lunedì 4 gennaio 2016

L’impero dell‘assurdiozia - Uri Avnery



Il terrorismo è un’arma. Come un cannone. Rideremo in faccia chiunque dichiarerebbe la 
guerra contro un ”artiglieria internazionale”. Un cannone appartiene ad un esercito, 
servendo gli obiettivi di questo esercito. 
Il cannone di una parte spara sul cannone dall’altra parte.
Il terrorismo costituisce un modus operandi frequente messo in atto da popoli sottomessi, tra cui la resistenza francese contro i nazisti durante la seconda guerra mondiale. Derideremo chiunquedichiarerebbe la guerra contro “la resistenza internazionale”.
Carl von Clausewitz, il pensatore militare prussiano, ha  detto la famosa frase secondo cui la guerra era semplicemente “la continuazione della politica con altri mezzi  Se vivesse con noi oggi, direbbe: “Il terrorismo significa “una continuazione della politica con altri mezzi.”
Il terrorismo letteralmente significa far paura alle vittime, affinché capitolino dinnanzi alla volontà del terrorista.
Il terrorismo è un’arma. Abitualmente è l’arma dei deboli, di coloro che non possiedono bombe atomiche come quelle gettate su Hiroshima e Nagasaki, terrorizzando i giapponesi per costringerli ad arrendersi. Oppure gli aerei che distrussero Dresda, tentando (in vano) di terrorizzare i tedeschi per costringerli alla resa.  
Visto che la maggior parte dei gruppi e dei paesi che applicano il terrorismo persegue diversi obiettivi che spesso si contraddicono tra loro, non esiste nulla di “internazionale”, quando si tratta di terrorismo. Ogni campagna terrorista ha un suo carattere del tutto specifico, per non parlare del fatto che nessuno si considera terrorista, ma solo un combattente per Dio, la Libertà e altro.
(Non riesco a smetterla di vantarmi della mia massima inventata tanto tempo fa secondo cui “il terrorista dell’uno sarebbe il combattente per la libertà dell’altro”). 
MOLTI ISRAELIANI MEDI, dopo gli eventi di Parigi, sono profondamente soddisfatti. “Ora finalmente questi maledetti europei sentono quello che sentiamo noi tutto il tempo!”
Benjamin Netanyahu, un pensatore scadente, ma un brillante venditore, ha avuto l’idea di creare un legame diretto tra il terrorismo jihadista in Europa e il terrorismo palestinese in Israele e nei territori occupati.
Un colpo geniale: Se le due cose si equivalessero, i ragazzi palestinesi con i coltelli e gli addetti di ISIS in Belgio sarebbero la stessa cosa, e allora non ci sarebbe nessun problema israeliano-palestinese, nessun’occupazione, nessune colonie, ma solo il fanatismo islamico. (Ignoriamo i molti arabi cristiani che fanno parte delle organizzazioni “terroristiche” laiche palestinesi). 
Questo non ha nulla a che vedere con la realtà. I palestinesi che desiderano combattere o morire per Allah, vanno in Siria. I palestinesi sia religiosi che laici che in questi giorni sparano su soldati e civili israeliani, che li accoltellano o investono con una macchina, vogliono solo essere liberi dall’occupazione e vogliono un loro stato. Si tratta di un fatto talmente manifesto, che anche una persona con un quoziente di intelligenza limitato tra i nostri ministri attuali potrebbe capirlo. Ma se lo facessero, si troverebbero dinanzi a delle scelte sgradevoli  riguardo al conflitto israelo-palestinese.
Allora manteniamo la conclusione comoda: Ci uccidono, perché sono nati terroristi, perché viene loro promesso che in paradiso incontreranno 72 vergini, perché sono antisemiti. Infatti come predica Netanyahu, completamente soddisfatto: “Vivremo per sempre con la spada”. 
PER QUANTO tragiche possano essere le conseguenze di un atto terroristico, la reazione europea agli eventi recenti ha qualcosa di assurdo. 
Il colmo dell’assurdozia è stato raggiunto a Bruxelles, quando in seguito alla fuga di un solo terrorista si è paralizzata per giorni la capitale, senza che fosse stato sparato un unico colpo. E fu il successo ultimo del terrorismo nel senso più letterale: usando la paura come arma.
Ma anche la reazione a Parigi non era molto meglio. Il numero delle vittime di questo atto barbarico era elevato, ma simile al numero di persone uccise sulle strade francesi ogni paio di settimane. Sicuramente era un numero molto inferiore al numero di vittime di una sola ora durante la Seconda Guerra Mondiale. Ma qui non conta il pensiero razionale. Il terrorismo lavora sulla percezione delle vittime. 
Sembra impensabile che dieci individui medi con un paio di armi primitive possano suscitare il panico a livello internazionale. Ma è un dato di fatto. Sostenuti dai mass-media, che approfittano sempre di questi avvenimenti, oggigiorno gli atti terroristici diventano minacce internazionali. I media moderni di per sé sono i migliori amici dei terroristi. Senza i media il terrorismo non potrebbe mai fiorire.
Il prossimo migliore amico dei terroristi è il politico. Infatti il politico non riesce quasi mai a resistere alla tentazione di fomentare l’onda del panico. Il panico crea una certa “unità nazionale”, il sogno di ogni regnante. Il panico sviluppa il desiderio di un “leader forte”. Si tratta di un istinto basilare dell’essere umano.
