mercoledì 11 ottobre 2023

Perché ricordare Steve Biko

Sostituire un potere con un altro potere “più giusto” oppure smantellare la struttura dell’oppressione? Il vero cambiamento non verrà mai dalle mani di chi ci opprime. A quasi cinquant’anni dall’assassinio di Steve Biko, che segnò in profondità il destino finale del regime sudafricano di apartheid, la sua lezione di autonomia, indipendentemente dalla realtà politica sudafricana odierna, è ancora molto viva. Non si trattava di sostituire un potere nero a un potere bianco coloniale lasciando intatta o apportando qualche modifica alla struttura del sistema che ci opprime, secondo il Black Consciousness Movement. Non si lottava per conquistare il potere dello Stato ma per affermare la nostra stessa esistenza, nella nostra storia e nella nostra libertà e autodeterminazione. La vera liberazione avverrà dal basso, quando sarà restituita la dignità a tutte le persone che abitano e incarnano la zona del “non-essere”. Biko diceva: “Moriremo inutilmente se il sistema politico diventerà nero e continuerà ad essere esattamente come il loro, a usare la polizia per rompere altre teste per le stesse ragioni per cui ora loro rompono le nostre”.

Steve Biko è morto nel carcere di Pretoria, in seguito alle torture che gli furono inflitte dalla polizia razzista sudafricana, tre mesi prima di compiere 31 anni, fonte originale della foto Daily Dispatch

Se saremo liberi nel cuore, non ci saranno catene create dall’uomo abbastanza forti da sottometterci al dominio. Ma se la mente dell’oppresso viene manipolata (…) in modo tale da farci credere inferiori, non saremo in grado di far nulla per affrontare i nostri oppressori

Steve Biko

Nei primi giorni di questo mese di settembre ma nel 1977, dopo essere stato arrestato e torturato per ore e ore dalla polizia sudafricana con infinita crudeltà, Steve Biko moriva da solo in una cella durante il regime dell’apartheid 1Sono trascorsi 46 anni ed è necessario interrogarsi sulla vita e il pensiero di un rivoluzionario la cui storia non è una storia personale, ma quella di una parte del Sud del mondo, che a lungo termine è un riflesso degli altri Sud e di tutti i territori che resistono all’espropriazione che la ferita coloniale-capitalista-patriarcale ci ha lasciato.

Biko era nato nel 1946 nel piccolo villaggio di Tarkastad e cresciuto nella township di King William’s Town, nella provicnia orientale del Capo, con origini molto umili. Aveva iniziato giovanissimo la sua attività politica in ambito studentesco e nell’African National Congress (ANC). Da studente di medicina aderì ad un’organizzazione studentesca “multirazziale”, la National Union of South African Students (NUSAS), ma di fronte alle profonde divergenze politiche dovute al controllo esercitato dagli studenti bianchi, decise di lasciarla per creare la South African Students Association (SASO), il seme di quel che poi sarebbe diventato il Black Consciousness Movement (BCM), da lui creato insieme ad altri leader studenteschi neri. Si trattava di un movimento rivoluzionario la cui grande sfida ideale era concentrata sul cambiamento radicale delle strutture di oppressione e di mentalità. Bisognava, cioè, cambiare i modelli che ci assoggettano come oppressi contro l’oppressore o ci spingono a perpetuare quelle strutture (istituzioni create dalla storia dei “vincitori”; lo Stato con il suo ordinamento poliziesco e giuridico), per riaffermare la nostra stessa esistenza, nella nostra storia e nella nostra libertà e autodeterminazione. Diciamo “la nostra” perché “i neri”, come li pensava Biko, non includevano solo i neri africani, ma tuttx coloro che storicamente hanno abitato-incarnato i “non bianchi” del mondo coloniale. Lì diventiamo fratelli, perché questo superamento non è solo un cambiamento di posto nel potere, ma un’emancipazione da quella struttura di potere.

