Poppi questa
notte non ha dormito.
Ieri sera ha
dato da mangiare a cinque tedeschi e poi, come ama fare, si è fermata a parlare
con loro.
Poppi è la
proprietaria nonché unica cuoca di una delle taverne più vere e più belle di
tutto il Mediterraneo, ai piedi dell'antico villaggio di Campos nel cuore di
Ikaria, l'isola greca dove secondo il mito si è infranto il sogno di Icaro.
Ieri sera ha
onorato gli ospiti tedeschi con i suoi piatti di carne e pesce cucinati nella
sua antica cucina, ampiamente al di fuori delle norme di igiene europee.
Alla fine
del pranzo si è seduta al loro tavolo, ha offerto dello tsipouro con masticha
(una resina aromatica utilizzata da sempre come mediciina per lo stomaco nelle
isole dell'Egeo) e si è fermata a parlare con loro.
Gli ospiti
tedeschi di Poppi hanno cercato di convincerla che c'è un'unica cosa che i
greci possono fare per uscire dal tunnel della crisi, ridurre il costo della
forza lavoro e abbassare i prezzi di terre e immobili. In questo modo potranno
essere terra di investimento delle economie forti del Nord Europa e degli altri
paesi dominanti. "Non avete nient'altro che voi stessi e la vostra terra,
non producete praticamente nulla: mettetevi al servizio degli altri
svalutandovi e così potrete anche voi godere degli investimenti di chi produce
e detiene ricchezza."
Poppi li ha
ascoltati, ha rispettato la regola dell'ospitalità e non li ha offesi. Ma poi è
stata molto male e non è riuscita a dormire.
Credo che
solo se riusciamo a capire fino in fondo perché Poppi non ha dormito, possiamo
anche pensare di capire cosa sta succedendo in queste ore in Grecia e in
Europa.
La questione
in ballo non è la sopravvivenza della Grecia o la tenuta dell'Euro.
Il tema vero
è quello sintetizzato, forse inconsapevolmente, dai sazi ospiti tedeschi di
Poppi.
La domanda
che ci dobbiamo fare non è se la Grecia riuscirà a rimanere nell'euro o se le
faranno uno sconto sul debito, ma è se vogliamo che l'Europa diventi o meno il
nuovo soggetto politico globale capace di porre dei limiti al potere illimitato
che oggi ha il capitalismo finanziario globale.
Se l'Europa
e i suoi governi si limitano ad applicare soluzioni tecniche per garantire
equilibri monetari che non disturbino i mercati, allora l'unico destino dei
greci (e presto anche degli italiani e degli spagnoli, in generale di tutti i
soggetti deboli e marginali, migranti in primis) è quello di allinearsi alle
regole dell'economia globale de-territoriaizzata, ovvero capace di muoversi
rapidamente e virtualmente lì dove le conviene e lì dove può massimizzare i
profitti e nascondere le rendite.
L'Europa
invece potrebbe decidere di diventare altro. Di essere il primo e, per ora,
unico soggetto politico ad aprire una nuova strada nel rapporto tra economia e
stato nell'era globale, imponendo in un territorio molto vasto un meccanismo di
contenimento della concentrazione di ricchezze e avviando una nuova politica di
redistribuzione e lotta alla disuguaglianza.
Ormai è un
dato sin troppo noto: la disuguaglianza in Europa e in tutto il mondo è in
costante ed esponenziale crescita. La classe media è soffocata e schiacciata
verso il basso, la maggioranza povera è sempre più larga e sempre più povera,
mentre la minoranza più ricca è sempre più ricca e sempre più libera da
controlli statali, grazie alla capacità dell'economia globale di cambiare
territori e di muovere patrimoni.
Per tornare
alla Grecia e per capire in soldoni di cosa stiamo parlando, il debito ellenico
è di circa 300 miliardi di Euro, mentre le ricchezze "nascoste" nei
paradisi off-shore si stima essere di circa 7-8000 miliardi di Euro.
Ma
ovviamente i due dati non vengono messi a confronto e molti mi direbbero che
non ha senso farlo.
Tecnicammente
so bene che i due dati non c'entrano l'uno con l'altro, ma politicamente
raccontano qual è l'orizzonte storico e sociale che la questione greca pone
alla nostra epoca.
