lunedì 22 gennaio 2018

Giulio, che avrebbe compiuto 30 anni - Domenico Chirico

In questi giorni Giulio Regeni avrebbe compiuto 30 anni. Un giovane studioso nel pieno della sua carriera e crescita professionale. Un uomo cresciuto nel mondo ed uno dei molti talenti italiani in giro per il mondo. Un ex studente dei Collegi del Mondo Unito, come chi scrive. Un cittadino che attraversava senza paure e con enorme intelligenza e curiosità il globo, dagli Stati Uniti al Friuli, passando per Cambridge ed Il Cairo.
Una vita strappata dalla realpolitik. Ad oggi abbiamo delle certezze. E’ stato ammazzato brutalmente dagli apparati di sicurezza egiziani. I metodi sono quelli e su questo non ci sono stati dubbi sin dal primo momento. Pietà ha voluto che fosse restituito il corpo dopo un’operazione maldestra. Probabilmente la presenza di un Ministro italiano in quelle drammatiche ore di due anni fa permise che alla famiglia arrivassero le spoglie di Giulio.
Poi è cominciato il teatro. Di cui è inutile ricordare le scene più tristi e le molte altre vittime innocenti. Sappiamo solo che l’Italia ha fatto di nuovo una brutta figura a livello internazionale. Un paese debole che può cedere di fronte ad interessi superiori, di solito di tipo commerciale. Del resto il bellissimo libro di Enrico Calamai sulla scarsa protezione offerta ai concittadini in Argentina e Cile durante l’epoca delle dittature e dei golpe fu già molto chiaro. Si sperava in qualche passo avanti, dopo 40 anni. Invece l’interesse commerciale e geopolitico è sempre superiore. In due anni dall’omicidio di Giulio non è mai stato davvero sospeso il flusso turistico verso l’Egitto, tantomeno gli accordi dell’ENI. Che, come gli affari della nostra industria degli armamenti, sono intoccabili e dettano più di ogni altra cosa le scelte della politica estera italiana.
Al regime egiziano è stato di fatto inviato un messaggio di disimpegno da parte italiana. Il rientro dell’Ambasciatore qualche mese fa, a riflettori spenti o in via di spegnimento, ha chiuso la vicenda. Forse un giorno ci sarà un colpevole. Forse no. Il tempo passa, il sacrifico di Giulio rimane, nel ricordo e nelle battaglie di due tenaci genitori e di un gruppo di amiche ed amici che non vogliono dimenticare.

Da questi due anni usciamo più deboli a livello internazionale. I cittadini italiani che si impegnano all’estero sono più a rischio, nonostante la buona volontà di alcuni politici e diplomatici. Ci sono stati casi dopo quello di Giulio, come l’arresto del giornalista Gabriele del Grande in Turchia o le recenti minacce ad operatori di pace in Colombia in cui c’è stato un intervento tempestivo ed efficace delle istituzioni. Interventi importanti ma rimane il dubbio che ci siano luoghi e situazioni in cui non si può, non si deve.
Sul caso di Giulio, poi, continuano a girare tante voci. Da quelle che tutta l’operazione sia stato uno sgambetto fatto da qualche altra potenza alle buone relazione Italia-Egitto a quelle della guerra interna tra gli apparati egiziani. La conclusione è sempre la stessa, dopo due anni mancano verità e giustizia per Giulio. Né ci sono dei barlumi di luce. In vista delle prossime elezioni le forze politiche italiane sembrano molto poco interessate in campagna elettorale alla politica estera. Si fa fatica a scovare delle proposte a riguardo. Si fa fatica a capire quale pensano debba essere il ruolo dell’Italia fuori dall’Europa a parte il controllo delle migrazioni.
Giulio era una mente brillante. Che come tante altre sparse per il mondo andava salvaguardata e valorizzata per capire come guardare al futuro. Invece siamo fermi agli slogan retrogradi. Di un’Italia che ha deciso di costruire invece tanti muri. Mentre bisogna aver paura di questo baratro e non del futuro.

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