L’arma più potente dell’oppressore è lo spirito dell’oppresso

Per le sue attività politiche Biko fu espulso dall’università, ma ciò non gli impedì di continuare la militanza. All’inizio degli anni ’70, il pensiero di Paulo Freire della Pedagogia dell’Oppresso cominciò a prendere forza nelle organizzazioni del Sudafrica. Nonostante il fatto che lo Stato dell’Apartheid avesse censurato le opere di Freire, Biko chiese a una compagna di un’organizzazione cristiana radicale che aveva conosciuto Paulo di lavorare con la SASO per insegnare i metodi della partecipazione. È stato così che Biko, insieme a un gruppo di studenti militanti, ha iniziato un processo di formazione politica, con copie clandestine dei testi, concentrandosi sulla ricerca di base nelle stesse comunità.

A questa base politica si sono poi aggiunti i contributi di Frantz Fanon, il quale insisteva sul fatto che la vera liberazione avverrà quando sarà restituita la dignità a tutte le persone che abitano e incarnano la zona del “non-essere”, quando si tornerà al cammino dell’umanizzazione radicale delle e degli oppressx, cosa che avrebbe potuto essere raggiunta solo attraverso la partecipazione attiva alle lotte per la trasformazione e la liberazione sociale. Il BCM inizia a porre come principi della sua organizzazione che solo gli oppressi, realizzando la loro posizione nella società, saranno in grado di organizzarsi per la liberazione, poiché la vera trasformazione non verrà mai dalle mani degli oppressori.

Dopo una formazione politica di sei mesi, il Black Consciousness Movement avviava i programmi per la comunità nera (BCP). Nello sviluppo di questi programmi, la partecipazione delle donne è sempre stata essenziale, poiché loro erano responsabili dei vari compiti e del coordinamento delle diverse aree. Mamphela Ramphele, una delle leader del Movimento e anche dei programmi, nonché la donna che Biko avrebbe sposato, sosteneva che l’obiettivo principale di questo lavoro era la materializzazione pratica della Coscienza Nera, perché non era solo necessario che le persone avessero una consapevolezza critica della loro posizione di oppressx, ma anche che ― a partire da lì ― costruissero autosufficienza in modo comunitario 2 ; cosa che oggi potremmo anche intendere come autonomia.

L’enfasi e l’insistenza in questi programmi consistevano proprio nel riprendersi quella dignità umana di cui abbiamo parlato prima. Le persone nere avevano conosciuto solo l’espropriazione, il disprezzo e le umiliazioni, quindi ciò che creavano doveva essere bello, rappresentava simbolicamente la speranza e il proprio riaffermarsi nella lotta per la liberazione. Questi programmi prevedevano progetti che includevano ricerca e pubblicazioni, centri di salute, una fabbrica e un fondo fiduciario che sosteneva principalmente le e i prigionierx politicx e le loro famiglie. Nel campo della ricerca e delle pubblicazioni, Biko ha creato il Black Magazine, dove sarebbero state pubblicate analisi politiche del contesto sociale e sarebbe stato diffuso il lavoro svolto nei programmi.

Fu in quel periodo che Biko ricevette una restrizione della libertà che in pratica consisteva negli arresti domiciliari. Non poteva fare iniziative politiche per promuovere le idee né pubblicare. Non poteva incontrare più di una persona nello stesso luogo e tanto meno uscire dall’area riservata che gli era stata concessa. Questa misura era molto comune nello Stato dell’apartheid, una forma di controllo e punizione, di isolamento, per chi era impegnato in lotte politiche. Così Biko, insieme all’intera comunità, si vide costretto a creare diverse strategie creative per eludere la sorveglianza della polizia.


Nel giugno del 1976, più di 10mila studenti scesero nelle strade di Soweto, si rifiutavano di continuare a studiare in afrikaans, la lingua imposta dai colonizzatori. La presenza della SASO fu uno degli elementi chiave in quelle manifestazioni, il pensiero di Biko e i principi del Movimento risuonavano nelle strade. La risposta alla mobilitazione di così tanti studenti, per la maggior parte bambine e bambini, fu una repressione brutale. La polizia assassinò quasi 700 studenti e studentesse neri colpendolx a distanza ravvicinata; la versione “ufficiale” diceva che erano solo 23. Quella strage segnò profondamente il Movimento, la maggior parte degli sforzi furono rivolti a sostenere in qualche modo le studentesse, gli studenti e i giovani.

