martedì 5 marzo 2024

La Cia in Ucraina, che sorpresa!


articoli e video di Jeffrey Sachs, Giacomo Gabellini, Roberto Buffagni, Gaetano Colonna, Fabio Marcelli, Adam Entous, Michael Schwirtz, John Kiriakou, Mario Lombardo, Fabio Vighi, Giuseppe Masala, Mikhail Kononovich, José Miguel Villarroya, Giuliano Marrucci, Remocontro, Elena Basile, Fabio Mini, Antonio Mazzeo, Margherita Furlan, Francesco Masala, Lucio Caracciolo



Mondo in frantumi eredità della Cia – Jeffrey Sachs

TRAMARE SENZA PAGARE.  I suoi metodi sono segreti e doppi. L’assenza di responsabilità permette ad agenzia e presidente di gestire la politica estera senza alcun controllo pubblico: il Congresso è uno zerbino

Esistono tre problemi fondamentali con la Cia: gli obiettivi, i metodi e la mancanza di responsabilità.

I suoi obiettivi operativi sono quelli che la Cia o il presidente definiscono essere nell’interesse Usa in un determinato momento, indipendentemente dal diritto internazionale o dalle leggi statunitensi. I suoi metodi sono segreti e doppi. L’assenza di responsabilità significa che la Cia e il presidente gestiscono la politica estera senza alcun controllo pubblico. Il Congresso è uno zerbino. Come ha detto un recente direttore della Cia, Mike Pompeo, parlando del suo mandato: “Ero il direttore. Mentivamo, imbrogliavamo, rubavamo. Avevamo interi corsi di formazione. Tutto questo ti ricorda la gloria dell’esperimento americano”.

La Cia fu istituita nel 1947 come successore dell’office of Strategic Services (Oss). L’Oss aveva svolto due ruoli distinti durante la Seconda guerra mondiale, l’intelligence e la sovversione. La Cia assunse entrambi i ruoli. Da un lato, doveva fornire informazioni al governo.

Dall’altro, sovvertire il “nemico”, cioè chiunque il presidente o la Cia definissero tale, utilizzando un’ampia gamma di misure: assassinii, colpi di Stato, inscenare disordini, armare gli insorti e altri mezzi.

Quest’ultimo ruolo si è rivelato devastante per la stabilità globale e lo Stato di diritto statunitense. Un ruolo che la Cia continua a perseguire anche oggi. In effetti, si tratta di un esercito segreto, capace di creare scompiglio nel mondo senza alcuna responsabilità. Quando il presidente Dwight Eisenhower decise che l’astro nascente della politica africana, il democraticamente eletto Patrice Lumumba dello Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo), fosse il “nemico”, la Cia cospirò nel suo assassinio nel 1961 (…)

Nei suoi 77 anni di storia, la Cia è stata chiamata a rispondere pubblicamente solo una volta, nel 1975. Quell’anno, il senatore dell’idaho Frank Church guidò un’indagine del Senato che rivelò la scioccante furia della Cia in fatto di assassinii, colpi di Stato, destabilizzazione, sorveglianza, torture ed “esperimenti” medici stile Mengele. La denuncia da parte del Comitato Church degli scioccanti illeciti Cia è stata recentemente raccontata in un superbo libro del reporter investigativo James Risen, The Last Honest Man: The CIA, the FBI, the Mafia, and the Kennedys-and One Senator’s Fight to Save Democracy.

(…) Si pensi se le operazioni canaglia della Cia fossero state consegnate alla storia in seguito ai crimini denunciati dal Comitato Church (…). Ma non è stato così. La Cia ha potuto ben ridere per ultima – o meglio, ha fatto piangere il mondo – mantenendo il ruolo preminente degli Usa nella politica estera, comprese le azioni di sovversione all’estero.

