martedì 19 marzo 2024

Il sole splende per tutti, ma solo pochi diventano ricchi - Mauro Pili

 

Monte Arcosu, assalto da 300 ettari di pannelli – (30-07-23)

Hanno una fretta dannata, come se dovessero portar via il proscenio dell’Oasi del Cervo prima che qualcuno se ne accorga. Dai prossimi giorni, però, nonostante il generale Ferragosto incomba anche sulle campagne, non sarà facile passare inosservati. Migliaia di pilastri d’acciaio sono già conficcati alle pendici del Parco di Gutturu Mannu, anello di congiunzione tra la città metropolitana di Cagliari e il Sulcis. Monte Arcosu, che su quelle terre si staglia come un gigante verde, non è semplicemente un’oasi protetta.

Oasi primato

Gli annali non sfuggono al primato: in quella riserva c’è la più vasta estensione di macchia-foresta e foresta mediterranea d'Europa. Niente, però, ha impedito ai forestieri del “pannello” di smantellare di punto in bianco una distesa di terra agricola, che solo per ingordigia industriale era stata perimetrata all’interno di una zona di Macchiareddu. Il bestiame che vagava in quelle terre è rinchiuso in un cantuccio, all’interno di un ovile di botto trasf0ormatosi in “maneggio” per galline. Da queste parti, su quei campi che costeggiano il primo rettilineo pianeggiante della Pedemontana, l’arteria viaria che costeggia Monte Arcosu sino al Castello di Acqua Fredda a Siliqua e Gioiosa Guardia a Villamassargia, non si danno pace. Ci passi di venerdì sera e li trovi armeggiando. Ci ritorni di sabato e stanno conficcando pilastri d’acciaio sul terreno. Non si risparmiano nemmeno la domenica, come se un pannello solare in più valesse una messa. Non hanno tempo da perdere, del resto sono venuti da lontano, e non hanno intenzione di soggiornare a lungo in terra sarda…

continua qui

 

 

JP Morgan (Usa) si compra il sole di Monte Arcosu – (01-08-23)

I filari di eucalipto e cipressi fiaccano lo sguardo, tanto sono infiniti. Il fusto quasi secolare di ogni pianta “straniera” si erge impetuoso sullo skyline del grande monte. Le avevano impiantate con certosina perizia quando la riforma agraria era agli albori. L’obiettivo era meteorologico, alleggerire l’incedere del vento sulle colture agricole dell’immensa piana ai piedi dell’Oasi del Cervo, tra Assemini e Uta, nel cuore di Monte Arcosu. I terreni sono uno scacchiere disegnato con il tacheometro di precisione, rettangoli perfetti, non meno di venti, trenta ettari per ciascuno. Dovevano essere aziende agricole modello, per far decollare l’economia del territorio. Non hanno fatto in tempo a spendere i soldi, pubblici, per allestire questi quadranti agricoli che la smania ingorda dell’industria a tutti i costi ha requisito tutto, comprese le aziende già insediate. Tutto ricomprato, sempre con altri soldi pubblici.

Giravolta para-industriale

Investimenti, li chiamavano. L’obiettivo era quello di utilizzare quelle aree agricole per insediare nuove attività industriali. I teorici di allora, para-economisti della ciminiera, sostenevano che occorresse massimizzare l’investimento pubblico, incrementando l’occupazione e lo sviluppo economico, attraverso l’industria. Secondo le tesi degli anni ’70, l’agricoltura e la pastorizia non avrebbero dato quello che poteva dare l’industria. “Sequestrarono” tutto a colpi di “bigliettoni” pubblici, pur di portare sotto l’egida dell’allora Consorzio industriale di Cagliari, ora Cacip, quelle migliaia di ettari agricoli da trasformare con una matita in aree industriali. Attraversare quelle Avenue e Street tracciate dalle fasce frangivento, tra Macchiareddu e la Pedemontana, è come entrare in un’apocalisse solo annunciata, dove tutto è rimasto intatto, dove tutti, però, sono scappati, lasciando cancelli arrugginiti ancora chiusi, senza nessuna recinzione che proteggesse il podere. Eppure, sempre la mano pubblica, anzi la tasca dei cittadini, proprio qui sta rimettendo mano alla regolazione idraulica del territorio, come se si preparasse per un grande evento. I canali di guardia, a ridosso di Riu S’isca de Arcosu, il corso d’acqua che si inietta dalla montagna direttamente sulla pianura, sono cinturati d’arancione, come se il cantiere di manutenzione avesse ripreso vigore proprio adesso…

continua qui

 

