sabato 17 febbraio 2018

La deriva dei continenti – Russell Banks

da Haiti, uno  dei paesi più poveri del mondo, si fugge verso gli Usa, o almeno si prova.
dagli stati poveri degli Usa ci si sposta verso la Florida, paese del sole, almeno fino al prossimo uragano.
Bob e Vanise si incrociano nella vita, lei fugge col bambino verso la salvezza, lui guida barconi della speranza, a caro prezzo.
le cose non sono facili per nessuno, ma per qualcuno sono ancora più difficili.
tutto quello che sembra andare bene evapora in poco tempo, resta la disperazione e il silenzio.
non sarà un capolavoro, ma Russell Banks ti tiene attaccato alla pagina come pochi, senza niente da ridere.
buona lettura.





…È banale dirlo e ripeterlo ma l’unica, possibile, consapevolezza per l’homo americanus del ventesimo secolo è l’incontro con l’altro, cioè il confrontare la propria illusione con quella di chi vive ai margini del sogno, del benessere e della pubblicità: dare via tutto in cambio di niente perché “nulla è gratis nella terra della libertà”. Banks conosce bene ciò di cui scrive: la sua vita, le sue origini sono molto simili a quelle del suo personaggio, ma la sua narrazione ha un respiro epico che da privato si fa universale, con quella invocazione iniziale che fa da prologo, con un epilogo incredibile, crudele e bellissimo.
La deriva dei continenti offre una visione pessimistica e fatalistica del mondo che ha qualcosa di solenne: celebrare le vite, piangere la morte di queste esistenze non servirà a nulla per cambiare il mondo, le sue regole economiche, ma solo a sperare di distruggerlo, sabotandolo e sovvertendolo.

La deriva dei continenti è un buon romanzo, ma è ben lungi dall’essere il capolavoro che la quarta di copertina ci annuncia. Il tono del racconto è uno stile medio da opera mid-cult, con eccessi di eloquenza rabbiosa e qualche squarcio riflessivo non privo di acutezza. Si intravede una certa volontà mimetica dell’idioletto tipico di ogni personaggio, ma probabilmente molti dettagli si persono nella traduzione, eccezion fatta per i dialoghi che riportano fedelmente la lingua creola. L’effetto tuttavia è quello di un realismo che cerca più l’esotico che una descrizione complessa della realtà; infatti, a parte Bob Dubois, i cui desideri contraddittori sono il motore dell’azione, tutti gli altri personaggi risultano molto tipizzati e poco stratificati. In linea con un certo desiderio di eccesso ed esotismo si inseriscono poi le numerose scene di vudù haitiane, le scene di sesso trattate con un linguaggio crudo o volgare ma mai davvero scabroso o gli incontri romanzeschi e improbabili da cui dipendono svolte significative della narrazione (il primo incontro con Ave, il cagnolino che guida Vanise e Claude in salvo).
Forse il maggiore interesse di questo romanzo sta nel tentativo anacronistico e mal riusciuto di ispirarsi a Furore nel 1985 per poter parlare di globalizzazione, inserendo delle prefazioni e postfazioni d’autore che legittimino il racconto di due vite non esemplari e irrilevanti perché paragonate ad un orizzonte ‘epico’ continuamente rievocato, quello della totalità storica e geologica del mondo.

...il libro è bello, ma la storia è terribile: miseria e disperazione dei diversi personaggi che si incontrano nelle 480 pagine: non c'è mai uno che fa la cosa giusta al momento giusto fino all'epilogo che ho immaginato a metà libro ma ho sperato di vedere diverso fino alla fine.... insomma ben scritto, coinvolgente ed attuale (è del 1985), ma triste triste triste. .

Quando, nell’ottobre 2013, un barcone con centinaia di migranti naufragò al largo di Lampedusa e quasi 350, fra cui molti bambini, restarono uccisi, si sapeva esattamente cosa era successo. Si conoscevano i particolari di quell’imbarco, le trattative con gli scafisti, le promesse; si sapevano tutti i dettagli di quell’annegamento, si sapeva del cinismo di chi aveva organizzato il viaggio, dell’orrore nel momento in cui l’imbarcazione veniva travolta dall’acqua, del senso inesorabile dell’orrenda fine che chi era su quella barca stava vivendo. Ogni nuova notizia, ogni nuovo particolare che si aggiungeva a quella vicenda tremenda, non era una novità. Si sarebbero potuti dire i nomi delle vittime, tanto si conosceva bene la loro storia.
Lo sapeva chi aveva letto La deriva dei continenti di Russell Banks, un lungo romanzo che a un certo punto racconta con precisione documentaria un viaggio e un naufragio simile. È un romanzo, è finzione, ma è la verità.
Ma non è solo una storia di migranti. È una storia di persone e di anime migranti.
Racconta dell’impossibilità di stare fermi in un posto, in qualunque posto dentro una vita che chiede sempre altro rispetto a quanto si può offrirle. Racconta l’inadeguatezza intima dell’uomo nella società occidentale e, al contempo, l’inadeguatezza concreta, la pura miseria materiale che spinge a fuggire dal sud del mondo. E di quello che succede quando queste inadeguatezze inesorabilmente si incontrano.

1 commento:

  1. Non mi basterà questa vita per leggere tutti i libri che meritano. Grazie comunque per l'assaggio che posso farne attraverso le tue ottime vetrine.

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