Dal 1975 ha condotto operazioni segrete a sostegno degli jihadisti islamici in Afghanistan, distruggendolo completamente e dato origine ad al Qaeda. Ha probabilmente condotto operazioni segrete nei Balcani contro la Serbia, nel Caucaso contro la Russia e in Asia centrale contro la Cina, tutte effettuate con l’impiego di jihadisti. Negli anni 2010 ha condotto operazioni mortali per rovesciare la Siria di Bashir al-assad, sempre con l’apporto di jihadisti islamici. Per almeno 20 anni è stata profondamente coinvolta nel fomentare la crescente catastrofe in Ucraina, compreso il violento rovesciamento del presidente Viktor Yanukovych nel febbraio 2014, che ha innescato la devastante guerra che ora sta travolgendo l’ucraina.

Cosa sappiamo di queste operazioni? Solo le parti che gli informatori, alcuni intrepidi reporter investigativi, una manciata di coraggiosi studiosi e alcuni governi stranieri sono stati disposti o in grado di raccontarci, con potenziali testimoni consapevoli di andare incontro a gravi ritorsioni da parte del governo statunitense. La responsabilità dello stesso governo americano è stata scarsa o nulla, così come la supervisione o la limitazione imposta dal Congresso. Al contrario, il governo ha aumentato l’ossessione per la segretezza, perseguendo azioni legali aggressive contro la divulgazione di informazioni classificate, anche quando, o soprattutto quando, tali informazioni descrivono le azioni illegali del governo stesso.

Di tanto in tanto, un ex funzionario statunitense ha vuotato il sacco, come quando Zbigniew Brzezinski ha rivelato di aver indotto Jimmy Carter a incaricare la Cia di addestrare gli jihadisti islamici per destabilizzare il governo dell’afghanistan, con l’obiettivo di indurre l’unione Sovietica a invadere quel Paese. Nel caso della Siria, abbiamo appreso da alcuni articoli del New York Times nel 2016 e 2017 delle operazioni sovversive della Cia per destabilizzare la Siria e rovesciare Assad, come ordinato dal presidente Barack Obama. Ecco il caso di un’operazione della Cia terribilmente sbagliata, in palese violazione del diritto internazionale, che ha portato a un decennio di caos, a un’escalation della guerra regionale, a centinaia di migliaia di morti e a milioni di sfollati, eppure non c’è stato un solo riconoscimento onesto di questo disastro da parte della Casa Bianca o del Congresso.

Nel caso dell’ucraina, sappiamo che gli Usa hanno svolto un ruolo importante, e segreto, nel violento colpo di Stato che ha fatto cadere Yanukovych e che ha trascinato l’ucraina in un decennio di spargimenti di sangue, ma a tutt’oggi non ne conosciamo i dettagli. La Russia ha offerto al mondo una finestra sul colpo di Stato intercettando e poi pubblicando una telefonata tra Victoria Nuland, allora vicesegretario di Stato americano (ora sottosegretario di Stato) e l’ambasciatore americano in Ucraina Geoffrey Pyatt (ora vicesegretario di Stato), in cui si progettava il governo post-golpe. Dopo il colpo di Stato, la Cia ha addestrato segretamente le forze operative speciali del regime post-golpe che gli Usa avevano contribuito a portare al potere. Il governo statunitense ha taciuto sulle operazioni segrete della Cia in Ucraina.

(…) Chiedere alla Cia di rendere conto all’opinione pubblica è ovviamente una strada in salita. I presidenti e il Congresso non ci provano nemmeno. I media tradizionali non indagano preferendo invece citare “alti funzionari anonimi” e l’insabbiamento ufficiale. I media mainstream sono pigri, subornati, timorosi per gli introiti pubblicitari del complesso militare-industriale, minacciati, ignoranti o tutte queste cose? Chi lo sa.

C’è un piccolo barlume di speranza. Nel 1975, la Cia era guidata da un riformatore. Oggi è guidata da William Burns, uno dei principali diplomatici americani di lungo corso. Burns conosce la verità sull’ucraina, poiché è stato ambasciatore in Russia nel 2008 e ha informato Washington del grave errore di spingere verso l’allargamento della Nato all’ucraina. Data la sua statura e i risultati diplomatici, forse sosterrebbe l’urgente necessità di rendere conto del proprio operato.

