una giovane laureata fa un corso di doposcuola ad alcuni ragazzi e ragazze emarginati.
siamo in una piccola cittadina, che vive di agricoltura, grazie alle pesche.
quella cittadina è il mondo (come nel film La zona, di Rodrigo Plà), nel quale pochi comandano, moltissimi fanno i servi, ci sono spazi che non devono essere oltrepassati, i poveri e disgraziati da una parte, che facciano i servi nelle piantagioni di giorno, ma di sera non si facciano vedere, se no la pagano.
se ci pensate come in Palestina, un terribile genocidio, con decenni di occupazione feroce e a distanza di pochi chilometri la vita come sempre, scuole, feste, drink, il soldato è l'eroe, gli altri, gli indigeni, vanno distrutti.
Sara, grazie al prete, fa la volontaria con quei ragazzi e quelle ragazze, e impara a conoscerli, a capirli, a sostenerli, con mille difficoltà, lei sta in una terra di mezzo, fra la comprensione di quei (e quelle) giovani col destino segnato e l'ostilità della sua gente.
un libro sorprendente, da non perdere.
Il fiume Sele taglia in due la città, e Sara ogni giorno lo
attraversa per andare nella scuola di Basilici. I suoi studenti arrivano da
tutte le parti del mondo e la guardano con diffidenza. La chiamano Signorina
Bellafonte, perché anche se è nera (come la maggior parte di loro) non è una di
loro: è cresciuta di là dal fiume, suo zio è il guardiano del frutteto, e da
quelle parti le pesche le chiamano «oro rosa», perché sfamano molte famiglie.
Sara è la figlia adottiva di un professore di liceo e della cuoca dell'asilo.
Sua mamma preparava torte e coltivava rose, suo padre le ha insegnato la
passione per le parole: il suo mondo da bambina aveva confini certi. Ora don
Paolo le ha trovato questo lavoro, crede che lei sia la persona giusta. Giusta
perché? Questi ragazzini, che conoscono tre lingue e ne inventano una diversa
ogni pomeriggio, avranno pure il suo stesso colore di pelle ma la scrutano, la
sfidano di continuo. All'inizio non riesce a ottenere la loro attenzione
nemmeno per mezz'ora. Le parole non bastano piú, forse la strada per comunicare
passa per certe esperienze difficili del passato: ogni volta che si è sentita
diversa, nel posto sbagliato. Settimana dopo settimana quei nomi
impronunciabili e quei volti sfuggenti diventano piú famigliari: Tajaeli Kolu
che le assomiglia cosí tanto, Zakaria Laroui con l'occhio pigro e zero
modestia, Paul Bonafede che è mezzo italiano e sembra vergognarsene. Ma poi
scompare Charlie Dí, che stava sempre seduta al terzo banco, e intanto si
moltiplicano le aggressioni nel quartiere: ecco che questo processo accidentato
ma prodigioso di conoscenza reciproca rischia di interrompersi. Eppure certe
vite spezzate e ricucite possono ancora, come certi innesti, trovare il modo di
fiorire.
Mi è piaciuto tantissimo! Scesa dal treno sono rimasta seduta
dalla pensilina per poterlo finire. e non ritornare nel mondo reale.
Emozionante, toccante, vero e sincero anche se è una storia inventata.
Consigliatissimo.
Nessun commento:
Posta un commento