Per questo,
dopo una lunga giornata passata con Poppi e con molti giovani greci in quella e
altre taverne, non ho dubbi che la posta in gioco in queste ore è squisitamente
e profondamente politica.
Syriza è un
soggetto politico che pone al centro della propria riflessione e azione la
necessità di individuare nuovi strumenti per ristabilire politiche di
uguaglianza sociale, che la sconfitta delle socialdemocrazie e la crescita
dell'economia finanziaria globale hanno schiacciato.
Lo sta
facendo a partire da un Paese dove la sofferenza è più forte e dove la rabbia
nei confronti del vecchio sistema statale è più dirompente.
Lo sta
facendo raccogliendo l'entusiasmo di molti giovani, che fanno parte di una
generazione che subisce sulla propria pelle le conseguenze dell'alleanza tra
finanza globale e corruzione nazionale.
Lo sta
facendo creando un'onda lunga di altri movimenti e partiti che attraversando
l'Europa potrebbero portare a sconvolgimenti di potere non certo graditi
all'attuale establishment ben radicato nei salotti dell'alleanza tra finanza e
politica.
Lo sta
facendo dicendo chiaramente che la politica deve avere come priorità la
salvaguardia della salute, del benessere e della dignità di tutti i cittadini
(e aprendo per altro anche il dibattito su chi siano oggi nella società globale
"i cittadini").
Lo sta
facendo non per il debito greco, ma a partire dal debito
greco e dicendo con chiarezza: noi non siamo quelli che hanno causato il
debito, ma siamo pronti a prendercene responsabilità, senza però rinunciare
alla priorità di salvaguardia della dignità delle persone.
Ciò che
forse non è chiaro ad altri europei è che in Grecia 5 anni fa l'Europa ha
chiesto agli stessi che avevano causato il debito con la loro insipienza e
disonestà di ricompensarlo attuando politiche di ingiustizia sociale, che hanno
falcidiato la vita di centinaia di migliaia di persone. Forse a pochi europei è
chiaro che 5000 persone in Grecia si sono suicidate in meno di 5 anni. Forse
pochi possono capire cosa significa avere nella stessa famiglia la pensione
dimezzata, i figli disoccupati e le bollette aumentate del 30 o 40 %. Forse
pochi altri europei possono immaginare cosa significhi non poter avere i
farmaci per curare il tumore del proprio figlio e della propria madre.
Condizioni
diventate normali per i cittadini greci, grazie alle richieste fatte
dall'Eurogruppo e dal FMI ai governi di Nea Democratia e Pasok per avere gli
aiuti necessari a ripagare il debito. Governi composti dalla stessa classe
dirigente che aveva causato il debito fingendo ricchezze inesistenti e
abituando i cittadini a stili di vita e di consumo ben sopra le righe.
Siryza ha
attaccato e sconfitto non solo quelle classi dirigenti, ma anche i principi
delle politiche sociali che quelle classi dirigenti hanno applicato nel
rispetto delle linee guida dei poteri europei.
Per questo
oggi il Governo di Syriza chiede che quei principi siano cambiati e che la
questione del debito sia messa in secondo piano rispetto alla necessità di
ridare dignità e salute a tutti i cittadini.
Chi oggi
attacca Syriza e la Grecia accusandoli di non voler ripagare il debito come
tecnicamente necessario, è chi non ha e non vuole avere il coraggio di aprire
un nuovo orizzonte di giustizia sociale.
Chi oggi
alza l'allarme per il rischio che la Grecia trascini l'Europa nel baratro, lo
fa perché vuole isolare e sconfiggere politicamente Siryza e chi insieme a
Syriza crede nella necessità di una nuova politica sociale europea e globale.
Chi oggi
diffonde notizie di panico e di paura, lo fa perché spera che in Grecia ritorni
la classe dirigente che ha causato il debito, che ha falcidiato migliaia di
famiglie, ma che ha nello stesso tempo garantito fedeltà all'alleanza tra
finanza e politica.
Per questo
oggi non è in gioco la scelta della Grecia di stare in Europa, ma la scelta
dell'Europa di capire la Grecia.
Per tutto
questo Poppi ieri notte non ha dormito.
E per tutto
ciò dovremmo avere il coraggio di capire perché.
Buon
referendum.
Andrea Segre
Nessun commento:
Posta un commento