Gli effetti del continuo caos derivante dalle operazioni della Cia andate male è sbalorditiva. In Afghanistan, Haiti, Siria, Venezuela, Kosovo, Ucraina e via continuando, le morti inutili, l’instabilità e la distruzione scatenate dalle azioni di sovversione della Cia continuano ancora oggi. I media tradizionali, le istituzioni accademiche e il Congresso dovrebbero indagare su queste operazioni al meglio delle loro possibilità e chiedere il rilascio di documenti per consentire che si metta in atto una responsabilità democratica.

L’anno prossimo ricorre il 50° anniversario delle audizioni del Comitato Church. A cinquant’anni di distanza, è urgente aprire le porte, rivelare la verità sul caos guidato dagli Usa e dare inizio a una nuova era in cui la politica estera americana diventi trasparente, responsabile, soggetta allo Stato di diritto sia interno che internazionale e diretta alla pace globale piuttosto che alla sovversione di presunti nemici.

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Ascoltando la radio – Francesco Masala

1 – Alla radio e alla tv continuano a dire che Navalny è stato ammazzato dal cattivissimo Putin; strano che non sappiano che uno dei più grandi nemici di Putin, Kiril Budanov, il capo dell’intelligence del ministero della Difesa ucraina, la cui parola è quasi sempre, ma non questa volta, un dogma di fede, dice: “Potrei deludervi ma quello che sappiamo è che è morto davvero per un coagulo di sangue. E questo è più o meno confermato. Questo non è stato preso da internet, ma, sfortunatamente si tratta di morte naturale”, (qui).

2 – Pare che Macron e Scholz (inutili idioti) vogliano fare la guerra alla Russia, il primo vuole la rivincita per conto di Napoleone, il secondo la rivincita per conto di Hitler, ma per i bookmakers sarebbe solo una riperdita. A Macron bisognerebbe ricordare che, dopo la guerra nucleare, in un futuro indefinito, qualcuno giocherà con i resti delle torre Eiffel ridotta a bastoncini per il gioco dello shanghai.




Due anni di guerra in Europa – Gaetano Colonna

In questi due anni di conflitto fra Russia e Ucraina, non si è fatto altro che parlare di fake news e di disinformazione. Telegiornali e quotidiani, intanto, si sono ogni giorno riempiti di notizie che avevano ed hanno il sapore di pura propaganda: vivendo in un Paese occidentale, ovviamente, questa propaganda è stata sviluppata costantemente in senso anti-russo.

Abbiamo pensato sia giusto e necessario mettere semplicemente in fila alcuni punti che la propaganda del mainstream occidentale dimentica di ricordare, e che un buon europeo, invece, non deve dimenticare.

 

Motivazione della guerra

Secondo la propaganda occidentale, l’aggressione di Putin dimostra la volontà della Russia di conquistare l’Ucraina, e quindi rappresenta un minaccia diretta per l’Occidente.

Non è così: risulta oramai evidente che Putin ha concepito l’intervento militare come una operazione speciale il cui scopo era, in prima battuta, il rovesciamento del regime di Zelensky; contemporaneamente, l’acquisizione delle province russofone del Donbass, che l’Ucraina ha tenuto per lunghi anni in condizioni di guerra civile (2014-2022).

Mentre il primo obiettivo della Russia è chiaramente fallito, per ragioni di cui si occuperanno gli storici, il secondo, almeno fino ad oggi, è stato raggiunto.

Strategia militare russa

Rimasticando l’antica propaganda anticomunista del rullo compressore russo, si è continuato a ripetere che la Russia intende distruggere sistematicamente l’Ucraina: popolazione, infrastrutture, fabbriche, ecc.

Un’interpretazione risibile: la Russia non ha alcun interesse a distruggere i territori che ha occupato, semplicemente perché, in caso di vittoria, toccherebbe a lei ricostruirli. Inoltre, non ha alcun interesse a far morire di fame e di stenti la popolazione, in larghissima prevalenza filo-russa, che dichiara di aver liberato, privandola di strade, scuole, ospedali, linee di comunicazione, risorse agricole e industriali.

