venerdì 8 giugno 2018

GULLIVER (perché la politica è così tanto scema, e quella italiana è periodicamente matta) - Gian Luigi Deiana



“Sotto il nome di Dr. Lemuel Gulliver, Swift fa il resoconto dei suoi viaggi presso strani popoli. Il libro ottenne popolarità come opera destinata ai bambini. In realtà si tratta di una feroce critica alla società e al comportamento umano del tempo: ognuno dei viaggi diventa il pretesto per irridere il sistema giudiziario, i meccanismi del potere, la politica, la pretesa razionalità, i vizi e i comportamenti dei suoi contemporanei, l’assurdità delle convenzioni sociali, l’irrazionalità della guerra e gli svariati interessi e motivi che la causano (interessi economici, conflitti dinastici e religiosi, dispute politiche, interessi personali o di potere, ecc.). L’atteggiamento di Swift è di profondo pessimismo sulle possibilità dell’uomo di migliorare. Il primo viaggio viene intrapreso dal protagonista per mancanza di denaro. Gulliver si imbarca su una nave ma dopo sette mesi di navigazione naufraga a causa di un terribile temporale sulle coste di una terra sconosciuta. Al suo risveglio si trova legato da uomini alti circa 15 centimetri, abitanti delle isole vicine di Lilliput e Blefuscu, divise fino al fratricidio da un’annosa e irresolubile controversia sul modo più corretto di rompere le uova.” (cit. da wikipedia, voce gulliver);
essendo più che mai immersi nel rollio incessante della situazione politica italiana è consigliabile, ora più che mai, considerare le cose come se se ne fosse fuori; non necessariamente come extraterrestri, ma anche in modi più semplici come andare verso chilivani a cento all’ora con una registrazione di patty smith sparata a tutto volume oppure appunto riflettere attraverso l’allegoria gulliver mentre stai a sentire lillipuziani stronzi battibeccare a un talk show;
gulliver si trova legato da innumerevoli nodi stretti in tutto il suo corpo da personaggetti alti quindici centimetri; ogni singolo nodo è frutto di un modo sbagliato di intessere la trama; poiché la trama che deve essere intelligentemente intessuta è la politica, e il corpo che ne deve fare uso è l’interesse comune, se i fili dell’ orditura sono per stupidità o per perfidia intessuti in modo sbagliato il corpo ne diviene prigioniero; questa situazione costringe a un’opera incessante di scioglimento dei nodi sbagliati, col rischio continuo che nel farlo se ne formino dei nuovi addirittura peggiori: questa è l’essenza della politica: il fatto che ogni soluzione è parziale e provvisoria, e che non può essere raggiunta mai per via diretta ma solo attraverso lo scioglimento degli errori;
questa divagazione gullivariana è necessaria per sottolineare il fatto che la buona politica non è quella che garantisce la verità, ma quella bada a sciogliere il proprio errore ancor prima di accusare quello degli altri; la cattiva politica, viceversa, è quella che nasconde sistematicamente il proprio errore fissandosi sui presunti errori altrui; la generalizzazione di questa condotta porta inevitabilmente all’inestricabile groviglio lillipuziano, quella situazione che il commediografo antico aristofane chiamò “la battaglia dei topi e delle rane”;
se ci disponiamo a sciogliere metodicamente e realisticamente il groviglio dobbiamo partire su ogni questione dal nodo primario: che nel nostro caso non è mattarella o lo spread o l’euro o l’europa; il nodo primario è il debito pubblico, o meglio la percezione di affidabilità di esso; se i paesi debitori potessero contare su una percezione di affidabilità del debito, o su una ragionevole potestà politica rispetto alla sottomissione finanziaria, allora potrebbero decidere serenamente se stare nell’euro o no, se stare nell’unione europea o no, se porre la ridiscussione di un trattato o no ecc.; e certamente sarebbero europeisti al cento per cento in quanto i loro popoli non avrebbero ragione di “odiare” l’europa; ma oggi “alle condizioni date” non lo possono fare;
anche un ubriaco capisce che un’unione di qualunque genere funziona solo se è libera; la storia ci testimonia invece che l’attuale unione europea non è frutto di una progressione libera (quella iniziata nel dopoguerra col m.e.c. e poi con la c.e.e.) ma è frutto di una manipolazione di questa, e precisamente della manipolazione per cui la composizione politica in corso dal dopoguerra è stata presa in ostaggio dalla slot machine della finanza, nel cui gorgo vengono giocate minuto dopo minuto le fiches dei debiti pubblici; in materia bisognerebbe spiegare ai bambini fin dalla più tenera età che quello che fu allora chiamato il treno dell’europa era appunto la slot machine della finanza; il primo nodo dunque è oggi esattamente questo: non futili divagazioni sull’uscita dall’euro, non bigotti peana sull’europeismo, ma la ragionevole democratica modifica di tali assurde “condizioni date”: cioè una politica che non sia schiava dell’interesse dei mercati;
siamo ora in grado di chiarire questo primo piccolo nodo: il riconoscere che alle condizioni date l’italia “non può” uscire dall’euro e nemmeno dall’europa non significa affatto che questa costrizione affratella i popoli e procede sul sogno europeo del manifesto di ventotene: questa è una versione blasfema che farebbe rivoltare nella tomba gli autori di quel manifesto; significa soltanto che ciascun membro una volta entrato “a quelle condizioni” accettava che fossero distrutti i ponti alle proprie spalle senza lasciarsi un modo eventualmente necessario per tornare indietro; quindi a questo proposito l’opposizione reale non prende la forma “europeisti-sovranisti”, ma prende la forma “europeisti per necessità debitoria-europeisti per vantaggio finanziario”; questo è essenzialmente il fondamento non detto di ogni latente piano b, un euro a due velocità per un’unione scissa (ripeto, una “unione scissa”, che spiega tutta l’assurdità e la menzogna che c’è dentro);
se si cade nella faciloneria blasfema in voga tra le sinistre rinnegate (cioè il tamburo sfondato europeisti versus sovranisti) ne viene fuori che il greco varoufakis (il ministro che riportò la genesi e la responsabilità primaria del default ellenico alle trame criminali della deutsche bank e di goldman sachs) sarebbe un folle bellicoso sovranista; mentre il tedesco oettinger (il commissario ue che proprio ieri al clou della crisi italiana e al top dello spread e proprio in veste di commissario ue, ha indicato i mercati come padroni delle prossime elezioni in italia) sarebbe un saggio europeista amante della democrazia, del progresso e della pace; e chiarito questo nodo ne vengono fuori inevitabilmente innumerevoli altri: per stare a queste ore, la squalifica di mattarella per paolo savona a costo di farci rompere a tutti l’osso del collo sullo spread, il ridicolo governo dei cartoni animati di carlo cottarelli, l’elettroencelofagramma piatto del partito pd ecc.
la conclusione corrisponde esattamente al principio: quando la ragione evade pretestuosamente da se stessa finisce per inebetirsi nel suo sonno, ed è il suo sonno che genera i mostri: qui è l’europeismo retorico che genera l’antieuropeismo da strada, come è il falso amore che genera il più profondo dell’odio.

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