Madame Le Pen non ha
vinto le elezioni francesi, e non vincerà nemmeno nel ballottaggio. La buona
notizia è questa, non è una notizia esaltante invece che Macron sarà il
presidente francese; ma ciò dipende dal fatto, confermato dal risultato del
voto del 23 aprile, che il popolo c’è, mancano i leaders, e i partiti sono
ormai senza visione e cultura.
Passata ora la grande paura
di un trionfo della destra xenofoba, si evidenzia però che il vero problema è
quello della posizione da prendere riguardo alla grande migrazione divenuta
ormai strutturale e permanente nella nuova realtà della globalizzazione. Ma se
le elezioni si decidono sui migranti, ciò vuol dire che tale questione è
diventata il nodo centrale della politica, e sulla risposta che si dà a tale questione
sta o cade la democrazia. Lo Stato moderno, cioè lo Stato di diritto, muore o
sopravvive in questo passaggio cruciale.
Infatti ci sono solo due
risposte possibile a questo problema: uno è quello della destra, il rifiuto, i
muri, la blindatura dei confini, i patti leonini stabiliti con la Turchia o con
la Libia per ricacciare i profughi al di là del mare, o il muro che spezza a
metà l’America, tra gli Stati Uniti ed il Messico; ed è su questo crinale che
monta l’intolleranza e finisce la democrazia e lo Stato di diritto; oppure la
soluzione è una Schengen mondiale, le frontiere che si aprono non solo ai
capitali, ai beni materiali, al commercio, ma alle persone, alle famiglie, alle
religioni e alle culture; e la gente che può andare a vivere dove vuole, senza
tratta senza torture e senza scafisti, in nave, in aereo o per via di terra,
con un semplice visto.
L’alternativa civile,
quella che permette la ripresa del progresso storico, è l’accoglienza e
l’integrazione, è l’alternativa incessantemente riproposta da papa Francesco,
che la politica però, terrorizzata, rifiuta, e non solo la politica dei Le Pen
e dei Salvini. Ma la politica la rifiuta perché non osa il cambiamento, che
certamente deve essere profondo, e deve mettere la scure alla radice stessa della
globalizzazione capitalistica e della trionfante ideologia del denaro e del
profitto, perché fare posto a tutti nel mondo, in condizioni di eguaglianza e
senza più la discriminazione della cittadinanza, comporta una rifondazione dei
rapporti economici finanziari e politici negli Stati e tra i popoli, e un
accorciamento della distanza incolmabile tra il pozzo senza fondo della
ricchezza e la palude sterminata della miseria. Ed è appunto proprio questo che
si deve fare.
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