È oggi evidente che la Russia non ha mai impiegato finora tutto il proprio potenziale militare, adottando una strategia di guerra limitata, non di guerra totale (per intendersi quella da tutti adoprata nel corso della Seconda Guerra Mondiale): il non averlo fatto è proprio ciò che un certo Prigogyn rimproverava a Putin. Sappiamo tutti la fine che ha fatto…

Controffensiva ucraina

La controffensiva dell’Ucraina, che doveva imporre alla Russia l’abbandono dei territori conquistati nel Donbass, nel corso della primavera/estate del 2023, è strategicamente e tatticamente fallita, nonostante il profluvio di armi, munizioni, addestramento militare, supporto di intelligence, largamente forniti, in modo sia ufficiale che coperto, da numerosi Paesi occidentali, tra cui l’Italia.

La Russia non solo ha tenuto, ma, nel corrente inverno, ha poco a poco addirittura riguadagnato i (pochi) terreni perduti fino ad allora. Per chi ha ancora dei dubbi, consigliamo di monitorare il sito Understandingwar, espressione dei servizi di informazione militare britannici, non sospettabili crediamo di derive filo-putiniane: esso mostra quotidianamente avanzate e ritirate dei due contendenti sul terreno.

Demografia e renitenza in Ucraina

L’insuccesso ucraino sul campo ha messo spietatamente in luce quali sono i punti strutturali della debolezza ucraina: una situazione demografica in costante calo; la difficoltà del reclutamento e addestramento dei propri soldati; l’elevato numero (soprattutto di giovani) renitenti o disertori. Il che mostra anche che il conflitto non è così popolare come Zelensky vorrebbe far credere a noi occidentali. Il che pone una domanda fondamentale: veramente gli Ucraini non accetterebbero una soluzione negoziata del conflitto, che lasciasse alla Russia le regioni da essa rivendicate, magari in cambio di una pace che garantisse l’indipendenza ucraina e magari finanziasse a spese della Russia la sua ricostruzione?

Ucraina democratica?

Quando Zelensky afferma che sta combattendo la guerra per difendere le democrazie europee, dovremmo come minimo sorridere. Si vada a vedere nei dettagli come è praticata la democrazia in Ucraina: elezioni sospese, partiti sciolti, oppositori imprigionati.

Corretto obiettare che certo la Russia non vanta un pedigree migliore. Ma questo non consente ai nostri maestrini mediatici di prenderci in giro tacendo le modalità di gestione della cosa pubblica in Ucraina: a partire dalla concentrazione di interessi privati e pubblici nelle mani di pochi privilegiati, con la corruzione che ne deriva, per la quale, come si è appreso anche di recente, i nostri conclamati aiuti militari finivano all’estero, riempiendo la tasche di qualche alto funzionario governativo.

Sanzioni alla Russia

È oggi conclamato che le sanzioni contro la Russia, che per mesi la propaganda occidentale ha presentato come capaci di provocare il crollo del sistema economico-politico di Putin, non solo non hanno raggiunto, almeno fino a oggi, questo risultato: al contrario, a quanto pare, stanno fornendo alla Russia un’occasione unica non solo di sviluppare una gestione “autarchica” della propria economia, ma anche e soprattutto di costruire una rete mondiale di rapporti economici, che la pongono oggi alla testa di tutti quei Paesi del sud del mondo scontenti del neo-colonialismo occidentale. Per tacere di quei Paesi filo-occidentali (Turchia, Qatar, India, Brasile) che zitti zitti sviluppano attive e lucrose triangolazioni per aggirare le sanzioni, e che nessuno tocca perché sono troppo importanti anche per l’Occidente.

Armi e munizioni all’Ucraina

Gli specialisti militari stanno scrivendo ovunque, al di qua e aldilà dell’Atlantico, che le scorte di armi e munizioni alleate, prosciugate dai poderosi aiuti militari all’Ucraina, richiedono oggi anni per esser ricostituite, e soprattutto consistenti investimenti nello sviluppo di una industria bellica ad elevata produttività.

