giovedì 26 ottobre 2023

La guerra, vista da vicino - Joaquín Urías


Sono diventato adulto in una guerra. Quella della Bosnia. A partire dal 1993 ho vissuto per diversi anni nei campi dei rifugiati della ex Jugoslavia e lì sono diventato, in larga misura, la persona che sono oggi. I miei amici sono morti in quegli anni. Altri hanno perso le loro famiglie. La maggior parte di loro è rimasta senza casa. Ho vissuto da vicino la disperazione di chi ha perso tutto e l’angoscia personale ogni volta che bombardavano un quartiere, distruggevano un edificio emblematico o entravano in un villaggio mettendolo a ferro e fuoco.

In seguito, sono tornato altre volte nei luoghi dei conflitti, ma quella prima e lunga esperienza ha segnato la mia vita e la mia percezione della sofferenza delle guerre.

Ecco perché so che solo chi non li ha visti da vicino distingue tra i morti. I social network sono particolarmente inclini all’odio e alla disumanizzazione perché ti permettono di esprimere opinioni mentre guardi il mondo dalla distanza del tuo sofà. Senza guardare le persone negli occhi, senza sentire l’odore della vita né sporcarti con nulla. A coloro che sentono l’odore della polvere da sparo e si riempiono le mani di quella polvere, tutti i morti fanno male allo stesso modo.

Da lontano, le guerre sono una questione di geopolitica. Di fobie e del loro opposto. Quando però ti risuonano nelle orecchie per un’esplosione vicina, tutto questo scompare e la guerra è un orrore infinito.

Naturalmente, è ancora possibile distinguere le vittime dai loro aggressori. Di più, in ogni conflitto inevitabilmente ci si schiera mentalmente da una parte o dall’altra nella quale si crede di trovare ragioni convincenti. Però i morti di questo non si rendono conto.

Molte persone, leggendo libri o guardando film e documentari sull’Olocausto, pensano che qualcosa di simile alla discriminazione e al successivo sterminio degli ebrei nella Germania nazista non potrebbe ripetersi oggi. Solo chi non ha vissuto guerre come quelle in Bosnia, Ruanda, Iraq, Afghanistan può pensarla in questo modo. La verità è che basta una scintilla perché qualunque popolo si lanci nella pulizia etnica o nel genocidio. Nessun paese – nemmeno il più civilizzato – è al sicuro dal virus della discriminazione o dalla possibilità che si scateni la violenza. E quando entriamo nella spirale della guerra, ogni massacro viene giustificato come risposta ad un massacro precedente. Ciascuna parte ha una lista di rimostranze con cui giustificare i propri massacri e le atrocità. A quel punto l’unica cosa indiscutibile sono i morti e i mutilati. Le madri fatte a pezzi e i figli perduti.

Solo un miserabile disumano può restare indifferente davanti all’annuncio o alla visione di un bombardamento come quello che sta avvenendo su Gaza in questi giorni. Perché un bambino ebreo piange proprio come un bambino palestinese.

Rallegrarsi per una qualunque di queste morti è da psicopatici. Non è tuttavia necessario arrivare a questo e chiunque può dimostrare la propria bassezza senza doversi ammalare. L’indifferenza di fronte al dolore delle persone che si attribuiscono a una certa parte è ciò che identifica in modo più potente il peggio dell’umanità.

È spazzatura chi, commosso solo da certe morti civili, collabora a stragi o torture, anche solo per omissione di coscienza.

Se sei inorridito dalle morti innocenti di un attacco terroristico in qualsiasi parte del mondo, ma non sei altrettanto inorridito dalle fucilazioni, dai bombardamenti o dalle torture fatte come rappresaglia, i casi sono due: o l’odio ti sta rendendo cieco o sei una persona di merda. Anche se mostri comprensione per quei crimini oppure ne discuti la necessità, stai diventando un complice necessario e le tue mani si sono macchiate di sangue innocente.

Finché le bombe continueranno a cadere, ovunque accada, distruggendo bambini, anziani e civili, chiunque lo giustifichi è un miserabile che disonora il concetto stesso di umanità.


Joaquín Urías è docente di Diritto Costituzionale in Spagna ed ex componente della Corte Costituzionale.

Fonte e versione originale in spagnolo: Ctxt

Traduzione per Comune-info: marco calabria

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