venerdì 1 marzo 2013

Uno tsunami anche nella cultura - Julio Monteiro Martins


La cultura in Italia cambierà. E molto, perché quando muore il pachiderma muore anche la sua coda. E questo rinnovamento radicale è la cosa migliore che potrà succederci. Sarà l’equivalente di una rinascita nel secondo decennio del Duemila, riempiendo lo spazio vacante lasciato dai falsi autori di opere fasulle, ai quali i loro agganci procuravano visibilità nei talk-show, interviste e recensioni generose nella stampa, purché non venga meno la loro complicità con gli interessi della politica e lo scambio di favori clientelistici.
Arriveranno, spero bene, delle cose che da molto tempo non conosciamo: premi letterari onesti – non il condominio delle grandi case editrici di cui sono divenuti parte lo Strega, il Campiello, il Viareggio – e concorsi letterari per esordienti gestiti con correttezza e pubblicizzati con larga diffusione.
Creare nuovi sistemi di appoggio e di protezione alle piccole case editrici, alle piccole librerie, oggi in estinzione, e alle riviste culturali. Aprire finalmente l’università italiana alla creazione culturale-artistica, incorporarla nel programma accademico come avviene da decenni nelle più importanti università straniere. Ridare alla televisione pubblica la sua missione essenziale di ampliare la diffusione della cultura e aumentare gradualmente il livello culturale generale. Promuovere un intenso scambio con gli altri Paesi del mondo, dai quali ci siamo allontanati a partire dagli anni ’80 – o loro da noi – come conseguenza di una politica culturale che sembrava disegnata appositamente per isolarci, e che ci ha fatto diventare sempre più provinciali. E soprattutto riconoscere infine la presenza culturale dei nuovi italiani, di quelli venuti da lontano, che hanno scelto questo Paese e la sua lingua, e capire la fortuna e l’opportunità immensa che rappresenta averli tra di noi. Aprire le porte delle case editrici, dei teatri e delle gallerie alla loro esuberante creatività, un contributo che si dimostrerà fruttifero per tutti. E dire loro finalmente le due parole negate, vietate tra tante angherie e umiliazioni culminate con le reclusioni nei terrificanti “centri di identificazione ed espulsione”: «scusateci» e «benvenuti».
Creare una volta per tutte una vita culturale che non tema né sfugga la verità, ma che la cerchi e l’affronti: le morti in mare, le menzogne istituzionali, le stragi senza colpevoli, i rigurgiti razzisti e xenofobi, il campanilismo taccagno ed escludente, la tentazione fascista, tutte le zone scure che coesistono con l’intelligenza, l’inventività, l’empatia, la sensibilità estetica e la sterminata tradizione creativa degli italiani.
Il nuovo sta arrivando. Arriva sempre e porta via con sé ciò che è vecchio e vizioso, ciò che è marcio. E quanto più questo arrivo è stato bloccato, tanto più grande sarà la potenza del suo impatto. È ora di dare alla cultura – al teatro, ai registi, agli attori, ai traduttori, agli scrittori, agli artisti, ai fumettisti, ai musicisti e ai compositori – il supporto e la priorità che sono stati sottratti durante l’orrenda stagione, ancora in corso, del neo-liberalismo oscurantista. È ora di mettere fine al nostro già annoso ritardo culturale, e di fare un tour de force storico per ripristinare la creatività e il rigore intellettuale che incantavano il resto del mondo nei nostri anni migliori.

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