Ciò comporta una riorganizzazione dei sistemi produttivi occidentali, nella direzione di quella che si chiamava un tempo economia di guerra. Una riorganizzazione che potrebbe presto porre la classica alternativa: burro o cannoni? Questa alternativa interesserà in particolare l’Europa, perché gli Usa, impegnati in Medio Oriente e in Asia Orientale, non intendono più impoverire le proprie scorte per una guerra europea.

Siamo tutti d’accordo sul voler riconvertire i nostri sistemi produttivi per la guerra, dopo avere blaterato per decenni di pace nel mondo, per prolungare questo conflitto, anziché cercare di ottenere una pace giusta e duratura?

Attacco al North Streaming

Se si è oggi minimamente in buona fede, risulta evidente che i mandanti, se non gli autori materiali, del sabotaggio al North Streaming stanno negli Stati Uniti d’America: lo hanno scritto e documentato giornalisti statunitensi. Ma Biden stesso lo aveva promesso, in una oramai celebre conferenza stampa, nel significativo silenzio del cancelliere tedesco che era con lui.

Non staremo qui a criticare la ridda di menzogne che i media italiani ci hanno propinato per mesi su questo tema, senza mai fare autocritica quando poi le evidenze in contrario sono diventate schiaccianti.

Quello che conta davvero è che questo incidente dimostra il nocciolo epocale del conflitto: non interessa affatto difendere l’Europa contro la minaccia russa – si tratta della strategia perseguita da sempre nel secondo dopoguerra, di evitare che l’Europa divenisse amica o addirittura alleata della Russia. Questa è la vera ragione dell’ostilità statunitense al buon funzionamento dello scambio energia contro prodotti e valute europei, che ha favorito i buoni rapporti fra Paesi europei e Russia per decenni. Si tratta quindi di una guerra che serve a creare un conflitto permanente tra Europa e Russia: nonostante quest’ultima sia storicamente parte dell’Europa, non dell’Asia. Il mondo slavo è infatti una delle tre anime costitutive (storicamente, culturalmente, etnicamente) dell’Europa, insieme a quella germanica e neolatina.

Ruolo della Nato

L’allargamento della Nato, pervicacemente voluto e attuato dal mondo atlantico, è la riprova di quanto appena detto. Dopo la caduta del comunismo (1989-1991), non esisteva più una reale minaccia da est in Europa: il Patto di Varsavia era dissolto, i Paesi orientali europei ridotti alla miseria e politicamente irrilevanti. Era giunto il momento di pensare a una vera unificazione del continente, che avrebbe potuto costituire un elemento di stabilità, sicurezza, progresso a livello mondiale.

L’ostinazione con cui gli strateghi atlantici hanno invece perseguito la trasformazione della Nato in una sorta di gendarme mondiale, ha impedito che si aprisse la via a quel processo, che, se realizzato, avrebbe evitato guerre come quella attuale; avrebbe permesso all’Ucraina di realizzare la sua vera vocazione storica, che è proprio quella di essere ponte fra Europa e Russia; avrebbe reso impensabile lo scontro che si profila tra Usa e Cina, avendo l’Europa la possibilità di porsi come elemento equilibratore tra le due aree, quella atlantica e quella pacifica, di possibile tensione.

Avere contrastato questa soluzione, spingendo la Nato minacciosamente verso la Russia, per fomentare uno scontro con questo Paese e impedendo così una unificazione europea integrale è una responsabilità di prima grandezza in capo ai Paesi anglosassoni difronte al futuro ed alla storia.

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Kiev, i colpi di coda dell’Occidente – Fabio Marcelli

Non ci vogliono stare. La propaganda atlantista rilancia, imperterrita e sbruffona, traendo alimento dalla triste e oscura fine di Alexei Navalny. Eppure la situazione sul campo è molto chiara e indica che, come prevedibile, la Russia sta prevalendo. Putin del resto ha più volte espresso la sua disponibilità a negoziare una pace onorevole per entrambe le parti. Base concreta del negoziato è l’accordo raggiunto a Istanbul poco tempo dopo l’invasione, che lo stesso Putin cita più volte nella nota intervista al giornalista statunitense Tucker Carlsson. Gli ingredienti sono quelli noti da tempo: autonomia del Donbass, Crimea alla Russia (eventualmente verificando in entrambi i casi la volontà popolare), divieto di propaganda nazista e neutralità per l’Ucraina. Un accordo mutuamente soddisfacente che si sarebbe potuto raggiungere agevolmente due anni e circa duecentomila morti fa.