 

Affare del secolo sulle pendici di Monte Arcosu – (02-08-23)

Miami, cuore della Florida americana, 8.160 chilometri dall'Oasi del Cervo, nell'Isola di Sardegna, alle pendici del Monte Arcosu. Quando sulla grande laguna di Santa Gilla i fenicotteri hanno già dispiegato i riflessi rosa sullo specchio acqueo, mezzogiorno è appena scoccato. Dall'altra parte dell'Oceano, invece, è buio tosto. Axel Thiemann, amministratore delegato di Sonnedix, la propaggine solare della JP Morgan, a quell'ora, però, già traguarda il sole di Sardegna. È lui che da Miami ha dato l'ordine di firmare, e di pagare. Dall'altra parte, nel cuore di Milano, a due passi dal Duomo, al numero sette di via Hoepli, c'è Silvia Cazzola, general manager in pectore, che attende il via libera. È il 3 agosto di un anno fa. L'appuntamento è segreto, misterioso. L'ingresso è di cristallo.

Parola in codice

La parola in codice per intrufolarsi nei meandri della city è un indizio: Sandalia, come l'antica Sardegna. Il portale è circondato, a destra e sinistra c'è Unicredit, sulla sponda opposta della strada dedicata all'editore svizzero fattosi italiano, prevale l'effige di Fideuram, senza mai celare quella imponente di Intesa San Paolo. Qui, in questo crocevia, si vende, si compra, si paga e si incassa. L'appuntamento delle dodici è riservato.

Miracolati autoconovocati

Si sono autoconvocati tre “miracolati”, un benefattore e un notaio. Dario Restuccia, timbro notarile della Milano che conta, è il padrone di casa. Gli atti sono già redatti, non resta che leggere e vergare con ceralacca. Niente di quel che si firma deve trapelare all'esterno. Il contenuto di quei contratti deve restare blindato, segretato tra le bolle notarili, precluso ai ficcanaso degli affari altrui. Se non fosse per quel richiamo alle terre di Sardegna, posate alle pendici del grande Arcosu, sarebbe stato pure comprensibile. Peccato, però, che in quelle cinque pagine si vende senza colpo ferire un pezzo di Sardegna, che finisce, senza un sussulto, nelle mani voraci della più grande banca d'affari americana, la potentissima JP Morgan.

L'ordine da Miami

Quel via libera da Miami è un ordine d'acquisto destinato a segnare per sempre il futuro non solo dell'Isola, ma anche delle future generazioni. Il contenuto di quel contratto, finito nelle nostre mani, è una “esplosione” finanziaria senza precedenti, che svela uno dei più vertiginosi affari consumati sulla testa della Sardegna e dei Sardi. Si tratta di cifre da capogiro, di guadagni che fanno apparire i fortunati milionari dell'Enalotto dei miseri raccattatori di fortuna. Quella che stiamo per raccontarvi è molto più di una storia d'affari, si tratta, semmai, di una confessione “notarile” della ciclopica montagna di soldi che ruota nel sottobosco di queste operazioni “solari” in terra sarda.

Colpo di sole

Mai nessuno avrebbe potuto pensare che quei terreni, venduti per quattro soldi, scippati all'agricoltura e alla pastorizia, potessero diventare, grazie ad un “colpo di sole”, delle vere e proprie miniere d'oro, un enclave affaristico solare dove è possibile moltiplicare l'investimento per migliaia e migliaia di volte. Sì, migliaia di volte, tutto scritto e documentato, supportato da atti certificati che scegliamo di pubblicare per stralci vista l'imponenza del contenuto finanziario.

L'operazione misteriosa

Quando davanti al notaio sfilano i “miracolati” c'è un assistente che scandisce i numeri come se stesse scolpendo l'affare sulle dolomie delle Lepontine. Il primo a sedersi al cospetto del certificatore è Iacopo Magrini, classe 1970, perugino di Città di Castello. È l'amministratore unico della sconosciuta “IM Consulting” la società titolare della bellezza del 15% del capitale sociale della “Sandalia Green srl”, la compagine societaria che dichiara di possedere il 100% di «tutti i diritti di sviluppo, i terreni e le autorizzazioni relative a un progetto per la costruzione e l'esercizio di un impianto fotovoltaico a terra in agro dei Comuni di Uta e Assemini di potenza pari a 69,52 megawatt»…

continua qui

 

 

