giovedì 24 giugno 2021

La scuola e la morte di Adil - Daniele Ferro

 

L’uccisione del sindacalista Adil Belakhdim c’entra con un fallimento educativo della scuola? Me lo sono chiesto mentre mi riappariva un episodio di qualche anno fa: un amico mostrava alla compagnia serale un giubbotto acquistato online. «È un servizio comodissimo: se la merce poi non ti va bene lo segnali, te la vengono a riprendere e non costa nulla», spiegò.

Ma chi la paga, la comodità del nostro modo di vivere veloce e usa e getta? La pagano altri esseri umani e la Terra. Comoda la plastica ad esempio, comodo un ordine online che potremmo sostituire con la relazione e la fiducia con un negoziante di quartiere. Invece, anche per soddisfare comodità individuali, abbiamo file di camion sulle autostradeastronavi di capannoni e cemento atterrati sulla campagna per smistare merci, e infine furgoni con a bordo gli sguardi sfuggenti e stressati dei corrieri che percorrono di continuo le strade cittadine.

Adil Belakhdim è stato investito il 18 giugno nel novarese da un autotrasportatore della Lidl durante un presidio davanti al magazzino del supermercato, ma il contesto delle lotte dei lavoratori della logistica riguarda tutto il settore, non solo alimentare: un comparto che se certo è esploso con la pandemia, si era già ingigantito per il nostro recente stile di vita da consegna a domicilio. Ken Loach lo ha mostrato al cinema nel 2019 con il film Sorry we missed you, protagonista la vita disperata di un corriere.

Nel 2016 a Piacenza fu il facchino Abd Elsalam Ahmed Eldanf ad essere ucciso da un tir durante un’altra manifestazione sindacale, davanti ai magazzini della Gls.

Questa situazione – migliaia di merci in viaggio con la porta di un singolo consumatore come destinazione finale – c’entra con la scuola? Le Indicazioni Nazionali, nel paragrafo su L’alfabetizzazione culturale di base, affermano che la scuola primaria deve porre le «premesse per lo sviluppo del pensiero riflessivo e critico». Sono parole meravigliose che invitano gli insegnanti a lavorare con i bambini in una palestra socratica: dobbiamo offrire contesti, esperienze e risorse perché i bambini negli anni possano costruirsi una mente dubitativa, pronta a chiedersi se sia bello e giusto ciò che propone la società capitalista in cui viviamo, indirizzandoci – tra l’altro – alla comodità dell’usa e getta e della più recente velocità a domicilio, tanto meglio se gratuita.

L’episodio dell’amico – una giovane persona laureata – entusiasta per il servizio del giubbotto giunto per pacco, ricorda che senso critico e livello d’istruzione non coincidono. E verrebbe da esserne felici, se ciò significasse che conclusa anche solo la scuola dell’obbligo ogni ragazzo possiede strumenti per ragionare e decidere nel rispetto degli altri e del pianeta.

La lotta dei lavoratori della logistica ammonisce sulle nostre scelte di acquisto online: meno merci a domicilio in viaggio, più diritti per i corrieri.

E a noi maestri questa tragica vicenda suggerisce che nell’ambito dell’Educazione civica bisogna riflettere sull’urgenza della questione ambientale intrecciandola ad un’ampia educazione alla sostenibilità che contempli le scelte e le modalità di acquisto, per comprendere quanto si cela dietro le nostre decisioni di consumo, dallo sfruttamento di risorse e di lavoratori allo smaltimento dei rifiuti.

Forse dovremmo portare i bambini in un campo di grano adiacente un’autostrada e chiedere loro, con un percorso di ricerca senza destinazione predeterminata, ma da tracciare insieme: «Secondo voi, perché ci sono tutti questi camion?».

Se la scuola ha fallito in passato, c’è sempre un futuro da costruire.

da qui

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