martedì 30 gennaio 2018

Omar Chan, che aveva 18 anni, le cuffie sulle orecchie, e non si è accorto del treno - Michela Calledda



Si chiamava Omar Chan, ed era originario del Gambia. Era un ragazzo timidissimo e dai modi gentili. Aveva lo sguardo triste e spaesato. Era semianalfabeta, dicono, e per questo forse parlava poco. È scivolato tra le rotaie mentre camminava accanto alla strada ferrata con le cuffie nelle orecchie. Non si è buttato, è stato solo un incidente. Dicono così. Le cronache gli hanno restituito un nome e un’identità solo un giorno dopo. Nei commenti alle pagine dei giornali che raccontavano della sua morte qualcuno ha detto che era meglio così, che era uno in meno. Aveva diciotto anni, Omar e le cuffie sulle orecchie. Ascoltava musica e non ha sentito il treno che arrivava.
Era sabato e soffiava maestrale. Avevo messo un vestito leggero per uscire di casa, uno dei miei preferiti: quello nero con dei fiori ghiaccio e ocra stampati sul tessuto. La giornata sembrava mite, il vento ancora leggero. Sarei dovuta tornare presto, l’avevo promesso anche a mia figlia che non avrei fatto tardi. Avevo lavorato fino alle 18 e venti minuti dopo sedevo su una delle panchine di marmo, alla stazione di Cagliari e aspettavo il treno che mi avrebbe riportata a casa.
Intanto il maestrale era di nuovo salito, mi sferzava gelido in faccia. Provavo a nascondermi dietro un’enorme sciarpa di lana senza trovare riparo e ristoro. Avrei dovuto coprirmi di più, pensavo, questo vestito è troppo leggero. Maledetta Trenitalia, mi dicevo, senza sapere. Intanto il treno per Oristano accumulava minuti di ritardo, cominciavano a inseguirsi le cancellazioni mentre l’altoparlante lanciava un messaggio che suonava sinistro e preoccupante: parlava di ritardi, parlava di problemi tra Assemini e Cagliari, parlava di accertamenti della polizia giudiziaria. Finché, sul telefono, mi è arrivata notizia di un incidente e sulla banchina le voci hanno cominciato a inseguirsi. Qualcuno si è buttato sulle rotaie; finché non arriva il magistrato per il riconoscimento la linea rimarrà chiusa, dicevano. Non si trova il corpo, diceva qualcun altro.
E’ così che un giorno qualunque la mia vita ha inciampato su quella di uno sconosciuto. Era sabato, indossavo un vestito leggero a fiori, c’era vento e un treno che non arrivava mai. Io volevo solo rientrare a casa, da mia figlia ed era tardi. Omar era rimasto sui binari, per volere o per sfortuna. Chissà lui cosa voleva.

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