sabato 24 settembre 2022

IL PRINCIPIO DELLA FINE DEL DOMINIO AMERICANO SUL MONDO - Gabriele Germani

Il principio della crisi degli USA è da ricercare negli anni ’70.


All’interno del sistema-mondo (legato alla globalizzazione economica e finanziaria) e quindi all’interno di questo ciclo di accumulazione finanziaria, possiamo riscontrare l’inizio della crisi degli USA negli anni ’70.

*** Fine della convertibilità del dollaro in oro (1971), l’apertura alla Cina in funzione anti-sovietica e anti-vietnamita (1972), la sconfitta in Vietnam – e successivamente in Laos e Cambogia – (1975), rivoluzione islamica in Iran con crisi degli ostaggi dell’ambasciata (1978/1979), rivoluzione sandinista in Nicaragua (1979) ***

Questo decennio di crisi fu parzialmente superato con l’affermazione del modello neo-liberista, dell’informatica e con la scenografizzazione della vita pubblica e della politica (tutte caratteristiche tipiche del decennio successivo).

La maggiore libertà finanziaria e la lenta affermazione del settore informatico associati al rampante divismo televisivo degli anni ’80 (specie se messi a confronto l’URSS che viveva la guerra in Afghanistan e il disastro di Chernobyl) diedero una percezione di benessere e forza.

Gli USA (sconfitto il nemico sovietico) si proiettavano negli anni ’90 con un’immagine di forza unipolare estesa a tutto il globo (primo caso nella Storia). L’ideologia neoliberale diventava la normalità scientifico-economica, il bipolarismo e il presidenzialismo (l’elezione diretta non importa se del sindaco o del presidente) la panacea a tutti i mali, destra e sinistra due modi diversi di arrivare a un comune scopo: l’arricchimento più rapido, nel minor tempo possibile, con una sfarinata di diritti umani (ovviamente tutto riconducibile alla tradizione occidentale).

Gli anni 2000 rappresentarono un nuovo rilancio della missione militare, il momento in cui una potenza in crisi comincia ad avvertire come imminenti i segni di decadenza: lo stesso euro, ben inserito nella cornice del capitalismo internazionale, poteva diventare pericoloso strumento in mano a un Germania riunificata.

Poi la crisi del 2008, la Grande Crisi: quello che fino ad allora era sembrato un gioco, si faceva realtà.

La Cina con un’economia ben piazzata cominciava a fare sul serio e sopratutto cominciava a fare sul serio nel ruolo di rimpiazzo internazionale dove gli USA (prima alle prese con la crisi, poi con una lotta politica all’interno della classe dirigente, alias Trump contro Resto del Mondo) non riuscivano più ad arrivare.

Il baricentro del mondo cominciò in modo più deciso a spostarsi verso Est e i Paesi in Via di Sviluppo (quelli che un tempo avremmo definito Terzo Mondo) cominciarono a aggrumarsi in una serie di progetti locali, il più ardito dei quali si basò sulla sigla dei contraenti: BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa).

Così a dispetto della retorica sulla globalizzazione, abbiamo visto lentamente il mondo rialzare rivalità, barriere, veder sorgere nazionalismo, particolarismi, isolazionismi.

Il centro del sistema-mondo (USA e Alleati) si ritrovano così a dover preparare una strategia di contenimento del nemico. Da qui la Guerra in Ucraina, spinta in ogni modo tramite provocazioni e violazioni degli accordi da parte ucraina (con supporto occidentale), dove l’Occidente è disposto a spendere armi e soldi, ma non a combattere (lo scopo del conflitto è impantanare la Russia e magari farle perdere la faccia con i vicini slavi, non salvare gli ucraini); usando nel frattempo le sanzioni e Taiwan per portare avanti il decoupling da Cina e Russia.

Il conflitto aumenta e questo spinge gli attori a stringersi agli amici, organizzarsi in gruppi, l’Occidente si scopre più solo, la Russia è resistente e il resto mondo è molto disinteressato a quanto accade in Europa dell’Est (l’eurocentrismo è la prima vittima del conflitto).

Abbiamo lungamente pensato che la Cina avrebbe impiegato decenni a soppiantare gli USA come potenza mondiale (e forse gli USA stessi si sono crogiolati in questa aspettativa pluridecennale), ma proprio rileggendo il post si capisce che il seme del declino (molto più rapido di quanto previsto) era già in noce in quella stretta di mano tra Mao e Nixon nel 1972.

Gli USA isolavano la Cina dall’URSS e dal Vietnam, ma non la spostavano geograficamente e sopratutto non riuscirono ad attuare in Cina sul finire degli anni ’80, la stessa operazione di penetrazione politica che attuarono in Russia (e forse data l’apertura economica la perseguirono con minor interesse).

In quella lontana stretta di mano, gli USA ammettevano di non poter combattere tutta l’Asia, bisognava dividere il nemico, colpire il più forte (all’epoca l’URSS), dare qualcosa all’altro (Cina) e pazientare.

I conti funzionarono, ma non del tutto. Il nemico debole si rivelò saggio e determinato, il nemico forte crollò su stesso e pieno di rancore si rivolse al vecchio amico.

Una Cina e una Russia con rapporti di forza ribaltati, si sono saldate, questa volta con l’esperienza di cosa accade quando si dividono.

da qui

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