martedì 6 febbraio 2018

Oddio, la Libia non regge - Andrea Segre



Eccoci qui. La giostra ricomincia il suo giro. Strateghi, benpensanti, editorialisti coi fiocchi e guru comunicativi pensavano davvero che questa volta fosse fatta!? Il piano Minniti-Gentiloni certo è un po’ duro, ma ci voleva. Una vera svolta capace di far vedere alle destre che la sinistra moderna è in grado di unire sicurezza, diplomazia e quel goccio di etica umanitaria che alla destra non appartiene. Sbarchi ridotti dell’80 per cento. Serraj, la nuova Libia democratica, che stringe mani a tutti. Taxi del mare eliminati. Organizzazioni non governative buone pronte a curare le ferite e corridoi umanitari di povere donne e bambini la vigilia di Natale. Che sospiro di sollievo. E invece…
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“Almeno questo Salvini e Di Maio potranno non rinfacciarcelo”. Brindava serena l’intellighenzia democratica e moderata nei salotti e nelle redazioni romane e milanesi. E brindavano anche Salvini e Di Maio, che se così il Pd è felice, beh allora i veri promotori di questa strategia tutti sanno che siamo noi. La lega ha fatto i primi veri respingimenti solidi, quando la Libia era stabile, Gheddafi era amico del premier e non c’erano terroristi in giro (se non Gheddafi stesso, ma solo prima, dopo era diventato amico di festini&buisness). Di Maio è il primo promotore dell’attacco ai taxi del mare. Quindi il Pd imita e non sa fare altro. Aiuto.
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In questo delirio da luglio al 29 gennaio tutti si rilassavano, che per fortuna di sta roba complicata che fa solo paura alla gente possiamo non occuparcene più. Così la campagna elettorale si può farla solo sui veri interessi degli italiani: il lavoro, le pensioni, i giovani. Come se questi “veri” interessi non c’entrassero nulla con le dinamiche di economia e politica globale, che spingono i migranti sulle nostre coste. Silenzio, che è meglio. Tutti, senza distinzioni. LeU compresa. Nessun deputato, nessuno, ha pensato di fare ciò che era naturale fare: una missione parlamentare in Libia per controllare cosa gli accordi miracolosi stavano producendo.
Tutti zitti. Fino al 28 gennaio. Ottocentocinquanta arrivi in un giorno. La nave Aquarius (una delle due navi umanitarie rimaste ad operare nel Mediterraneo, sempre sotto coordinamento della Guardia Costiera italiana) porta in Italia ottocentocinquanta persone. Quelle che è riuscita a salvare .Perché la Guardia Costiera libica, quella formata da noi, sparava per impedirle di prenderli. E tra questi ottocentocinquanta ci sono anche decine di libici.
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Oddio la Libia non regge. Ma perché sti libici non rispettano i nostri accordi che erano tanto belli? Vedi che bisognava tenere Gheddafi? Che a lui piacevano le donnine come al Cavalierie, ma almeno era bravo. Fino a ieri Repubblica (nella persona di Gianluca Di Feo) scrive così: “L’Italia, grazie all’azione coordinata tra il premier Gentiloni e il ministro Minniti, nel corso del 2017 ha raccolto risultati importanti, contribuendo al dialogo tra le fazioni e creando i presupposti per una diversa gestione dell’immigrazione, tra interventi repressivi, rimpatri nei paesi d’origine e un progressivo inserimento sul campo delle ong”.
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Rispondo sinteticamente punto per punto.
1. Dialogo tra le fazioniabbiamo finanziato le diverse fazioni perché accettassero il governo fantoccio di Serraj e perché non facessero partire i migranti, garantendo loro che se li potevano tenere nei loro mercati di schiavi: questo ha aumentato scontro tra le fazioni, come, ad esempio, spiegava il New York Timeso come dimostra la guerra di Sabratha scattata poco dopo l’attuazione dell’accordo.
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2. Una diversa gestione dell’immigrazionenulla di diverso dai respingimenti di Berlusconi-Maroni condannati dalla Corte Europea nel 2012 (e da tutto il centro sinistra italiano ed europeo, all’epoca scandalizzato dalla disumanità del Cavaliere), se non la furbata di farli fare ai libici, che altro non sono che miliziani addestrati da noi a cui abbiamo regalato le nostre barche e un bel po’ di milioni da investire in armi e fondi off shore maltesi e svizzeri (per capirci è come affidare i vigili urbani di Roma alla Banda della Magliana… oddio, ma forse abbiamo fatto anche questo?!). Una volta respinti i migranti vengono destinati ai campi di internamento gestiti dalle milizie stesse, dove sono torturati, violentati e venduti. Circa 20mila migranti sono stati respinti. 167 fatti uscire dai campi con i corridoi natalizi. Cosa c’è di nuovo?
