domenica 10 novembre 2019

Cuocere a bassa temperatura – Alberto Baccini



Per capire cosa è successo alla scuola italiana ed il cammino della “valutazione” è possibile partire da un recente libro di Roberta Calvano (Scuola e Costituzione, tra autonomie e mercato, Ediesse 2019).
In estrema sintesi, l’istruzione da diritto/dovere costituzionale è stata trasformata in una “funzione”. Come scriveva Cassese nel 1990: «La scuola non serve allo stato, non ne è organo, né può essere organo della regione, della provincia o del comune, ma serve a una funzione, quella dell’istruzione di cui è responsabile». Si è così realizzata una una progressiva “destatalizzazione” della scuola, auspicata al fine di «spogliare l’apparato centrale dei compiti gestionali, attribuendogli funzioni di determinazione di ‘standards’ e di ‘guidelines’, e funzioni di valutazione e di ‘audit’» (Cassese 1990).
Questo passaggio trova la sua origine nel clima culturale del new public management, ma sopravvive oggi con riferimento all’autonomia differenziata che vuole limitare lo Stato alla di definizione delle condizioni minime della funzione, i Livelli Essenziali di Prestazione (LEP).
Nel passaggio da diritto a ‘funzione’ c’è la traiettoria del ragionamento degli economisti che hanno definito la struttura concettuale dentro la quale impostare le politiche dell’istruzione, non solo in Italia. Sostanzialmente le istituzioni si giudicano per la loro ‘efficienza’ e al massimo si può discutere, eventualmente e solo dopo, di equità.
Per rendere la scuola efficiente ci sono due opzioni:
·         Opzione mercato:
o    Consiste nel dotare gli studenti della possibilità di scegliere, scuola, materie etc. e loro sceglieranno “con i piedi”; l’esempio estremo è quello del “buono scuola” (voucher scolastico)
·         Opzione pianificatore centrale (che in Gran Bretagna è ormai definito “stalinismo manageriale”):
o    Consiste appunto nel definire standard e guidelines;
o    E nello sviluppo di una valutazione centralizzata costituisce un «quasi-mercato».
In questo quadro si inserisce la nascita dell’Invalsi, originariamente pensato forse soltanto per la valutazione di sistema, ma ben presto piegato allavalutazione individuale. Il documento chiave per capire gli sviluppi di INVALSI dalla sua nascita ad oggi è un documento prodotto da Daniele Checchi, Andrea Ichino e Giorgio Vittadini (4/12/2008) per l’allora ministro Maristella Gelmini:  “Un sistema di misurazione degli apprendimenti per la valutazione delle scuole: finalità e aspetti metodologici”. In quel documento sono auspicati tutti i passaggi poi realizzati concretamente e senza soluzione di continuità dai governi di centrodestra e centro sinistra.
Come si si evince dalla lettura de I quaderni di Euridice 2016, Invalsi è un unicum in ambito europeo. INVALSI valuta 1) livelli competenze degli studenti; 2) i divari tra scuole Nord e Sud; 3) la qualità delle scuole; 4) il “valore aggiunto”; 5) la qualità degli insegnanti; 6) (indirettamente) i dirigenti scolastici, visto che i risultati entrano negli obiettivi di performance per la retribuzione di risultato dei dirigenti scolastici.
L’obiettivo dichiarato nel documento di Checchi-Ichino-Vittadini e attuato progressivamente negli anni successivi è la progressiva eliminazione degli insegnanti nei processi di valutazione. Gli insegnanti sono infatti inaffidabili e hanno interesse a barare (cheating). Valutatori esterni o addirittura “il computer” possono sostituirli. Nella presentazione del Rapporto Invalsi 2018 si sottolinea che la correzione automatica riduce il cheating, vale a dire i comportamenti opportunistici tenuti dagli insegnanti per poter avvantaggiare i propri studenti ed avere risultati migliori: «La legislazione più recente implicitamente sembra ammettere che la scuola non ha in sé gli strumenti per valutare il livello dei suoi discenti» (Calvano, 2019).
Il direttore di INVALSI ormai certifica le competenze degli studenti in uscita dalla secondaria superiore, trasformando i risultati di prove standardizzate in descrizioni fini delle competenze del singolo studente. Nella figura si può vedere la firma del Direttore INVALSI in calce ad una certificazione raffinitassima delle competenze di una studentessa di quinta secondaria superiore.




