Continuano le proteste nella regione
settentrionale marocchina del Rif: per l’ottava notte consecutiva, ieri,
migliaia di persone sono scese in piazza per chiedere il rilascio di Nasser
Zefzafi, leader del Movimento Popolare, al-Hirak al-Shaabi, che da mesi chiede
lavoro e giustizia sociale.
Ieri teatro della protesta è stato il porto della città di al-Hoceima
dove ad ottobre morì Mouhcine Fikri,
venditore ambulante di pesce di 31 anni, ucciso da un camion della spazzatura
mentre tentava di recuperare un pesce spada confiscato e gettato via dalla
polizia.
Dopo mesi di tensioni e
manifestazioni, le proteste sono
riesplose con più
vigore a metà maggio fino all’arresto, lunedì, di Zefzaki, ancora detenuto a
Casablanca. Dopo la preghiera del
venerdì, migliaia di persone sono scese in strada e si sono scontrate con la
polizia: “Se imprigionate i nostri leader – hanno gridato – resisteremo fino a
quando le nostre richieste non saranno accolte”.
La reazione della polizia è giunta con
i cannoni ad acqua, sparata per disperdere la folla. I manifestanti hanno
risposto lanciando pietre e, con un atto simbolico, bruciando alcuni dei loro
passaporti.
Il governo per ora risponde con
qualche promessa: ieri il portavoce del
governo, Mustafa al-Khalfi, ha parlato di “dialogo aperto con la società
civile” e annunciato l’invio di una delegazione che incontri i leader del
Movimento Popolare. Ma la comunità del Rif, regione da sempre in tensione
aperta con il governo centrale, non crede alle parole di chi finora non ha
garantito né investimenti né redistribuzione del reddito, di
uno Stato che si palesa solo con le uniformi della polizia, considerata
responsabile di abusi umilianti verso i lavoratori.
Di queste richieste Zefzaki è simbolo:
39 anni, disoccupato, si è posto alla guida di una popolazione stanca. Al momento è detenuto con altri 31 manifestanti, l’accusa è “attacco alla
sicurezza interna” per
aver interrotto la preghiera in una moschea di al-Hoceima per chiamare i fedeli
alla piazza. Su richiesta degli avvocati la prima udienza è stata fissata per
il 6 giugno. Nel frattempo la sua casa è stata
perquisita dalla polizia, alcune proprietà danneggiate e i libri confiscati.
Proteste giungono da Amnesty
International che accusa il governo marocchino di arresti di massa contro
manifestanti “che chiedono la fine della marginalizzazione delle proprie
comunità e migliore accesso ai servizi nella regione”.
“Ad alcuni detenuti è stato negato
immediato accesso ai propri legali – si legge nel comunicato di Amnesty – In alcuni casi i legali in grado di incontrare i propri clienti al
tribunale di al-Hoceima hanno visto sui loro corpi i segni di ferite e di
pestaggi. Temiamo
che questa ondata di arresti sia un tentativo deliberato di punire i
manifestanti del Rif per mesi di proteste pacifiche”.
In tutto sono 71 i detenuti dal 26 al 31 maggio, accusati informalmente
di reati diversi: lancio di pietre, insulto e assalto a pubblico ufficiale,
ribellione, manifestazione non autorizzata. Vanno rilasciati, aggiunge Amnesty: il codice penale
marocchino permette la detenzione senza accuse formali per tre giorni, per 8
solo nel caso di offese alla sicurezza dello Stato.
Nei giorni scorsi proteste in
solidarietà si sono tenute anche in altre città marocchine, Tangeri,
Casablanca, Rabat. A monte un disagio
sociale diffuso che non riguarda solo il Rif: la disoccupazione
giovanile resta alta, superando il 25%, e l’economia arranca. Di investimenti
nelle zone periferiche non arrivano e le nuove infrastrutture progettate dallo
Stato hanno interessato solo settori specifici, elettronica e aeronautica in
particolare.
da qui
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