Biko continuava a partecipare a manifestazioni e incontri politici, fu arrestato più volte, ma non riuscivano a tenerlo in prigione. Poi, nell’agosto del 1977, di ritorno da una manifestazione con gli studenti, fu di nuovo arrestato senza alcun processo o sentenza preventiva. Per giorni la polizia lo torturò fino a procurargli danni neurologici e il 12 settembre del 1977 lo picchiarono fino a togliergli la vita. Aveva 30 anni. La versione “ufficiale” dell’assassinio indicava che la morte era dovuta allo sciopero della fame che aveva iniziato. Ciò che hanno fatto con Biko lo hanno fatto anche con centinaia di neri arrestati, condannati al carcere senza pena e senza alcun diritto di difesa grazie a una legge emanata durante il regime. La maggior parte di quelle persone è stata uccisa dalla polizia, ma le argomentazioni più frequenti a sostegno della causa della morte erano imputate al suicidio o a una “causa non identificata”.

Una immagine del funerale di Steve Biko, foto Independent Archives (Original hard copy stamped 26 Sep 1977)

Perché ricordare Biko? Perché abbiamo recuperato il lavoro fatto dal Black Consciousness Movement? Perché Biko era uno dex nostrx e la lotta che ha costruito insieme alle sue compagne e ai compagni, collettivamente, veniva dal basso e pensava da una prospettiva rivoluzionaria verso la liberazione. Non pensava alla presa del potere dello Stato. Non cercava di sostituire un potere bianco con uno nero. Biko diceva: “Moriremo inutilmente se il sistema politico diventa nero e continua ad essere esattamente come il loro, a usare la polizia per rompere altre teste per le stesse ragioni per cui ora loro rompono le nostre” 3La storia ci ha già confermato che nessun progetto di liberazione che abbia preso il potere ha poi realmente cambiato o trasformato la struttura dell’oppressione continuando ad essere costruito sulla stessa base dominante. E sebbene quasi sempre la congiuntura elettorale – o la rassegnazione quotidiana alla quale i malgoverni ci spingono – ci facciano credere puntualmente che non esista altro al di fuori di quella stessa struttura di potere e che dovremo sempre scegliere tra la morte e la morte, puntualmente spuntano lotte, compagne e compagni, memoria, per dirci e mostrarci che ci sono altri orizzonti possibili.

Ecco perché questo mese portiamo qui questa storia, perché perfino nella memoria delle sinistre, le storie di compagne e compagni come Biko rimangono ai margini o sono molto distanti. Dall’alto hanno voluto strapparci questi punti di riferimento, sta a noi non permetterlo. La guerra dell’oblio è la guerra controi popoli e la loro memoria, è la guerra contro la dignità e la voglia di non ripetere la storia sempre allo stesso modo. Proprio in questo mese ricordiamo anche i 50 anni della sanguinosa dittatura in Cile, le compagne e i compagni desaparecidxs e assassinatx, e pochi mesi fa abbiamo ricordato anche i 50 anni della dittatura in Uruguay. La memoria è la nostra forza contro l’impunità. La memoria è ciò che ci dà significato in questo cammino ed è per questo che la recuperiamo giorno dopo giorno. Il sogno di Biko non si è ancora avverato, finito il tempo dell’Apartheid l’espropriazione si fa ancora sentire pesantemente nella sua terra, ma sappiamo che quando un territorio riesce a liberarsi, in qualsiasi momento o in uno qualunque dei Sud globali, ci fermeremo a piangere per tuttx coloro che non ci sono più e che ci hanno illuminato e segnato il cammino. Lx onoreremo con la nostra allegria e con la determinazione di costruire un mondo nuovo, un mondo pieno di altri mondi nuovi e indomiti che affermano la dignità.

Per tutti coloro che hanno lottato, vinceremo.


1 Sistema di segregazione razziale applicato dal 1948 al 1992 in Sudafrica. Un sistema sanguinario che ha ucciso migliaia di uomini, donne e bambini.

2 Programmi della comunità nera https://thetricontinental.org/es/dossier-programas-de-la-comunidad-negra/

3 Cry Freedom, in italiano Grido di Libertà, è il film diretto da Richard Attenborough nel 1987 che racconta la storia di Steve Biko, qui sotto la scena del suo funerale



Desde el margen è una rivista che dò voce alle lotte anticoloniali e antirazziste

fonte: desinformémonos

Traduzione per Comune-info: marco calabria


da qui

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