François Hollande è un tipico esempio. Politico mediocre, ma comunque furbo, ha approfittato dell’occasione per atteggiarsi a leader. “C'est la guerre! (Siamo in guerra!)”, ha dichiarato, fomentando un delirio nazionale. Naturalmente non si tratta affatto di una “guerre”. Non ci troviamo infatti nella terza guerra mondiale. Invece si tratta solamente di un atto terroristico compiuto da un nemico nascosto.
In realtà questi avvenimenti non fanno che nascondere un’incredibile balordaggine onnipresente dei leader politici che non sanno cogliere la sfida. Reagiscono a delle minacce inventate e ignorano quelle vere. Non sanno quello che fanno. Tengono dei discorsi, organizzano delle conferenze e bombardano qualcuno (non importa chi e per quale motivo).
Visto che non comprendono la malattia, la loro medicina è peggio della malattia stessa. I bombardamenti creano distruzione. La distruzione crea nemici che poi vogliono vendicarsi. I nostri politici dunque collaborano direttamente con i terroristi.
Fu uno spettacolo triste vedere tutti questi leader mondiali,  capi di paesi potenti, correre in giro come dei topi in un labirinto, incontrarsi, tenere dei discorsi, dare delle spiegazioni insensate e completamente incapaci di fronteggiare la crisi.
IL PROBLEMA infatti risulta molto più complicato di quanto possa sembrare a delle menti semplici, a causa di un fatto inusuale : questa volta il nemico non è una nazione, e neppure uno stato o un vero e proprio territorio, ma un’entità indefinita: un’idea, uno stato d’animo, un movimento che ha una base territoriale da qualche parte, senza essere comunque uno stato.
Non si tratta comunque di un fenomeno senza precedenti: più di un secolo fa il movimento anarchico compieva degli atti terroristici in ogni luogo, senza avere alcuna base territoriale. E 9 secoli fa una setta religiosa senza paese, gli Assassini (una corruzione della parola araba hashishin, “consumatori di hashish”) terrorizzava il mondo musulmano.
Non so come combattere in modo efficiente lo Stato (o piuttosto il Non-Stato) Islamico. Temo che nessuno lo sappia. Sicuramente non sono le teste di cazzo che popolano i diversi governi
Non credo neppure che un’invasione territoriale sia in grado di distruggere questo fenomeno. Ma un’invasione di questo tipo sembra alquanto improbabile. La Coalizione dei Riluttanti, messa insieme dagli Stati Uniti, sembra non essere disposta ad un’invasione con truppe di terra. Le uniche forze che potrebbero provarci – gli iraniani e l’esercito del governo siriano – sono odiate dagli Stati Uniti e dai loro alleati locali.
Ma se ci si mette a cercare un esempio di totale mancanza di orientamento che confina con la follia, si ritrova l’incapacità degli Stati Uniti e delle potenze europee di optare per l’asse Assad-Iran-Russia oppure per la fazione IS-saudita-sunnita. Anche aggiungendo il problema turco-curdo, l’avversione tra russi e turchi e il conflitto israeliano-palestinese – il quadro ancora non è completo.
(Per gli appassionati di storia, è affascinante vedere la rinascita della lotta secolare tra Russia e Turchia).
Si diceva che la guerra sarebbe troppo importante per abbandonarla ai generali. La situazione attuale è troppo complicata per lasciarla ai politici. E allora chi rimane? 
GLI ISRAELIANI (come sempre) pensano di poter insegnare qualcosa al mondo. Noi conosciamo il terrorismo. Noi sappiamo cosa fare.
Ma davvero?
Da settimane Israele vive nel panico. Visto che non si trova una definizione migliore, il fenomeno lo si chiama “ondata di terrorismo”. Ogni giorno due, tre, quattro giovani – incluso tredicenni – attaccano degli israeliani con dei coltelli, li investono con dei veicoli e normalmente vengono immediatamente uccisi. Il nostro rinomato esercito le prova tutte e programma anche delle vendette draconiche contro le famiglie e vendette collettive nei confronti di villaggi. Ma il tutto non serve a niente.
Sono degli atti individuali, spesso del tutto spontanei, e per questo quasi impossibili da evitare. Non si tratta di un problema militare, ma politico e psicologico.  
Netanyahu come Hollande e compagnia tenta di cavalcare quest'onda. Cita l’olocausto (paragonando un ragazzo sedicenne di Hebron con un ufficiale incallito dell’SS ad Auschwitz) e parla senza fine dell’antisemitismo.
E tutto per annientare una realtà lampante: l’occupazione con le sue insidie quotidiane, o meglio compiute ogni ora e ogni minuto contro la popolazione palestinese. Alcuni ministri del governo non nascondono neppure il loro obiettivo di annettere la Cisgiordania e di scacciare completamente un giorno o l’altro il popolo palestinese dalla sua patria.  
Non esiste un collegamento diretto tra il terrorismo dell’ISIS attraverso il mondo e la lotta nazionale palestinese per uno stato. Ma se questo problema non viene risolto, i problemi si mischieranno – e un ISIS molto più potente unirà il mondo musulmano, come lo fece a sua tempo Saladino per opporsi a noi, i nuovi crociati.
Se fossi credente, mormorerei: Dio non voglia!

(Tradotto da Milena Rampoldi  - Editato da Fausto Giudice)

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