venerdì 17 maggio 2024

Movimento “Lottiamo Insieme”: l’inerzia delle Istituzioni dinanzi allo strapotere di Poste Italiane (e delle grandi aziende)

 

Quando la legge non è uguale per tutti… perché denaro, potere e amicizie rendono taluni più uguali degli altri!

 

Al Capo dello Stato, Presidente Sergio Mattarella,

Precarietà vuol dire vivere in uno stato di costante incertezza economico sociale che abbraccia e cambia ogni aspetto dell’esistenza quotidiana, generando emozioni negative quali rabbia, angoscia, disperazione. Appare evidente come tale disagio possa compromettere la possibilità di progettare un futuro. Ma significa anche maggiori profitti per le imprese, perché un lavoratore precario è un lavoratore fragile e ricattabile, propenso a rinunciare all’esercizio dei propri diritti nel timore di non essere riconfermato alla scadenza del contratto.

Il principale datore di lavoro in Italia, Poste Italiane, dichiara di promuovere uno «sviluppo sostenibile orientato al benessere dei dipendenti», però ogni anno assume migliaia di giovani precari usa e getta da destinare alle attività di smistamento e consegna della posta. Sono i cosiddetti CTD, coloro che vengono assunti con contratti a tempo determinato, costretti solitamente a spostarsi di centinaia di chilometri da dove risiedono e a farsi carico di spese di locazione non indifferenti, anche solo per brevi periodi. L’occasione di entrare a far parte della grande azienda, prospettata attraverso un’incessante campagna di propaganda, presto si riduce a fugace, e per di più illusoria, esperienza lavorativa. Può durare, infatti, sino a un massimo di dodici mesi.

Successivamente, la possibilità di conquistare l’ambito posto fisso ruota intorno a una procedura di stabilizzazione che si avvale di graduatoria. Formulata in base al numero di giorni di servizio prestati e aggiornata escludendo l’applicazione del diritto di precedenza. Così da favorire l’instaurarsi di logiche clientelari! Circa diecimila persone sono attualmente presenti in questa sorta di limbo senza speranza. La maggior parte si è vista scavalcare da colleghi che hanno avuto la “fortuna” di raggiungere il fatidico traguardo dei 365 giorni di durata contrattuale.

Poste Italiane ha assunto ben 90 mila lavoratori a tempo determinato dal 2017 a oggi. Provvedendo a stabilizzare a malapena 12.500 risorse nel medesimo periodo. Molte delle quali attraverso forme occupazionali flessibili, che si traducono in salari bassi e situazioni di vita difficili. Basti pensare all’ampio ricorso al part time, soprattutto tra le lavoratrici femminili: non è una libera scelta, bensì il risultato di condizioni di lavoro sfavorevoli risultanti da un metodo di sviluppo orientato alla massimizzazione del profitto. Sono tantissimi, ma restano invisibili i precari delle Poste in quanto è necessario maturare almeno sei mesi di servizio per inseguire il sogno del posto fisso e, dunque, accedere alla graduatoria.

Come avrete intuito, nel gioco dell’oca della precarietà griffato Poste il traguardo è precluso a molti. La probabilità di ottenere il doppio sei che garantirebbe l’integrazione a tempo indeterminato varia per ciascuna persona. A differenza delle dure condizioni di lavoro simili ovunque. Orari estenuanti, scarsa sicurezza, straordinari non pagati, sono gli elementi ricorrenti nelle storie raccontate dai giovani precari di Poste Italiane. Si trovano, in sostanza, costretti a lavorare sotto il ricatto della mancata riconferma qualora non completassero le consegne previste. Per tale motivo, nella prassi accettano di prestare più ore di lavoro rispetto a quanto stabilito senza ricevere alcun compenso aggiuntivo. Cioè, a titolo gratuito e in nero!

Il risultato è quello di accendere una guerra tra poveri in cui va avanti chi più sopporta e resiste. Poste Italiane non gioca a dadi con i precari. Nel ricorrere al lavoro temporaneo persegue il conseguimento di un ingiusto vantaggio. Pur rispettando la proporzione tra lavoratori stabili e a termine relativa all’intero organico, quest’ultimi sono concentrati sulle figure di addetti allo smistamento e portalettere. In modo da disporre di una quota enorme di flessibilità nella gestione del servizio postale. L’azienda dovrebbe assumere stabilmente laddove necessario. Invece, continua ad approfittare di una normativa a maglie larghe sui contratti a termine, utilizzabili entro l’anno senza dover chiarire quali siano le ragioni che ne legittimano la sottoscrizione.

Negli ultimi tempi le lavoratrici e i lavoratori precari di Poste Italiane hanno dato vita a un vero e proprio movimento di protesta, «Lottiamo Insieme», per dare voce e speranza all’esasperazione di una moltitudine di donne e uomini, soprattutto giovani, prigionieri nel limbo dell’incertezza. Il «metodo Poste» alimenta precariato e produce sfruttamento, in maniera non dissimile da quanto accade nei sistemi di caporalato. È fondamentale, quindi, intraprendere un deciso cambio di rotta che può avvenire in un’unica direzione: promuovendo l’occupazione stabile e dignitosa, preferibilmente attingendo alle risorse selezionate, formate e utilizzate già in precedenza. Ciò in senso conforme allo spirito della nostra Costituzione.

Nel complice silenzio “sindacale”, Lottiamo Insieme invita pubblicamente le Istituzioni e Poste Italiane a fare scelte consapevoli e rispondenti all’esigenza di garantire piena ed effettiva tutela dei diritti dei lavoratori. Augurandosi che la situazione appena descritta possa costituire un’occasione per riaffermare la centralità della dignità del lavoro, a beneficio di tutti i cittadini. Il caso, tenuto accuratamente lontano dai riflettori, di recente è approdato in Parlamento. Con discrezione e senza clamore. In fin dei conti, questa volta è lo Stato a violare le sue stesse leggi!

Roma, 4 aprile 2024

Carmine Pascale

Andrea Fasano

Movimento Lottiamo Insieme

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