce l'ha, come ce l'hanno molti milioni di persone), e tutti i fatti che racconta sono documentati e verificabili.
ci sono molti modi per negare il genocidio in Palestina, Omar El Akkad mostra titoli di quotidiani, nei quali i palestinesi a Gaza (e in Cisgiordania) muoiono, ma non sono assassinati, sempre per incidenti, non per bombe e fucili, e gli assassini non sono mai citati, neanche la nazionalità, miracoli della censura (e autocensura) e dei genocidi.
ci sono tanti modi per opporsi al genocidio, all'occupazione, all'apartheid, alle violenze israeliane, dalle flotille verso Gaza alle manifestazioni per la Palestina, dal boicottaggio dei prodotti israeliani ai no da ripetere sempre, come insegna Bartleby.
Un giorno tutti diranno di essere stati contro è
QUI un’interessante intervista con Omar El
Akkad
Il 25 ottobre 2023, dopo tre settimane di devastanti
bombardamenti su Gaza, Omar El Akkad pubblica in rete queste parole: “Un
giorno, quando sarà sicuro, quando non ci sarà alcun rischio personale nel
chiamare le cose con il loro nome, quando sarà troppo tardi per ritenere
qualcuno responsabile, tutti diranno di essere stati contro”. Il post viene
visualizzato più di dieci milioni di volte. La sua veemente denuncia
dell’ipocrisia dell’Occidente dinanzi al genocidio di Gaza, del tradimento
della sua promessa di libertà e giustizia per tutti, suscita un’eco enorme.
Un giorno tutti diranno di essere stati contro,
il libro che El Akkad decide poi di scrivere dopo la morte di migliaia di donne
e bambini nella Striscia, è la cronaca di quella promessa tradita, il resoconto
della fine dell’idea che regole e principi, le “verità manifeste” della democrazia
occidentale, servano davvero a combattere il male e non a preservare il potere.
Se il male, infatti, non è semplicemente muovere guerra contro un nemico, ma
annientare un popolo intero riducendolo a nuda vita priva di ogni dignità e
pietà umane, Gaza è oggi uno dei nomi per designare il suo irrompere nel mondo,
il nome di un genocidio imperdonabile sotto ogni riguardo.
Disgusto o rabbia dinanzi a un simile evento non
hanno senso in questo libro crudo, doloroso e vulnerabile, nutrito dalla
certezza che vi saranno sempre esseri umani ritenuti non degni della promessa
di libertà, non soltanto arabi o musulmani o immigrati, ma chiunque non rientri
nella terra del privilegio chiamata Occidente. Nelle sue pagine, l’unica
possibile risposta sta in una rottura totale con il credo dell’Occidente. La
stessa rottura che risuona in ogni parte del pianeta, nelle strade delle grandi
città, nei campus universitari, nelle scuole. E che, nella scrittura lucida di
El Akkad, capace di mescolare racconti toccanti con spietate considerazioni sul
linguaggio dei media, trova la sua più formidabile eco…
…L’impero è
rinchiuso nella sua fortezza linguistica - una lingua attraverso il cui prisma
gli edifici non vengono mai distrutti ma bruciano spontaneamente, in cui le
esplosioni arrivano come vento dalle montagne, e le persone vengono uccise come
se essere uccise fosse l’unico ordine naturale e legittimo della loro
esistenza. Come se vivere fosse un’aberrazione. Questa lingua protegge forse la
frangia più assetata di sangue dell’impero, ma agli estremisti non interessano
le improprietà linguistiche. È invece il centro, il centro liberale,
benintenzionato e facilmente impressionabile che ha disperatamente bisogno
della protezione offerta da questo tipo di linguaggio. Perché è il centro
dell’impero che deve poter guardare tutto questo e dire, Sì certo, è tragico ma
è necessario, perché l’alternativa è la barbarie. L’alternativa al numero
infinito di esseri umani uccisi e mutilati e resi orfani e lasciati senza tetto
senza scuole senza ospedali, l’alternativa alle urla sotto le macerie e ai
cadaveri lasciati in pasto ad avvoltoi e cani, ai neonati che urlano condannati
a morire di fame, è la barbarie…
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