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3. Interventi repressivi: su questo Repubblcia ha ragione ed è la parte che interessa di più al Pd per dimostrare di non essere da meno degli altri.
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4. Rimpatri: li chiamano rimpatri volontari. Sono questa cosa qui: “Ciao, sono un funzionario europeo con minimo 6-7 mila euro di stipendio mensile, i miei paesi ti respingono e ti lasciano nelle mani delle milizie che ti stanno stuprando in questo cesso di campo puzzolente. Se vuoi ti do 1000 euro e torni a casa volontariamente.” Bello no?
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5. Progressivo inserimento sul campo delle ONG: la definizione è gentile perché dice “sul campo”, non “nei campi”, perché probabilmente sa che “nei campi” veri non ci possono entrare, se non in pochissimi e sotto preciso controllo, e soprattutto perché l’inserimento delle ONG (pagate con le briciole dell’operazione – l’accordo costa circa 4-500 milioni di euro, alle ONG ne vanno massimo cinque) non cambia di una virgola la definizione dei campi stessi, che rimangono di detenzione, privi di alcun controllo democratico, devastanti nella loro funzione ed esistenza. Mercati di schiavi. Tutto ciò non solo i giornalisti sarebbero tenuti a saperlo (perché ci sono loro colleghi bravissimi che lo raccontano rischiando la pelle in viaggi veri di inchiesta, come ad esempio questi di Francesca Mannocchi del 9 e del 17 agosto scorsi, mentre tutti festeggiavano la riduzione degli sbarchi), ma avrebbero dovuto avere il coraggio di spiegarlo già da anni, aiutando Minniti a evitare di ripetere gli stessi errori commessi in passato, errori che inevitabilmente producono poi la rottura degli accordi stessi e la nascita della “nuova emergenza migranti”. Ma poi non serve nemmeno leggere le inchieste vere sulla Libia per capirlo: se la base dell’accordo prevede di dare milioni a libici che devono tenersi i migranti, cosa faranno i libici per avere altri milioni? Mi ha risposto benissimo uno studente di quindici anni a Genova durante un dibattito a scuola: “Facile, li tengo per un po’, mi prendo i soldi dall’Italia, poi mi faccio pagare da loro per farli partire e poi di nuovo dal governo per farli fermare. È una figata!”  (se non vi fidate del ragazzo di Genova, anche Al Jazeera lo spiega bene in questo articolo)
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D’altronde il meccanismo, istintivamente intuito dal giovane italianissimo, era ampiamente documentabile anche andando a intervistare i migranti che intanto in questi mesi sono arrivati lo stesso (di meno fino a novembre, ma già da dicembre in aumento): erano loro a raccontare che stavano arrivando dopo essere stati respinti e poi rivenduti (leggete ad esempio questa testimonianza raccolta da Sos Mediterannee nella nave Acquarius)  Allora immaginatevi le milizie di Sirte o di Garabulli, che pare abbiano avuto meno soldi di quelle di Misurata, Sabratha e altre. Si trovano a cena e cosa si dicono? “Ehi, ma come, quelli lì prendono milioni dall’Europa e possono farli partire lo stesso? Allora anche noi. Facciamone partire tanti, mettiamoci dentro anche i libici. Vedrai che sballo!” (Sono parole mie, ma non così diverse da quelle reali che potete leggere qui). E hanno ragione: perché pare che chiunque vinca le prossime elezioni la ricetta sia la stessa, anzi sia una rincorsa a chi la fa più dura e intransigente. Io carico gli aerei e li spediscono tutti a casa, io mando i paracadutisti nel deserto, io faccio un muro lungo tutto il deserto, io compro un satellite che li arresta tutti e li spedisce nell’universo!
Ci rendiamo conto? Stiamo assistendo ad una gara tra chi è più cattivo a fare una cosa che da anni e anni sappiamo non funzionare. A una gara a chi è più bravo a finanziare chi può minacciarci. A una gara a chi è più forte nel consegnare migliaia di esseri umani a gestori privati di mercati di schiavi dove vige la legge della tortura e della violenza.
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Continuiamo così. Facciamoci del male. Come diceva qualcuno. Oppure cambiamo. Come? Beh, siamo anche una po’ stanchi di doverlo ripetere. Trovate tante proposte in tanti dossier di tante organizzazioni e di tanti movimenti internazionali. Una sintesi la trovate qui in diverse lingue: https://pclodc.blogspot.it Ma c’è anche molto altro in giro, basta usare la rete non per sfogarsi, ma per studiare. Serve il coraggio politico di applicare le alternative, senza rincorrere la legge di chi ce l’ha più duro, che nella storia d’Europa è una legge molto molto pericolosa. Questo coraggio pare mancare alla classe politica europea. Forse è il caso di iniziare a farglielo venire. Che dite?

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