Assalto solare, espropri pubblici & affari privati – (06-12-23)

Bisogna provare a capirli. Stando allo stato anagrafico, tra domicili e residenze fiscali, non possono che essersi persi. Solo un disorientamento geografico può aver prodotto atti e procedure tanto intricate da renderle un labirinto, dove gli stessi attori protagonisti si dimenano tra le Lagune di Venezia e le Terre di Bari. Del resto non deve essere stato facile sbarcare a ridosso di Bruncuteula, tra lo “Stagno ‘e Forru” e Paringianu, nel profondo Sulcis. Eppure, ci sono arrivati. Per sbancare tutto a colpi di cingolati e ruspe, per ridurre quel territorio, già sfregiato dal calvario industriale, in una lastra infinita di centomila “specchi abbronzanti” capaci di produrre una montagna di incentivi e silicio.

Niente di sardo

Non sono stati originali nemmeno nel nome della compagine, l’hanno registrata con un riferimento geografico solo di facciata: “Mag Sardegna srl.”, l’ennesima società a responsabilità limitata con diecimila euro di capitale per spianare 79 ettari di terra tra Carbonia, Gonnesa e Portoscuso. In realtà di Sardegna questa “srl” senza fissa dimora non ha proprio niente. Anzi. Gli atti notarili, omessi dalla procedura autorizzativa, registrano un quadrilatero d’azione tutt’altro che usuale, dalla Puglia a Verona, da Venezia a Carbonia. È il notaio di Monopoli, quello di Bari, a registrare il trasloco. A presentarsi al cospetto della ceralacca notarile, l’otto febbraio del 2023, è Giuseppe Lillo, un signore che agisce in nome e per conto di Giuseppe Leonardo Marseglia, il titolare del 100% delle quote della Mag Sardegna.

Da Venezia a Bruncuteula

Il passaggio registrato nelle sacre scritture eoliche è una perla: «il presidente espone all’assemblea che si rende necessario trasferire la sede sociale da San Pietro di Morubio» - un borgo di tremila abitanti vicino a Verona - «a Venezia, al numero 753 dell’Isola della Giudecca», perché nel comune veronese «non vi sono uffici idonei ad avere la detta funzione». Insomma, sembra uno scherzo, ma non lo è. Sede amministrativa a Monopoli di Bari, residenza fiscale trasferita da San Pietro di Morubio al Canale della Giudecca a Venezia, progettisti in via della Magliana a Roma, terre da invadere a suon di pannelli fotovoltaici a due passi da Bruncuteula, sulla costa tra Paringianu e Matzaccara, nel profondo sud dell’Isola di Sardegna. Il castello societario è una piramide senza fine, con una certezza che non ammette dubbi: i signori della Mag Sardegna non si sono mai persi…

continua qui

 

 

Monte Arcosu, dalle prugne ai «paradisi fiscali» - (28-12-23)

Terra di nessuno. Come se quelle pendici a ridosso dell’Oasi del Cervo, dominate dal Monte Arcosu, fossero diventate di colpo zona franca, dove tutto è consentito, dove le leggi dello Stato e della Regione si sono fatte in un attimo carta straccia. I Palazzi di Roma questa volta sono stati solerti come non mai, pronti a chiudere occhi e ignorare vincoli e divieti. Un blitz, si potrebbe dire. Questa storia, però, fatta di prugne annientate e paradisi fiscali che incombono, è molto di più. È l’ultima prova di forza di uno Stato “padrone” che non guarda in faccia a nessuno, che ignora la storia, calpesta le norme, cancella senza colpo ferire le più elementari regole della “leale” collaborazione tra Regione e Comuni, se ne infischia di natura, patrimonio ambientale e paesaggio.

Carovona di bulldozer

Più che un colpo di mano, una carovana di bulldozer pronti a sradicare piante e pascoli, radere al suolo ogni valore naturalistico, incuranti di pareri contrari e pericoli incombenti. Sfogliare le carte del procedimento ministeriale di questo ennesimo ciclopico assalto alle porte di Cagliari è come metter mano ad un fascicolo processuale, con tanto di “ardite” affermazioni messe nero su bianco dai novelli “pannellatori” seriali della Sardegna, tutte smentite da “sentenze” circostanziate, dure e inappellabili, degli uffici regionali e comunali. Il progetto di pannelli di silicio da piazzare su più di 200 campi di calcio, uno a fianco all’altro, ha dimensioni senza precedenti, tali da renderlo il più grande campo fotovoltaico mai “imposto” sul suolo nazionale. Quasi 200 ettari di terre agricole da trasformare in una distesa di specchi, posizionati in aree vietate e interdette da norme regionali e statali, in barba alle oasi naturalistiche imposte dalle disposizioni europee.

