alcune atmosfere ricordano quelle dei bar del Cairo (nei libri di Mafhouz, o Ala Al Aswani, per esempio).
Atiq Rahimi sa scrivere, e bene, ma preferisco molto di più "Terra e cenere", non doveva dimostrare di essere bravo - franz
Rassul è deciso a vendicare l'onore
della donna che ama, costretta a prostituirsi da un'anziana usuraia.
Maledetto Dostoevskij è un romanzo
sospeso tra l'allucinazione e la realtà, tra le dinamiche private di un giovane
problematico e un Paese in guerra, tra Dostoevskij e Kafka. Per essere
ambientato in Afghanistan Maledetto Dostoevskij è
colpevolmente privo di spunti sociali: se non esplodesse una bomba qua e là e
le donne non fossero coperte dal chador si potrebbe pensare di trovarsi nei
bassifondi di una qualsiasi città.
L'unica parte degna di menzione è la
scena del processo a Rassul, dove un manipolo di uomini privi del benché minimo
senso dei giustizia prima assolve e poi condanna Rassul.
Maledetto Dostoevskij è un romanzo
ambizioso ma privo di sostanza, un esercizio di stile fine a se stesso.
…Con
questo raffinatissimo romanzo Atiq Rahimi mette in scena una vicenda tutta
esistenziale, nella quale il dialogo con l’Assoluto si gioca costantemente sul
piano del dubbio. Rassul è vero, un personaggio a tutto tondo che tenta di
trovare una strada. Dovrà poi rendersi conto, e noi con lui, che gli strumenti
per interpretare la realtà e per agire su di essa sono tutti dentro la realtà stessa. Le costruzioni
mentali a priori rischiano di essere inattuali,
inefficaci.
Che
fare, senza punto interrogativo, è ciò che ognuno di noi dice a se
stesso quando, disperato, non sa che strada intraprendere. E Rahimi, come il maledetto
Dostoevskij, ci racconta in questo sorprendente romanzo il
discrimine tra pensiero ed azione, dubbio e risoluzione, andando ad accrescere
di un prezioso tassello il patrimonio scritto delle esperienze umane.
…Il titolo intrigante farebbe pensare ad una rivisitazione in
chiave locale, ad una riscrittura, una imitazione volta a completare il modello
russo; in realtà il romanzo si sviluppa su un registro sinottico, con testo a
fronte, dove da un lato ci sono le vicende di Raskolnikov, dall’altro la brutta
copia fornita da Rassul. Il registro è talmente ispirato dal romanzo russo da
ricalcare anche i nomi: Rassul / Raskolnikov; la sorella Donia / Dunja,
con diminutivo, Dúnečka … Le differenze sono tuttavia fin dall’inizio evidenti:
mentre Raskolnikov si rifugia sempre più nella sua mente per mettere a fuoco il
forte dissidio fra la giustizia, la punizione e la pena, Rassul entra ed esce
da fumerie e dai suoi sogni allucinogeni.
Un bel romanzo? Non credo: piuttosto un artificioso tentativo
emulativo che cela, dietro il titolo, una riscrittura pigra e autocompiacente.
Il risultato finale è una mediocre prova stilistica.
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