Secondo voi perché un albergo con un tasso di
occupazione delle camere del 72% dovrebbe essere venduto? Forse perché il
proprietario si è visto offrire da un parente di Felice Maniero, il capo della
mafia veneta, una montagna di contanti pari a otto volte il suo valore
commerciale.
Ci sono hotel di lusso nel centro storico di Venezia che hanno cambiato proprietà sedici volte negli ultimi venti anni. Viene però da chiedersi: perché mai i sedici successivi proprietari che si sono rimpallati la gestione erano tutte società finanziarie estere, per sedici volte su sedici con sede in Paesi considerati "paradisi fiscali"?
Nessuno sa quanti storici hotel di lusso, alberghi, ristoranti, bar e soprattutto la miriade di agenzie e imprese di servizi turistici siano passati di mano a Venezia dal 10 ottobre 1980 a oggi. L'unica cosa che si può sapere è che il numero è altissimo, anzi, come cita un documento dell’epoca della Banca d'Italia, "straordinario". E questo "sia per la quantità, qualità che per la concentrazione temporale e geografica delle transazioni". Insomma in pochi anni a partire dal 10 ottobre 1980 su una delle più importanti destinazioni del turismo mondiale si abbatte uno tsunami finanziario, un flusso di investimenti tale che secondo gli allarmati report inviati a via Nazionale ha determinato "distorsioni nel mercato".
Il rapporto è uno dei tanti inviati dalla sede veneziana dell'istituto con allegate le segnalazioni della Camera di Commercio di Venezia e di quella di Padova. Segnalazioni che descrivono con una serie impressionante di numeri e percentuali il vorticoso passaggio di mano delle attività e soprattutto il fiume di denaro necessario per generarlo.
La data del 10 ottobre 1980 è quella in cui tre persone prendono il controllo dell'area attorno al casinò di Venezie e dei traffici che vi si svolgono. Quelle tre persone sono Felice Maniero, all'epoca 26 anni, Gaetano Fidanzati e suo cognato e guardaspalle Nino Duca. Nei mesi precedenti il massimo "ambasciatore" di Cosa nostra nel mondo finanziario, Salvatore Enea, era stato inviato da Milano proprio in Veneto. I rapporti particolareggiati di Banca Italia e Camere di commercio non generano nulla. Vengono scoperti dalla Commissione parlamentare antimafia nel documento dal titolo "Relazione sulle risultanze del gruppo di lavoro incaricato di svolgere accertamenti su insediamenti e infiltrazioni di soggetti e organizzazioni di tipo mafioso in aree non tradizionali " del 1994. Un report in cui si mette nero su bianco che: "Altro settore di particolare interesse per la criminalità organizzata è quello alberghiero nel quale le forze dell’ordine locali registrano in preoccupante aumento il turnover delle proprietà con acquisti, che avvengono per contanti, a prezzi giudicati molto elevati".
Per capire come e dove è stato investito il tesoro costruito sulla pelle di decine di migliaia di ragazzi uccisi o ridotti a zombie dallo spaccio di centinaia di tonnellate di eroina (440 chili al mese) nel Veneto basta quindi applicare il "follow the money". Andare a cercare dove quei soldi grondanti morte sono stati investiti. Peccato che nessuno lo abbia fatto.
Ci sono hotel di lusso nel centro storico di Venezia che hanno cambiato proprietà sedici volte negli ultimi venti anni. Viene però da chiedersi: perché mai i sedici successivi proprietari che si sono rimpallati la gestione erano tutte società finanziarie estere, per sedici volte su sedici con sede in Paesi considerati "paradisi fiscali"?
Nessuno sa quanti storici hotel di lusso, alberghi, ristoranti, bar e soprattutto la miriade di agenzie e imprese di servizi turistici siano passati di mano a Venezia dal 10 ottobre 1980 a oggi. L'unica cosa che si può sapere è che il numero è altissimo, anzi, come cita un documento dell’epoca della Banca d'Italia, "straordinario". E questo "sia per la quantità, qualità che per la concentrazione temporale e geografica delle transazioni". Insomma in pochi anni a partire dal 10 ottobre 1980 su una delle più importanti destinazioni del turismo mondiale si abbatte uno tsunami finanziario, un flusso di investimenti tale che secondo gli allarmati report inviati a via Nazionale ha determinato "distorsioni nel mercato".
Il rapporto è uno dei tanti inviati dalla sede veneziana dell'istituto con allegate le segnalazioni della Camera di Commercio di Venezia e di quella di Padova. Segnalazioni che descrivono con una serie impressionante di numeri e percentuali il vorticoso passaggio di mano delle attività e soprattutto il fiume di denaro necessario per generarlo.
La data del 10 ottobre 1980 è quella in cui tre persone prendono il controllo dell'area attorno al casinò di Venezie e dei traffici che vi si svolgono. Quelle tre persone sono Felice Maniero, all'epoca 26 anni, Gaetano Fidanzati e suo cognato e guardaspalle Nino Duca. Nei mesi precedenti il massimo "ambasciatore" di Cosa nostra nel mondo finanziario, Salvatore Enea, era stato inviato da Milano proprio in Veneto. I rapporti particolareggiati di Banca Italia e Camere di commercio non generano nulla. Vengono scoperti dalla Commissione parlamentare antimafia nel documento dal titolo "Relazione sulle risultanze del gruppo di lavoro incaricato di svolgere accertamenti su insediamenti e infiltrazioni di soggetti e organizzazioni di tipo mafioso in aree non tradizionali " del 1994. Un report in cui si mette nero su bianco che: "Altro settore di particolare interesse per la criminalità organizzata è quello alberghiero nel quale le forze dell’ordine locali registrano in preoccupante aumento il turnover delle proprietà con acquisti, che avvengono per contanti, a prezzi giudicati molto elevati".
Per capire come e dove è stato investito il tesoro costruito sulla pelle di decine di migliaia di ragazzi uccisi o ridotti a zombie dallo spaccio di centinaia di tonnellate di eroina (440 chili al mese) nel Veneto basta quindi applicare il "follow the money". Andare a cercare dove quei soldi grondanti morte sono stati investiti. Peccato che nessuno lo abbia fatto.
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