Niente male come notizia, vero? Quando l’ho letta, per
poco non cadevo dalla sedia. Ieri a Milano è stata presentata FreeJourn,
la prima piattaforma per giornalisti freelance che hanno idee, inchieste e
approfondimenti da proporre e che ora possono affidarsi ad un sistema di
crowdfunding per piazzarli nel mercato editoriale. Un progetto ambizioso,
sostenuto da Google (ormai anche i padroni del mondo hanno pena di noi
giornalisti e cercano perfino di aiutarci) e che nasce grazie alla società
News3.0 di Paolo Madron (lettera43,
giusto per capirci) che ha creduto nell’intuizione di Gea Scancarello (complimenti).
La sala della Base Milano in via Bergognone
(all’interno di un gigantesco ex complesso industriale dalle parti di Porta
Genova, già sede delle acciaierie Ansaldo e oggi trasformato in ciò che sarebbe
dovuto essere a Cagliari la nostra Manifattura Tabacchi, ma non gettiamo sale
sulla ferita) ieri era piena di giornaliste e giornalisti, curiosi e un po’
speranzosi nelle potenzialità taumaturgiche di questa nuova piattaforma.
Funzionerà? Non funzionerà? A fine presentazione mi sembra che tra i colleghi
prevalesse lo scetticismo ma l’avventura è appena iniziata (e noi abbiamo
sempre da ridire), e comunque per ingolosire i professionisti dell’informazione
gli amici di FreeJourn hanno tirato fuori due inchieste niente male.
La prima riguarda il cosiddetto “modello Riace”
adottato dal comune della Locride nell’accoglienza dei migranti. Sembrava un
esempio virtuoso, invece le cose forse stanno diversamente.
Poi c’è #cartefalse, l’inchiesta che riguarda in
principal modo la Saras di Sarroch e il sistema di controlli che esiste nella
raffineria per scongiurare gli incidenti e che invece, secondo i tre
giornalisti che hanno scritto l’articolo, “si basa su carta straccia”.
Certo che è proprio un periodo nerissimo per le
industrie sarde, messe ovunque in cattiva luce per colpa di organismi di
controllo che non fanno per niente il loro dovere! Solidarietà alle nostre
industrie, vittime del sistema a Sarroch come a Macchiareddu!
In ogni caso, io non vi svelo nulla: per leggere l’inchiesta
basta registrarsi su freejourn.org, e benvenuti nell’era del
giornalismo 3.0.
Alla fine della presentazione mi avvicino ai tre baldi
e giovani colleghi che rispondono ai nomi di Cecilia Anesi,
Lorenzo Bagnoli e Giulio Rubino. “Beh, la Saras
non vi ha ancora querelato?” attacco io per metterli subito a loro agio. “Forse
non hanno ancora letto l’articolo…”, scherza Cecilia.
I tre sono tipi tosti; appartengono infatti all’Irpi,
Investigative Reporting Project Italy, un collettivo che si occupa di
giornalismo investigativo. “Questa nostra inchiesta è nata da un leak”, hanno
spiegato alla platea di Base Milano. Praticamente, qualcuno ha bugato “ma poi
trovare i riscontri è stato un lavoro accurato e molto certosino. E
soprattutto, lungo”.
Già: perché, come ha spiegato nel corso della serata
Milena Gabanelli, “nel giornalismo d’inchiesta non si può avere
fretta, né pensare di arrivare al raggiungimento di una qualche verità
definitiva. Allo stesso modo, bisogna evitare di avere quel linguaggio
convenzionale che oggi ha stancato i lettori e gli spettatori. La sfida che
attende i giovani giornalisti è soprattutto questa”.
La sfida che attende l’opinione pubblica sarda è invece
quella di prendere atto che dalle parti di Sarroch non tutto funziona come la
Confindustria, i sindacati e i partiti politici di destra e di sinistra
vogliono farci intendere.
Quindi ora mi chiedo: l’inchiesta lanciata da
FreeJourn sarà ripresa dalle nostre testate? La società dei Moratti risponderà
alle accuse circostanziate lanciate da #cartefalse? I sindacati avranno
finalmente qualcosa da dire?
Questo dipenderà anche da voi lettori, dalla vostra
capacità di mobilitarvi ed essere opinione pubblica seria e responsabile:
perché il giornalismo questa volta ha fatto il suo dovere.
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