lunedì 16 ottobre 2023

Sui vantaggi di non essere ascoltati – Giorgio Agamben

 


Inattuale è innanzitutto quella parola che si rivolge a un pubblico che in nessun caso potrà riceverla. Ma proprio questo definisce il suo rango. Se un libro che si rivolge solo ai suoi lettori deputati è poco interessante e non sopravvive al pubblico cui era diretto, il prezzo di un’opera si misura invece proprio dalla temerarietà con cui interpella coloro che non potranno accettarla. Profezia è il nome di questa speciale temerarietà, destinata a restare inaudita e illeggibile. Ciò non significa che essa conti di essere un giorno – per ora lontano – riconosciuta: un’opera resta viva solo finché vi sono lettori che non possono accettarla. La canonizzazione, che rende obbligatoria la sua accettazione, è infatti la forma per eccellenza del suo deperimento. Solo in quanto mantiene nel tempo una parte di inattualità l’opera può trovare i suoi autentici lettori, cioè quelli che dovranno scontare l’indifferenza o l’avversione degli altri.
L’arte della scrittura non consiste perciò soltanto, com’è stato suggerito, nel dissimulare o lasciare non dette le verità a cui si tiene maggiormente, quanto innanzitutto nella capacità di selezionare il pubblico che non vorrà riceverle. Va da sé che questa selezione non è il frutto di un calcolo o di un progetto, ma solo di una lingua che non concede nulla all’attualità – cioè alle regole che definiscono ciò che si può dire e il modo in cui dirlo. Che sia limpida e ferma – o, come spesso avviene, oscura e balbettante – profetica è in ogni caso quella parola, la cui efficacia è precisamente funzione del suo restare inascoltata.

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