La domanda – una delle
domande – da farsi a proposito della questione greca è perché la stampa
italiana mainstream (telegiornali compresi) sia così compattamente schierata
nel dipingere una situazione ellenica disperata, fuori controllo, col popolo a
un passo dalla rivolta contro il suo governo, con le code ai bancomat come
immagine simbolo della crisi. Tutto ciarpame giornalistico di quartordine,
smentito da molti testimoni e da molti greci.
Il governo italiano
segue il medesimo copione, facendo dichiarazioni strampalate e irriguardose,
costruendo una cornice concettuale strumentale, grazie alla quale il nuovo
nemico degli italiani non sono più i rom e/o i migranti ma i greci.
Tsipras e Varoufakis,
personaggi politici il cui spessore non è nemmeno paragonabile a quello dei
commedianti da strapazzo italici, sono costantemente rappresentati come
pericolosi populisti, irresponsabili avventurieri che stanno trascinando il
loro paese nel baratro.
I greci medesimi, alla
fin fine, non sono altro che una caricatura dell’italiano meridionale, a ben
guardare, almeno nella rappresentazione mediatica che se ne da (sulla scia
dell’establishment e di buona parte dell’opinione publica tedesca): pigri,
approfittatori, disonesti, inaffidabili.
La situazione è
chiaramente tesa, non si può edulcorare questo fatto. A nessuno sfugge la
portata dei problemi in gioco. Nessuno può presumere di sapere cosa succederà
dal 6 luglio, dopo il referendum indetto dal governo ellenico, né in caso di
vittoria dei sì, né in caso di vittoria dei no.
In questo quadro, una
delle preoccupazioni principali in Italia è di assicurare che il caso greco è e
rimarrà isolato. Si usa la parola “contagio” per proclamarne l’impossibilità.
Come se la questione non fosse di natura economico-finanziaria, ma quasi
biologica. Come se il rischio fosse di diventare greci pure noi. E spero sia
evidente che quando dall’economico, dal sociale e dal politico ci si spinge
verso l’etnico e il biologico siamo già ben dentro un terreno concettuale
razzista.
È un raggiro
grossolano anche questo, naturalmente. Pensare che in un mondo così
interconnesso come il nostro i fenomeni macroscopici riguardanti una sua
porzione restino isolati fa semplicemente ridere. Sono quasi cinquecento anni
dal viaggio di Magellano intorno al globo terracqueo, dovremmo aver capito che
non c’è cosa del mondo umano che possa rimanere confinata al suo luogo di
origine. Figuriamoci sviluppi economici e politici di questa portata!
Fa specie che nella
trappola della disinformazione sistematica caschino facilmente anche molti
sardi, e a volte non tra i meno avvertiti. Anche dalle nostre parti si sentono
ormai commenti sprezzanti sui greci, simili a quelli che tanto spesso abbiamo
dovuto ingoiare noi stessi da parte di altri. L’atteggiamento di superiorità
con cui i sardi guardano alla Grecia è talmente assurdo da essere imbarazzante.
Non perché noi siamo
per forza da meno, ma perché dovremmo aver compreso che una delle vittime di
questa situazione siamo proprio noi. Chi in Sardegna si preoccupa della sorte
dell’Italia, a seconda di come andranno le cose in Grecia, dovrebbe fare un
pensierino a quel che succederà in Sardegna. Perché se l’Italia dovrà
sacrificare qualcosa, pur di continuare a raccattare le briciole dal tavolo dei
potenti della Terra, la Sardegna è in cima alla lista delle pedine
sacrificabili.
La lezione che
l’establishment europeo a guida tedesca vuole dare alla Grecia è del tipo
“colpirne uno per educarne diciassette (o venticinque)”. Non c’entra niente il
miliardo virgola sei o sette di differenza tra le proposte greche e quelle dei
suoi interlocutori internazionali. Pensiamo solo alle centinaia di miliardi
bruciati dalle borse in un paio di giorni a causa dell’incertezza del momento:
la sproporzione è troppo enorme per non essere evidente. Significa che non
siamo sul terreno dell’economia e della finanza, ma solo su quello della
politica.
Pensiamo di poter
essere immuni dalle conseguenze di tale “gioco del trono”? La Sardegna? Quella
terra in mezzo al Mediterraneo occidentale attualmente già in larga parte
svenduta a petrolieri (italiani o arabi che siano), a grandi corporation
predatrici, ad accaparratori, ad avventurieri, ai giochi di guerra? Se sarà
legittimato il diritto del grande capitale ad impossessarsi dei beni pubblici e
dei beni comuni, una delle vittime predestinate, e pure senza alcuna voce in
capitolo (a differenza della Grecia, che una classe dirigente ce l’ha), saremo
proprio noi.
Sperare che il governo
regionale e la politica sarda istituzionale nel suo insieme possano fare da
filtro, possano interporre una propria soggettività tra gli interessi
costituiti e la nostra vita, è un’illusione davvero pericolosa. La giunta
Pigliaru e i partiti rappresentati in consiglio regionale hanno l’unica funzione
di garatire quegli interessi, fosse anche ai danni dei sardi. Sono stati
selezionati con cura per svolgere al meglio il loro ruolo di podatari. Lo
sappiamo. Non c’è bisogno di tornarci su.
E allora, per chi
dovremmo parteggiare in questi giorni? Perché ci sono momenti in cui non ci si
può esimere dal prendere parte, e mi sa che siamo in uno di quelli. Stiamo
attenti a quello che rispondiamo, perché i prossimi ad avere bisogno difendersi
e di essere difesi dalla rapacità di centri di poteri più grandi e più forti
potremmo essere noi. Posto che non siamo già in quella situazione.
daqui
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