venerdì 9 giugno 2017

Amnesty international si schiera per il boicottaggio economico di Israele: "Non si può più rimanere a guardare"



Amnesty International ha chiesto alla comunità internazionale di vietare l'importazione di tutte le produzioni provenienti dagli insediamenti illegali israeliani e di porre fine a profitti multimilionari che hanno alimentato violazioni dei diritti umani di massa ai danni dei palestinesi.
In occasione del 50esimo anniversario dell'occupazione israeliana della Cisgiordania, comprese Gerusalemme Est e la Striscia di Gaza, l'organizzazione per i diritti umani ha lanciato una nuova campagna per chiedere agli stati di proibire l'ingresso nei loro mercati di beni prodotti negli insediamenti e di impedire alle loro aziende di operare negli insediamenti o commerciare beni provenienti dagli insediamenti. La campagna rappresenta la seconda iniziativa contro Israele in questi giorni dopo quella dell'Onu che in un dossier ha raccolto le storie di cinquanta palestinesi le cui vite sono state fortemente danneggiate dall'occupazione di Tel Aviv.
"Per decenni il mondo è rimasto a guardare, mentre Israele distruggeva le case dei palestinesi e depredava le loro terre e risorse naturali a scopo di profitto. Mentre 50 anni di politiche abusive impedivano lo sviluppo dell'economia palestinese, negli insediamenti prosperava una multimilionaria attività imprenditoriale basata sulla sistematica oppressione dei palestinesi", ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International.
"Cinquant'anni dopo, limitarsi a condannare l'espansione degli insediamenti israeliani non basta più. Gli stati devono prendere misure concrete a livello internazionale per cessare di finanziare gli insediamenti che, loro stessi, violano clamorosamente il diritto internazionale e costituiscono crimini di guerra", ha aggiunto Shetty.
Ogni anno vengono esportati beni del valore di centinaia di milioni di dollari, prodotti negli insediamenti israeliani edificati sulle terre palestinesi occupate, nonostante il fatto che la vasta maggioranza degli stati abbia ufficialmente condannato gli insediamenti in quanto illegali secondo il diritto internazionale. Nel corso degli anni, le imprese israeliane e internazionali hanno favorito la costruzione e l'espansione degli insediamenti.
La politica israeliana di insediare civili nelle terre palestinesi occupate ha prodotto una miriade di violazioni dei diritti umani: decine di migliaia di abitazioni e proprietà palestinesi sono state demolite, centinaia di migliaia di palestinesi sono stati sottoposti a sgomberi forzati; numerose famiglie sono state allontanate dalle loro case o dai loro terreni per far posto agli insediamenti; almeno 100.000 ettari di terre palestinesi sono stati requisiti a uso esclusivo degli insediamenti.
Israele ha inoltre illegalmente preso il controllo delle risorse naturali palestinesi come l'acqua, i terreni fertili, le cave e i minerali a beneficio delle imprese agricole, manifatturiere e dei materiali da costruzione che producono beni spesso destinati all'esportazione.
Allo stesso tempo, Israele ha imposto restrizioni arbitrarie ai palestinesi, impedendo di avere accesso e fare uso della loro acqua, della loro terra e delle loro risorse, limitando in questo modo il loro sviluppo economico e violando i loro diritti economici e sociali.
In Cisgiordania le infrastrutture degli insediamenti, come ad esempio le strade riservate ai coloni, hanno diviso città e villaggi palestinesi e hanno gravemente limitato la libertà di movimento dei palestinesi. Israele mantiene inoltre in vigore un illegale blocco aereo, navale e terrestre nei confronti della Striscia di Gaza da circa 10 anni, con la conseguenza che due milioni di persone restano intrappolate in un'area grande meno della metà di New York.
"Una delle tragedie di 50 anni di incessanti violazioni collegate all'occupazione è che il mondo si è abituato allo scioccante livello di oppressione e umiliazione che i palestinesi affrontano nella loro vita quotidiana nei territori occupati", ha osservato Shetty.