Ma le infami burocrazie atlantiste non demordono. Con incredibile arroganza il presidente (ancora per poco) del Consiglio europeo, Charles Michel, afferma che esiste solo un piano A, la vittoria dell’Ucraina, mentre il malfermo Joe Biden, che ricopre ancora per poco la carica di presidente degli Stati Uniti, approfitta della morte di Navalny per tornare a insultare grossolanamente Putin.

Biden evidentemente spera che dare addosso a Putin possa raddrizzare la sua situazione, che è definitivamente compromessa in relazione alle prossime elezioni presidenziali. Ma si tratta di un patetico tentativo destinato a sortire pochi effetti e proprio l’appoggio a Zelensky e alla sua squalificata amministrazione gonfia di neonazisti e corrotti costituirà una delle cause della probabile vittoria di Donald Trump in tale occasione. Trump infatti ostenta al riguardo un approccio ben più pragmatico, rispettoso delle preoccupazioni del contribuente statunitense e consapevole della necessità di convivere con la Russia in modo per quanto possibile pacifico. Per quanto possa sembrare paradossale, l’impressione è quella di un Trump meno assoggettato agli ordini del complesso militare-industriale di quanto lo sia Biden, con la sua coorte di vecchie impresentabili guerrafondai, a cominciare da Hillary Clinton.

La situazione dell’Unione Europea è ancora più disperata. Le burocrazie attualmente al potere, ben esemplificate dal citato Michel e da Ursula von der Leyen, potranno restare in sella solo venendo a patti in qualche modo con le destre, destinate ad avanzare in tutto il continente. La probabile affermazione di queste ultime è legata alla posizione sempre più marginale riservata all’Europa nel contesto del cambiamento degli equilibri politici ed economici mondiali, declino accentuato dalle politiche esasperatamente filo-NATO e anti russe perseguite dalle attuali corrotte élites legate ai potentati economici della finanza, dell’energia e degli armamenti. Le scelte autolesioniste costeranno sempre di più ai cittadini europei, generando una comprensibile rivolta che, dato il clamoroso fallimento della sinistra, sempre più frammentata e incapace di parlare alla gente comune, si rivolge verso le destre.

Pur di restare al potere Von der Leyen & C. cercano alleati a destra, trovandoli nella cameriera di Biden, Giorgia Meloni, mentre più ardua appare la ricerca dalle parti di Berlino. A ogni modo dette élites resteranno fortemente spiazzate dalla probabile vittoria di Trump e a quel punto inizierà una vergognosa ritirata di Russia da far invidia a quelle di Napoleone e Hitler.

Per il momento continuano però a ballare e sorridere sull’orlo del cratere nel quale prima o poi sono destinati a precipitare. E anzi i sei mesi o poco più che ci separano dall’inevitabile avvento di Trump saranno di estremo pericolo, dato che Biden e i suoi cortigiani europei potrebbero essere tentati di giocare il tutto per tutto per evitare l’altrettanto inevitabile sconfitta del loro burattino Zhelensky.

Il panorama che si delinea nella prospettiva delle elezioni europee è comunque sconfortante e prelude a un’ulteriore accelerazione del declino del continente che mediante il colonialismo e le guerre ha dominato il pianeta negli ultimi cinquecento anni, con l’ultimo secolo in posizione di crescente subordinazione ai suoi nipotini statunitensi.

Un vero peccato, nel momento in cui si delineano nuovi equilibri multipolari e occorre procedere con urgenza a ridisegnare il sistema delle Nazioni Unite in funzione della pace e dei diritti umani, come ci insegna la vicenda Ucraina e quella ancora più drammatica del genocidio del popolo palestinese.

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