Ma chi ha corretto le prove INVALSI di quella studentessa?
La presidente INVALSI scrive nella presentazione del rapporto 2018 che ormai le prove sono corrette in automatico.

A commento di un articolo di Anna Angelucci dedicato al tema della valutazione automatica, Matteo Viale ha scritto:
“Sono di parte perché ho collaborato con l’INVALSI e sui dati INVALSI ho fatto ricerca. Proprio per questo, ho avuto però modo di vedere dall’interno la macchina organizzativa dell’Istituto e posso testimoniare che le domande aperte a cui gli studenti rispondono a computer (CBT) sono corrette da persone in carne e ossa, tutte con almeno una laurea magistrale, attraverso un lavoro serrato ma certosino di codifica dei dati sulla base di griglie di correzione riviste e via via discusse e aggiornate per rappresentare correttamente le risposte corrette, tutto svolto con ritmi serrati e con il peso di una responsabilità che incombe. Nessuno spazio per l’automatismo, persino per le risposte aperte univoche, che vengono comunque vagliate “a mano”, una per una.” (16 aprile 2019).
Chi dice la verità? La Presidente di INVALSI Ajello o Viale?
In ogni caso, che sia il computer o un esercito di correttori, la valutazione e la certificazione delle competenze non compete più agli insegnanti. E siamo in attesa di qualche zelante ateneo che, seguendo l’auspicio di Ichino, decida di ammettere gli studenti ai propri corsi di studio sulla base della certificazione INVALSI.
L’altra questione è cosa misurano  le prove INVALSI? In una intervista radiofonica la presidente Aiello ha usato l’infelice metafora del colesterolo nel sangue. Le prove INVALSI sono basate su un modello, il cosiddetto “valore aggiunto”. E misurano non certo grandezze osservabili in natura, ma qualcosa che è definito solo dentro quel modello. E c’è ormai ampia letteratura internazionale (basta dare un’occhiata ai post dedicati al tema su roars) che ormai ha messo in discussione da diversi punti di vista proprio quel modello.
Infine un accenno alla misurazione delle soft-skills e al progetto INVALSI-VIPS. Si resta perplessi di fronte ai tentativi di Invalsi si valutare empatia, grinta e auto-controllo, E si resta più che perplessi soprattutto per le sperimentazioni messe in atto per la Scuola dell’Infanzia. Una sperimentazione che stando ai comunicati ufficiali non è mai esistita. Ma di cui si trova traccia in pubblicazioni scientifiche che ne riferiscono i risultati.
In conclusione: la riduzione della istruzione da diritto a funzione affidata ad un governo tecnocratico svincolato dal controllo parlamentare ha dato l’avvio alla creazione di una élite di tecnici e un indotto di dimensioni non trascurabili (illiberal reformers!). Rientra in questo percorso anche il recente cambio di retorica: anziché mettere l’accento sul cheating che è stato il leit-motiv di anni di comunicazione INVALSI, adesso di scopre “l’equità”. Secondo una parabola già vista all’opera altrove (Mueller, Tyranny of metrics)
Come la rana, se la scuola non viene fatta saltare fuori dalla pentola, finirà bollita.
POST-SCRIPTUM. Nei suoi interventi la Presidente Ajello ha continuato a negare l’esistenza del progetto INVALSI-VIPS. E non ha risposto alla domanda su chi corregge le prove INVALSI: computer o correttori umani?

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