"Ma come possono gli stati consentire ancora il sostegno finanziario a una politica sugli insediamenti che è inerentemente crudele, discriminatoria e criminale, una politica che permette ai coloni israeliani di vivere su terre rubate, in case con prati irrigati e piscine, mentre le comunità palestinesi accanto a loro sono private dell'accesso a quantità di acqua potabile e di elettricità sufficienti per le loro necessità primarie?", ha chiesto Shetty.
Tutti gli stati hanno l'obbligo di assicurare il rispetto del diritto internazionale umanitario e di non riconoscere né favorire in alcun modo la situazione illegale che le politiche israeliane sugli insediamenti hanno creato. In altre parole, gli stati dovrebbero usare la loro influenza per fermare queste violazioni.
"Gli stati che continuano ad aiutare lo sviluppo economico degli insediamenti stanno clamorosamente venendo meno ai loro obblighi internazionali e alle politiche che si sono impegnati a rispettare. Sulla base del diritto internazionale, gli stati devono assicurare che le loro azioni, e quelle dei loro connazionali, non riconoscano né favoriscano situazioni o atti illegali", ha precisato Shetty.
"Vietando l'importazione dei prodotti degli insediamenti israeliani e adottando leggi e regolamenti per impedire alle loro aziende di operare negli insediamenti, i governi di ogni parte del mondo hanno l'opportunità di cambiare concretamente le vite di milioni di palestinesi che hanno sin qui subito decenni di ingiustizia, discriminazione e negazione della dignità", ha aggiunto Shetty.
Nel corso degli ultimi decenni, numerose risoluzioni delle Nazioni Unite hanno confermato che gli insediamenti israeliani violano il diritto internazionale. L'ultima, adottata dal Consiglio di sicurezza nel dicembre 2016, chiede a Israele di porre fine a tutte le attività legate agli insediamenti nei Territori palestinesi occupati e a tutti gli stati di distinguere, nelle loro attività commerciali, tra lo stato d'Israele e i territori occupati dal 1967.
Ciò nonostante, negli ultimi mesi Israele ha accelerato l'espansione e il sostegno degli insediamenti, annunciando piani per migliaia di nuove abitazioni in quelli già esistenti e altrettante migliaia in due nuovi insediamenti.
"Israele ha reso abbondantemente chiaro che mantenere ed espandere gli insediamenti è prioritario nei confronti del rispetto del diritto internazionale. Ora il mondo deve rispondere con altrettanta chiarezza che non tollererà ulteriormente il flagrante disprezzo di Israele per il diritto internazionale", ha proseguito Shetty.
Dall'occupazione del 1967, Israele ha consolidato il suo repressivo controllo militare sui Territori palestinesi occupati attraverso migliaia di decreti molti dei quali criminalizzano attività pacifiche e prevedono limitazioni eccessive ai palestinesi, ostacolando la loro vita quotidiana.
Questi decreti militari sono stati usati per fornire copertura a diffuse violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario, come l'ampia appropriazione di proprietà e risorse naturali, la demolizione di case ed esercizi commerciali, l'arresto arbitrario e la detenzione illegale di centinaia di migliaia di palestinesi e le punizioni collettive ai danni di milioni di loro. Nel corso degli anni, le forze israeliane hanno ucciso illegalmente numerosi palestinesi.
"Desta profondo turbamento il fatto che, nei 50 anni di occupazione, vi è stata una pressoché totale impunità per i crimini di guerra, i crimini contro l'umanità e le altre violazioni dei diritti umani che hanno avuto luogo nei Territori palestinesi occupati", ha rilevato Shetty.
"Il mondo ha assistito al terribile prezzo di 50 anni di gravi violazioni ignorate e di incessante sviluppo degli insediamenti illegali. Ecco perché è fondamentale che gli stati adottino misure concrete per porre fine e fornire un rimedio a queste violazioni", ha sottolineato Shetty.
"Gli stati dovrebbero partire dall'imposizione di un divieto d'importazione sui prodotti provenienti dagli insediamenti israeliani, stabilire un embargo totale di armi dirette a Israele e ai gruppi armati palestinesi e porre fine a decenni d'impunità, anche attraverso indagini della Corte penale internazionale. I palestinesi non devono essere condannati ad altri 50 anni di oppressione e ingiustizia", ha concluso Shetty.

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