E' una storia che
andava raccontata.
E dalle storie non si scappa. Dalle storie come questa, di una crudezza di carne macellata.
Un paese, uno di quelli della Sardegna più nascosta e segreta.
Un inverno che pare non finire più tanto è lungo e freddo.
Le vie deserte, del paese. Le case fatte di blocchi squadrati di granito. Le vie strette che si intersecano, i vicoli, l'immenso silenzio gelido di questi paesi.
Il cielo, là in alto. Oltre le sopraelevazioni abusive, di case senza intonaci.
Le finestre bucate sono occhi che ti scrutano e le persiane delle case abbandonate sbattono come palpebre, nel vuoto.
Una donna, la sua bambina di pochissimi mesi. Un'auto che se ne torna a casa, piena del tepore dei loro fiati. Un'immagine di una normalità che sfianca, un leggero pallore sul volto della donna.
Essere madre sfianca, sfianca l'allattamento, la tensione, la paura per ogni respiro di quella piccola vita.
Il calore dei fiati, ricordatevene.
Il sentire di madre, il sentire di figlia.
Più in alto, lassù, il cielo livido d'inverno.
Una macchina persa, nel dedalo delle strade del paese. Poco lontano, casa.
Una macchina rossa.
Il caldo della casa, il gelo dentro il cuore.
Bisogna solo alzare una serranda, mettere la macchina dentro. Un gesto che è la chiusura di migliaia di giorni: uguali l'uno all'altro. La tensione lasciata a marcire nel pozzo segreto dove tutto è silenzio. Dove una donna nasconde, anche dietro sorrisi d'occasione, tutto il più terribile dolore.
Sente respirare la figlia, mentre scende piano dalla macchina e chiude la portiera.
Un odore che è una presenza, la sente come una scossa.
Ancora uno sguardo alla piccola prima di chiudere la grande porta del garage.
Prende a batterle, il cuore al ritmo sincronico del cuore di figlia. Il calore dei fiati, ancora…
E dalle storie non si scappa. Dalle storie come questa, di una crudezza di carne macellata.
Un paese, uno di quelli della Sardegna più nascosta e segreta.
Un inverno che pare non finire più tanto è lungo e freddo.
Le vie deserte, del paese. Le case fatte di blocchi squadrati di granito. Le vie strette che si intersecano, i vicoli, l'immenso silenzio gelido di questi paesi.
Il cielo, là in alto. Oltre le sopraelevazioni abusive, di case senza intonaci.
Le finestre bucate sono occhi che ti scrutano e le persiane delle case abbandonate sbattono come palpebre, nel vuoto.
Una donna, la sua bambina di pochissimi mesi. Un'auto che se ne torna a casa, piena del tepore dei loro fiati. Un'immagine di una normalità che sfianca, un leggero pallore sul volto della donna.
Essere madre sfianca, sfianca l'allattamento, la tensione, la paura per ogni respiro di quella piccola vita.
Il calore dei fiati, ricordatevene.
Il sentire di madre, il sentire di figlia.
Più in alto, lassù, il cielo livido d'inverno.
Una macchina persa, nel dedalo delle strade del paese. Poco lontano, casa.
Una macchina rossa.
Il caldo della casa, il gelo dentro il cuore.
Bisogna solo alzare una serranda, mettere la macchina dentro. Un gesto che è la chiusura di migliaia di giorni: uguali l'uno all'altro. La tensione lasciata a marcire nel pozzo segreto dove tutto è silenzio. Dove una donna nasconde, anche dietro sorrisi d'occasione, tutto il più terribile dolore.
Sente respirare la figlia, mentre scende piano dalla macchina e chiude la portiera.
Un odore che è una presenza, la sente come una scossa.
Ancora uno sguardo alla piccola prima di chiudere la grande porta del garage.
Prende a batterle, il cuore al ritmo sincronico del cuore di figlia. Il calore dei fiati, ancora…
Toccante e tagliente. Ti entra sottopelle e ti rimane dentro.
RispondiEliminaed è tutto vero, una cosa così, vicino a casa, e mai impareremo, purtroppo.
EliminaPerché, come dice questa storia, la bestialità non conosce confini. Sardegna o India o Italia, nel passato più o meno recente, nei nostri giorni, non c'è, purtroppo, un'isola felice, pulita o giusta.
RispondiEliminala realtà batte la fantasia, e i desideri:)
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