domenica 1 ottobre 2023

Meloni “sovranista”? No, s’è genuflessa a Ue e Usa - Elena Basile

  

Quanti cittadini come la sottoscritta rimangono terrorizzati dalla lettura giornaliera della stampa? Le tesi riportate in tanti editoriali e commenti di politica estera sarebbero esilaranti se non fossero tragiche per i destini della politica e per le classi dirigenti del nostro Paese. I migliori diplomatici, guarda caso accreditati per anni a Washington o preso l’Ue, scendono in campo per spiegare ai comuni mortali che il governo ha vinto ormai la scommessa contro i denigratori. Avrebbe riportato l’Italia al centro della politica internazionale.

E come si sarebbe realizzata un’impresa difficile persino per Moro, Andreotti e Craxi? Mantenendo la barra alta: l’atlantismo e l’europeismo avrebbero salvato il governo italiano. Lodi e medaglie quindi alla presidente del Consiglio per aver rinnegato il programma di leader sovranista in Europa e di sostenitrice di Trump con il quale (che dettaglio irrilevante!) era stata eletta. Quindi è facile governare un Paese come l’Italia. Basta obbedire alle indicazioni di Washington. Oppure di Bruxelles. Riempire di armi l’Ucraina appoggiando la narrativa più menzognera del secolo: la resistenza del popolo ucraino per la libertà e la democrazia. Basta uscire da accordi con i cattivi del mondo, in questo caso la Cina, indipendentemente dagli interessi nazionali. Basta ingoiare in Europa una governance monetaria contraria ai nostri interessi economici e una strategia sull’immigrazione che finge di individuare soluzioni con slogan senza sostanza, lasciando il carico dei flussi migratori sui Paesi di primo ingresso. Basta entrare nelle grazie del Presidente statunitense, il cui stato di salute mentale è di pubblico dominio, dargli la mano guardandolo negli occhi, essere ammessa tra i bravi scolari nel G7. Si diviene così una statista. Basta tenere stretta la manina della von der Leyen (passerà alla storia come una emanazione statunitense che ha dato il colpo mortale ai progetti minimi di autonomia e dignità dell’Ue), andare a Tunisi in gita e le fotografie con Ursula rappresenteranno un’entrata di successo nel Club.

Povera Europa! Col nazionalismo guerrafondaio e la costruzione di ghetti, fili spinati e campi di detenzione in Paesi che non brillano per democrazia, ha rinnegato, sotto lo sguardo indifferente di politici, giornalisti e intellettuali progressisti, i valori per i quali era stata fondata! Mi ha fatto sorridere l’articolo di un diplomatico che, menzionando il Piano Mattei strombazzato sulla stampa e illustrato a Washington come a Parigi, ha aggiunto “i cui contenuti saranno resi noti a breve”. Le migliori penne si congratulano con il governo per un piano di cui non conoscono nulla, a parte il nome di Mattei, colui che mantenne la schiena diritta di fronte alle pressioni dei potenti, tanto da pagarne con la vita.

Vorrei ricordare cosa significhi avere una politica estera ai tanti diplomatici che, anche in pensione, continuano a esercitare il ruolo poco dignitoso di difensori del potere costituito, alimentando narrazioni incomprensibili a persone di media intelligenza e cultura. La Turchia ha una politica estera. È un membro rispettato della Nato. Persegue i propri interessi geo-politici, è divenuta un mediatore credibile nella guerra in Ucraina e si è conquistata un ruolo di autonomia nel Mediterraneo e nel Caucaso con la diplomazia e l’utilizzo spregiudicato della forza. Erdogan è un autocrate, condannabile per molti aspetti. Prendiamo l’esempio di una democrazia molto ossequiata nel Club europeo. “Brinkmanship” il termine inglese che allude a un negoziato assertivo, in grado di includere il rischio, fu utilizzato da un ex primo ministro socialdemocratico svedese col quale mi intrattenevo in una conversazione privata quando ero ambasciatrice a Stoccolma. Gli illustravo le posizioni italiane che da anni chiedono un’Ue meno asimmetrica, con una governance monetaria in grado di completare l’Unione monetaria con una Unione bancaria, una fiscalità comune, politiche che non drenino risorse dai debitori ai creditori. La risposta fu una domanda con un sorriso: “Come mai un Paese fondatore dell’Ue è così ininfluente? La Svezia, Paese piccolo e non fondatore, quando vi sono in gioco interessi nazionali, sa farli rispettare”.

C’è un modo di stare nell’alleanza euro-atlantica autorevole e dignitoso. Non si è bravi quando ci si genuflette. Non è questa l’unica competenza richiesta a un capo di governo. I nostri giornalisti e diplomatici, se non lavorano per il dipartimento di Stato Usa e per la burocrazia brussellese e hanno a cuore gli interessi nazionali, dovrebbero saperlo. Naturalmente la Svezia non agisce da sola ma nell’ambito di alleanze con i Paesi creditori nordici. Noi dovremmo essere al centro di una politica mediterranea per perseguire mediazioni in Europa e nella Nato al più alto denominatore comune.

da qui

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