(Dedicato a Toni Zafra)
Domenica
sera, vigilia della fine dei colloqui d’esame. Già, la Maturità… mamma mia!
L’apoteosi della vuota burocrazia, dei conti che debbono tornare ad ogni costo,
delle ansiose domande senza risposta… Domenica sera. Ci sono i burattini, per
le strade del centro. L’ho promesso alle bimbe: ora mi tocca portarcele.
Assolutamente.
Sono stanco,
svuotato. Guido-parcheggio-passeggio nevroticamente. In piedi, scomodo, in
mezzo alla calca… Ho sempre amato burattini e marionette. Le loro sporadiche,
vivaci incursioni nella mia quotidianità mi hanno sempre procurato un piacere
nascosto, improvviso e variopinto; uno di quei pochi piaceri che abitano in
qualche recondito recesso della mia concitata anima, fin dalla prima infanzia.
Ma stasera no; stasera mantenere la promessa mi pesa.
Passiamo da
un teatrino all’altro, spostandoci per antiche stradine che solcano il cuore di
questa elegante, piccola città. Poi, finalmente, ci sediamo di fronte al palco
più importante, tra tutti quelli allestiti qua e là. Nel giro di poco, ecco
spuntare un tipo un po’ buffo, vestito di nero, con un anonimo berretto con
visiera calcato sulla testa. Anche il berretto è nero; tutto nero,
naturalmente.
Quando la
musica parte, sbigottisco. L’uomo armeggia, sapientemente sinuoso, appeso ai
fili delle sue marionette, con una grazia che rapisce, che innamora. Le sue
creazioni aprono e chiudono gli occhi; respirano, persino. E lo fanno per lui,
solo per lui. Due ballerine di legno compiono fiorite evoluzioni nell’aria,
sostenendosi reciprocamente con un realismo che ha dell’impressionante. Par di
vedere i muscoli contratti, sotto le colorate tutine. Un giocoliere tira in
aria variopinte palline: se le mette sul capo, le prende al volo! Tutto sembra
perfettamente vero. Una creazione nella creazione. Il simpatico dio con il
berretto nero gode e soffre con loro. Freme, gioisce, piange ed esulta,
accompagnando con le sue lunghe, sapienti dita, il fluire leggero dei movimenti
delle sue creature.
A cosa serve
quest’uomo? Chi lo potrebbe assumere in un’azienda? Con quale curriculum? Cosa
diavolo è capitato nel mezzo del suo cervello, per sentirsi spinto a rincorrere
una tale perfezione in un lavoro così perfettamente inutile? Cosa ne sa, quel
dio piccoletto e nero, di economia globale, di Spread, di Spending
Review? Come c’è finito qua sotto? Chi l’ha precipitato in questo
lugubre scantinato dell’esistenza? Qui, dove tutto ha un motivo, dove nulla si
fa senza una ben precisa utilità?
Il pensiero
si tuffa, improvviso, nel vuoto, sfracellandosi ripido al suolo. In un attimo
torna al mio sempre più cupo lavoro, alla scuola di oggi. Debiti,
crediti… l’orientamento scolastico… dai, che ridere! Voglio vedere
chi consiglierebbe agli alunni, nella scuola progettata da banche, gruppi
editoriali e industrie, di calcarsi un cappello nero in testa girando per strade e città con un
mucchio di marionette sulla schiena. La Crescita economica, lo Sviluppo,
il Domani. Bla, bla bla…
Fate bene,
Signori, a continuare così. Siete sulla strada giusta. State annullando
scrupolosamente ogni minima possibilità che personaggi inutili come questo,
persino un tantino fastidiosi e scomodi, possano scendere ancora quaggiù, tra
di noi. Continuate così, se volete che gente come lui si trasformi soltanto in
un brutto e lontano ricordo. Uccidete anche gli ultimi palpiti di vita, anche
gli ultimi sogni. Massacrate, per carità, il Maestro che ancora si annida in
alcuni di noi. Sopprimete con cura ciò che resta del vecchio Docente.
Idealista, distratto, sognatore… Annientate per sempre la curiosità, la
fantasia, la voglia di cambiare qualcosa. Strangolate nel buio l’ultima
domanda, l’ultima incertezza; annullate le pause, i silenzi, gli sguardi.
L’insegnante
spaventato dalla burocrazia, travolto dalla paura di non timbrare il cartellino
in tempo, attanagliato dall’ansia da ricorso… Questo ci vuole! Il docente-impiegato full
time. Un tipo così può soltanto produrre soldatini, è evidente. Burattini, ecco
sì! (Strani scherzi fa l’inconscio). Burattini, sì. Ma mai, mai più “inutili” e
pericolosi burattinai. Un docente come i vostri può formare perfetti burocrati,
individui sordi, sensibili al soldo soltanto, votati alla convenienza,
all’utile sommo. Può azzerare alla perfezione, nei suoi ragazzi, ogni traccia
di riflessione morale, riducendo tutti i loro scrupoli alla sola legalità,
la vostra legalità, così come da anni sognate;
quella che da decenni ci propinate attraverso un’educazione civica fredda e
mnemonica, che ha preso il definitivo sopravvento sull’Etica. Perché tanto le
leggi chi le fa, se non voi? Mentre la Morale, quella no. La Morale è
pericolosa. La Morale costringe a riflettere. E il pensiero rende troppo,
troppo liberi, accidenti!
Un sogno che
si avvera, il vostro. Gettare al fuoco anche le ultime tracce di pericolosi
modelli stile Mattia Pascal o Winston Smith, gli ultimi incontrollabili
riflessi di bizzarre geometrie non euclidee, i residui brandelli delle
disubbidienti invettive di un Thoreau… Piazza pulita di tutto ciò che diverge,
che non risponde alle vostre direttive, che non si fa trascinare dai vostri
fili.
Una sola
precauzione vi consiglio di adottare, immaginando di parlarvi in questo strano
monologo mentale che mi sto costruendo stasera; in questo fluire di strani
pensieri che mi affollano la testa, ora che – pieno di commozione – sto facendo
ritorno alla macchina con la mia allegra e più sollevata famiglia.
Ricordatevi
sempre di portare con voi la vostra carta di credito, o il denaro, se
preferite. Ricordatevene, mi raccomando. Un domani, doveste venir colti da
infarto e stramazzare al suolo, doveste aver bisogno di improvviso soccorso, i
vostri zelanti burattini vi scavalcherebbero inesorabili, con quella stessa
freddezza, con quello stesso utilitaristico cinismo con cui ce li avete fatti
allevare. Portateveli dietro, i vostri soldi. E pagateli bene.
Altrimenti
nessuno di loro si fermerà mai, nemmeno un istante, a tendervi la sua gelida e
anonima mano.
Nessun commento:
Posta un commento