lunedì 22 febbraio 2021

Aimé Césaire, la Croazia e “Diario del ritorno al paese natale” - Marco Siragusa

Aimé Césaire è stato tra i più noti intellettuali afro-caraibici, padre del movimento letterario e politico della Negritudine e ispiratore dei movimenti anticoloniali del dopoguerra. Una curiosa storia lega la sua opera più famosa, fondamento teorico dell’anticolonialismo del dopoguerra, al paese balcanico

 

Aimé Césaire nasce nel 1913 a Basse-Pointe, nell’isola caraibica di Martinica ancora oggi appartenente alla Francia. Pur provenendo da una famiglia modesta, i genitori riescono a mandare il giovane Césaire nella scuola secondaria dell’isola. Nel 1934 Aimé ottiene una borsa di studio per l’École Normale Supérieure di Parigi, uno degli istituti d’élite del paese.

Lì conosce il suo collega croato Petar Guberina, che diverrà in seguito uno dei maggiori esperti mondiali di fonetica e fondatore dell’Istituto di Studi Africani a Zagabria. Tra i due nasce una forte e sincera amicizia tanto che, durante l’estate del 1935, Guberina invita Césaire nella casa di famiglia a Šibenik (Sebenico), cittadina sulla costa dalmata a pochi km di distanza da Spalato.

Ai tempi Šibenik faceva parte del Regno di Jugoslavia, istituito nel 1929 dal Re Aleksandar Karađorđević. L’intenzione iniziale di Césaire era quella di tornare a casa per le vacanze estive ma le difficoltà economiche gli impedivano di intraprendere quel lungo e costoso viaggio. Decide così di accettare l’invito dell’amico e di recarsi in Croazia, dove passò ben quattro mesi.

L’arrivo di Césaire aveva lasciato stupiti molti abitanti, per nulla abituati a vedere un nero tra le strade del proprio paese. La vera sorpresa però l’avrebbe ricevuta proprio Aimé Césaire. Come raccontato in un testo di Francoise Vergès, attivista femminista decoloniale, appena arrivato a casa della famiglia Guberina, Césaire si affacciò alla finestra. Guardando la penisola di fronte la città il paesaggio gli ricordò subito quello della sua isola natia. Chiese così all’amico il nome di quel luogo. Guberina rispose «Martinska». Césaire rimase stupito e affermò «Martiniska! Tradotto in francese significa Isola di San Martino, ma è Martinica!». Esattamente come casa sua. Guberina regalò un quaderno all’amico che, affacciato a quella finestra, cominciò a scrivere la sua opera forse più famosa Cahier d’un retour au pays natal (Diario del ritorno al paese natale).

Quel paesaggio, così simile a casa, stimolò le riflessioni più significative elaborate poi nel Diario. L’opera, pubblicata per la prima volta nel 1939, è considerata il fondamento teorico delle lotte anticoloniali del dopoguerra. In quest’opera Césaire guarda alle proprie origini liberandosi progressivamente dalle lenti della sua formazione progressista europea, rapportandola dunque con le reali condizioni di esistenza delle colonie, fatte di povertà, spoliazione, negazione. La Negritudine, che viene espressa in maniera strutturata per la prima volta, è il dispositivo con cui il poeta martinicano rivendica il rifiuto dell’identità imposta dai colonizzatori attraverso la presa di coscienza della propria condizione, del proprio essere nero.

Lo stesso Césaire non avrebbe mai potuto immaginare che, a distanza di 26 anni dal suo soggiorno croato, la Jugoslavia, questa volta quella socialista guidata dal Maresciallo Josip Broz Tito, sarebbe stata la capofila del Movimento dei Paesi Non Allineati. Nato nel 1961 a Belgrado, il Movimento rappresentò il cosiddetto “terzo blocco” riunendo 28 paesi in via di sviluppo in una sorta di alleanza anticoloniale in grado di fornire assistenza, anche militare, alle lotte di indipendenza nazionale portate avanti sopratutto in Africa.

Qualche anno prima, nel 1956, Césaire rompeva con il Partito Comunista Francese attraverso una lettera indirizzata al Segretario, dal 1930 al 1964, Maurice Thorez. In quella lettera Césaire cita la Jugoslavia come un’eccezione in mezzo a tanti paesi europei dove «burocrazie usurpatrici lontane dal popolo […] sono riuscite ad ottenere […] il penoso miracolo di trasformare in un incubo ciò che l’umanità ha, così a lungo, nutrito come un sogno: il socialismo». Una dimostrazione del grande rispetto e ammirazione, alimentata dal rapporto con Guberina, per il sistema socialista jugoslavo, alternativo allo stalinismo sovietico.

La storia del soggiorno sebeniciano di Césaire ha cominciato ad esser sempre più conosciuta grazie al lavoro di Maja Klarić e dell’associazione Fotopoetika che negli ultimi anni, sostenuta dall’impegno della città di Šibenik per il turismo culturale, ha organizzato diversi eventi sul tema. Come ci ha spiegato Klarić, “il principale obiettivo di questi eventi era quello di far conoscere la storia e iniziare la traduzione del libro. Era una vergogna che non fosse stato tradotto proprio lì dove cominciò ad essere scritto”.

Il libro, tradotto da Vanda Mikšić grazie anche al contributo dall’Ambasciata francese e della città di Šibenik, è stato presentato venerdì 27 novembre nella biblioteca comunale. L’appuntamento è stato organizzato dall’associazione Mladi u EU in collaborazione con l’Ambasciata del Belgio a Zagabria, la Casa dei diritti umani di Zagabria e la Wallonie-Bruxelles International. L’anno scorso il comune aveva già posto una targa nella casa natale di Petar Guberina ma senza nessun accenno alla visita di Césaire.

La vicenda è stata raccontata anche in due documentari. Il primo, del 1991 intitolato Martinska-Martinique, del regista keniota Lawrence Kiiru. Il secondo, del 2013, dal titolo Notebook of return to the homeland di Véronique Kanor e Fabienne Kanor.

 

Riferimenti

Dattiloscritto del Diario di un ritorno al paese natale, Assemblea nazionale francese, www.assembly-nationale.fr

F. Vergès, A. Césaire, G. Gnisci (trad.), Negro sono e negro resterò. Conversazioni con Françoise Vergès, Città aperta, 2006

A. Césaire, Lettera a Maurice Thorez, 1956, in M. Mellino, A. R. Pomella, (a cura di): Marx nei margini. Dal marxismo nero al femminismo postcoloniale, Alegre, Roma, 2020, pp. 45-55.

 

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