venerdì 15 giugno 2018

ISOLE come diventare peggiori di come si era - Gian Luigi Deiana


immaginando che possa esistere un termometro della repulsione razziale non sarebbe azzardata oggi l’ipotesi che una parte chiassosa del cosiddetto popolo sardo, proprio lui, possa ormai battere tutte le classifiche repulsive sulla piazza: eppure, stando ai fatti (“i fatti”) le coste sarde sono le meno battute da scafi e gommoni; la percentuale regionale sarda dei comuni résisi disponibili all’accoglienza è l’ultima fra quelle di tutte le regioni italiane; inoltre in sardegna non esiste un partito politico che istighi al respingimento di migranti, come è per es. la lega nelle regioni settentrionali; e che provveda a strutturare questo sentimento di ostilità brutale; e per pura comparazione le coste del più povero sud (sicilia e calabria) non hanno mai registrato assembramenti di folle ostili all’eventualità di approdo di una nave con migranti a bordo, nonostante esse siano teatro quotidiano di approdi ormai senza numero;
se l’onda xenofoba italiana ed europea ha colto tutti di sorpresa, tanto da avere sbriciolato di fatto le grandi correnti politiche uscite dalla seconda guerra mondiale, la sbornia xenofoba sarda lascia senza parole per la sua faciloneria e la sua bruttezza: per il suo carattere di ripetizione senza coscienza, dove si vale nella misura in cui si ripete l’ululato, che poi è solo l’amplificazione dei guaiti echeggianti gli umori del padrone;
all’interno di questo osceno quadretto ecco qua la barzelletta degli indipendentisti razziali con le loro dichiarazioni di guerra o semplicemente di disprezzo, per una volta felici di poter essere apprezzati come ventriloqui del razzismo di scuola; e a loro volta sorpresi del fatto che le ragioni “politiche” dell’indipendentismo sardo, come di ogni indipendentismo sano di mente e di cuore, sono esattamente opposte a queste logiche di branco e ne comportano l’ assoluto ripudio;
questa situazione va oltre il sintomo febbrile determinato da salvini e dalla nave aquarius: essa indica in sardegna direttamente la malattia; la malattia consiste nella permeabilità crescente del senso comune e del legame sociale collettivo ad appelli di chiusura e di rivalsa violenta contro un invasore inesistente; è il quadro di una società che quanto più è sfibrata nel suo tessuto (spopolamento, denatalità, sottoocupazione, regresso economico) tanto più si aggrappa ai suoi filamenti identitari più deteriori;
l’archetipo antropologico sardo della giustizia (deve piangere il colpevole, non deve piangere l’innocente) altrimenti noto come codice della vendetta ma insieme come codice della pacificazione e come codice dell’ospitalità, comportava sempre il suo riferimento all’individuo: nemico, pacificatore o ospite che fosse, ma riconosciuto nella sua piena indiscutibile individualità; non era un codice facile e poteva essere crudele; ma questo decadimento attuale non ha niente a che fare con quello: questa è la brutta copia per colonizzati dell’osceno copione dei colonizzatori;
è chiaro che qui si è ormai aperto ben di più che quel mitico solco della memoria sardista: si è aperto un abisso; di qui si rende necessario parlare alla società sarda senza ambiguità e senza miscele polifoniche; come ho letto poco fa da qualche parte tra le inquietudini dei nostri bravi compagni, il nostro valore costitutivo è l’umanità.
fa qui

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