La fine delle terre agricole

Quando il progetto sbarca in Sardegna è il 31 agosto del 2021. A quel tempo la società che lo presenta negli uffici di viale Trento ha un nome sconosciuto: «Leta srl», società a responsabilità limitata, dislocata niente meno che nella frazione di Sambuceto, nel comune di San Giovanni Teatino, provincia di Chieti in Abruzzo. Cosa c’entri la Sardegna, Macchiareddu, l’Oasi del Cervo, con San Giovanni Teatino è mistero assoluto. Fatto sta, però, che gli uffici amministrativi della Regione non ci stanno. Il rosario di divieti che sottopongono alla Giunta regionale per rispedire al mittente quell’occupazione selvaggia di una distesa infinita di terre agricole è un’enciclopedia di violazioni. La sequenza è un fuoco incrociato: l'impianto determina una rilevante occupazione di suolo agrario (circa 179 ha), già infrastrutturato anche per scopi irrigui, il sito interessa, quasi esclusivamente, secondo il P.U.C. di Uta, aree a destinazione d'uso agricola “E”, caratterizzate da produzione agricola tipica e specializzata. Negli atti la Regione rileva “notizie infondate” quando nella relazione agronomica allegata al progetto si afferma che l'intervento «si pone l'obiettivo di riqualificare un'area ex agricola marginale, ubicata in contiguità del polo industriale di Macchiareddu e in un'area fortemente inquinata». Tutte affermazioni destituite di ogni fondamento. I proponenti, infatti, scrive la Regione, non forniscono «alcun riscontro in merito all'entità e alla natura dell'inquinamento». C’è di più nell’affermazione campata per aria sul degrado della zona: «L'area, infatti, storicamente, - è scritto nel verdetto della Regione - è sempre stata interessata da attività agricole, e non risulta degradata da attività antropiche pregresse o in atto, dunque non è riconducibile alla categoria di “aree da privilegiare per l'insediamento di impianti di energia rinnovabili». Sarebbe bastato questo rilievo per spedire tutti gli atti in uffici diversi da quelli amministrativi, giusto per segnalare che negli atti progettuali, sottoscritti da tecnici di fatto pubblici ufficiali, veniva rappresentata una realtà totalmente diversa da quella effettivamente riscontrabile, senza troppi fronzoli, con un sopralluogo su quell’area a ridosso delle pendici di Monte Arcosu. Che quel progetto fosse un pugno in faccia a paesaggio e natura lo poteva capire anche un neofita di pianificazione ambientale. Scrive la Regione: «La costruzione dell'impianto in esame nell'area prevista, determinerebbe, di fatto, un'estensione della medesima area industriale, alterando significativamente, il paesaggio agrario che ancora caratterizza l'area vasta». Sarebbe bastato arrivare a ridosso di quell’area per incrociare l’ingresso maestoso di quella che fu la “Agricola Mediterranea”, un’intrapresa agraria che aveva tentato di far concorrenza, senza riuscirci, ai grandi “prugneti” californiani. Una coltivazione intensiva di prugne su scala industriale finita male non certo per la qualità dei terreni, ma per l’azzardo colturale-commerciale…

continua qui

 

 

Romeni, spagnoli e ucraini nei cantieri di JP Morgan – (15-03-24)

Sono andati a prenderli dall’altra parte del mondo. Dal Sud America all’Ucraina, dalla Romania alla Spagna. Da terra di nessuno a enclave straniera alle pendici di Monte Arcosu. Dal promontorio di Santa Gilla è un attimo immergersi nella sconfinata devastazione di silicio “solare” “spiaccicato” in migliaia di ettari impunemente sottratti alla natura e alle terre agricole.

Checkpoint Arcosu

Qui, ti può capitare di tutto. Certamente non si passa inosservati. Se varchi quella sorta di “Checkpoint Charlie”, tra il confine sardo e quello “di fatto” americano, tra la zona industriale di Macchiareddu, mortificata da inquinanti fallimenti della storia, e i poderi che gli Yankee, quelli della più potente banca d’affari d’America, la JP Morgan, hanno conquistato a colpi di vagonate di dollari, rischi in un attimo di trovarti circondato da guardie giurate armate come se fossimo nei caveau di Fort Knox. Centinaia di telecamere, direzionali e rotanti, piazzate in ogni angolo di questo surreale paesaggio, stravolto in pochi mesi da migliaia di pannelli fotovoltaici impressionati sul terreno come se non ci fosse un domani.

