domenica 31 gennaio 2016

un'intervista con Alaa Al-Aswany

«Quei 18 giorni sono stati i più belli della mia vita. Belli e difficili». Al telefono dal Cairo Alaa Al-Aswany, autore di uno dei romanzi arabi più amati e venduti in tutto il mondo, «Palazzo Yacoubian», ripensa alla rivoluzione di Piazza Tahrir di cinque anni fa. «Per 18 giorni, la mia famiglia aspettava che tornassi a casa da Piazza Tahrir alle 6 del mattino, passavo sempre per dire loro che ero ancora vivo. Poi, all’1 del pomeriggio tenevo una conferenza stampa nella mia clinica odontoiatrica perché spiegare cosa stava succedendo era mio dovere in quanto scrittore indipendente. Anche le mie figlie May e Nada di 19 e 20 anni, e il maschio Seif, che è più grande, hanno partecipato alla rivoluzione: lui il 28 prese anche parte in una marcia dove la gente fu uccisa, ma non potevo impedirglielo ovviamente. Siamo una famiglia rivoluzionaria, dai tempi di mio padre». La rivoluzione di Piazza Tahrir quest’anno non è stata celebrata con le manifestazioni: il regime di Al Sisi le ha proibite, ha condotto migliaia di arresti preventivi, ha istruito gli imam a predicare che protestare è peccato. Ma la primavera tornerà, secondo Al-Aswany, che sta scrivendo un nuovo romanzo, intitolato «La Repubblica come se», per tenere viva la memoria della rivoluzione. «In una dittatura – spiega così il titolo – tutto appare come se fosse reale, ma l’unica verità è la volontà del dittatore. Racconterò la lotta dei giovani rivoluzionari di Piazza Tahrir, e come la religione è stata usata contro la rivoluzione»

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