Wall street osserva

I martelli perforanti avanzano come se non dovessero perdere nemmeno una battuta delle quotazioni di Wall Street, la Borsa finanziaria nel cuore di New York. Ogni giorno di luce solare in più, catturata da quella distesa infinita di specchi, è una catena di slot machine che riempie lo sconfinato portafoglio dei potenti finanzieri d’alto bordo sparsi in tutto il mondo. L’Oasi del Cervo, nell’esclusiva riserva di Monte Arcosu, la più vasta estensione di macchia-foresta e foresta mediterranea d'Europa, è stravolta per sempre. Qualsiasi sia l’orientamento della vista non c’è un solo sguardo che non resti abbagliato da un’operazione “coloniale” senza precedenti, con risvolti che aprono scenari drammaticamente sprezzanti per la Sardegna e i sardi.

Scudieri di guardia

I cantieri sono numerati, cancelli e presidio attivo ovunque, con ronde auto-munite e stanziali.Da proteggere c’è quel “ben di Dio” che finirà, tra vendita di energia a caro prezzo e incentivi miliardari, solo ed esclusivamente nelle casse della potentissima banca d’America. Addentrarsi in questa gigantesca opera di “impermeabilizzazione” dei terreni agricoli, significa toccare con mano il fiato sul collo di “scudieri” che con un monitor vigilano su centinaia di lavoratori sparsi in uno scacchiere che solo la Sonnedix, capitale americano in terra sarda, poteva mettere in campo. Centoventi campi di calcio, uno a fianco all’altro. Progetto da capogiro, con una società da diecimila euro venduta al braccio solare della JP Morgan per la bellezza di 33 milioni di euro. Un’operazione finanziaria senza precedenti. Una giravolta di società che nel cartello di cantiere si sintetizza con la «Sandalia Solar Farm», una srl da diecimila euro, registrata in Corso Buenos Aires a Milano. L’ingresso di “sardi” nel compendio straniero fa scattare immediatamente l’allarme. Via radio parte l’allerta rivolta ai lavoratori sparsi qua e là: non parlate con nessuno. Temono le telecamere, palesi e nascoste, come se avessero il timore di svelare chissà quale segreto. Ne hanno ben donde. Nei piani d’azione, quelli depositati al Ministero della “fantomatica” transizione ecologica, avevano impunemente dichiarato ricadute miracolose per la Sardegna e i sardi, per i territori e per i giovani “locali” affamati di lavoro. Parole al vento, fatte trasecolare come neve al sole. Il Vhf delle ricetrasmittenti, però, non arriva dappertutto. Il blitz giornalistico è articolato, in contemporanea su più fronti, nei poli opposti di questo cantiere senza fine. Quando il primo registratore video irrompe nel cantiere a sud, i lavoratori sono sparsi in un lotto di non meno di 20 ettari. Per “beccare” il primo nucleo straniero bisogna impolverarsi in una vecchia stradina di campagna trasformata in autostrada per tir e bulldozer. Lo sguardo di tutti è sincronizzato verso il basso, nel tentativo di eludere la presenza di forestieri venuti in avanscoperta in quella terra ormai straniera. La casacca è esplicita: Matosca solar, sede fiscale a Valenzia, Spagna autentica. Tutto fuorché impresa sarda.Sono loro i primi lavoratori che svelano il mistero di Monte Arcosu: “aquí todos somos españoles”, “qui, in questo cantiere, siamo tutti spagnoli”. Di italiano non spiccicano nemmeno una parola, ma lo capiscono. Raccontano la vita sarda in terra di pannelli fotovoltaici: in cantiere alle sette e trenta del mattino sino alle diciassette. La vita è sparsa tra residenze improprie, tra Capoterra, Uta, Assemini, ma non solo. I pulmini marchiati spagnolo con targhe straniere, svolgono la funzione del “solar-bus”, caricano - scaricano, e ritorno, con tante fermate. Altro nucleo, più ad est, verso la pedemontana, è nelle mani della Solergy MontaJes, altri spagnoli. Questa volta residenza fiscale a Villarrobledo, nella provincia di Albacete, nella comunità autonoma di Castilla-La Mancha…

continua qui

Nessun commento:

Posta un commento