domenica 31 agosto 2025

Robert Walser ~ Poesie

 

Precedute dal titolo Primizie liriche (Lyrische Erstlinge) furono pubblicate 1'8 maggio 1898 sull'edizione domenicale del quotidiano bernese «Der Bund»sei poesie. Ne era autore, informava in una nota il responsabile della pagina letteraria Josef Viktor Widmann, «un ventenne impiegato di commercio attivo a Zurigo», di cui venivano indicate le sole iniziali. Coincide con questo episodio il pubblico esordio letterario di Robert Walser. Altre poesie dello scrittore biennese vennero ospitate tra il 1899 e il 1907 su giornali e periodici svizzero-tedeschi, tedeschi e austriaci, fra i quali la rivista di Monaco «Die Insel», con i cui redattori - Otto Julius Bierbaum, Alfred Walter Heymel e Rudolf Alexander Schröder - Walser era entrato in contatto probabilmente tramite il viennese Franz Blei. Era apparso nel frattempo il primo suo libro, I temi di Fritz Kocher (Fritz Kochers Aufsätze, Leipzig 1904), cui seguirono i romanzi I fratelli Tanner (Geschwister Tanner, Berlin 1907) e L'assistente (Der Gehülfe, ibid. 1908). Fu a questo punto che l'autore decise di riunire in volume una parte delle poesie da lui composte nel periodo zurighese. Uscì così nel 1909, presso l'editore berlinese Bruno Cassirer, una raccolta di quaranta poesie, la maggior parte delle quali risalenti agli anni 1897-1900; i testi erano accompagnati da sedici incisioni del fratello Karl. Una ristampa fu condotta dal medesimo editore nel 1919; una ulteriore edizione (con l'aggiunta di due poesie) si ebbe a Basilea (Schwabe & Co.) nel 1944, a cura e con prefazione di Carl Seelig. 

Robert Walser nacque nel 1878 a Bienne (Svizzera); morì a Herisau (Canton Appenzello) il giorno di Natale del 1956. Un'ampia parte della sua opera in prosa è stata tradotta da Einaudi, da Adelphi, da Quodlibet e da A. Dadò ; la sua produzione poetica è stata pubblicata da Casagrande (Poesie). 

NELL'UFFICIO 

La luna guarda verso di noi,
vede me povero commesso 
languire sotto lo sguardo severo 
del mio principale. 
Mi gratto confuso il collo. 
Nella mia vita ancora non ho conosciuto 
una luce durevole. 
Essere carente è la mia sorte; 
doversi grattare il collo 
sotto lo sguardo del principale. 

La luna è la ferita della notte, 
gocce di sangue sono le stelle. 
Se anche rimango lontano dalla felicità 
per questo sono stato fatto modesto. 
La luna è la ferita della notte. 

PERCHÉ POI? 

Quando poi tornò improvviso
un tale limpido giorno 
egli parlò lentamente con risolutezza 
molto pacata e schietta: 
Ora deve cambiare, 
mi butto nella lotta; 
voglio come molti altri 
contribuire a eliminare dal mondo il dolore, 
voglio soffrire e vagare 
finché il popolo sarà libero. 
Non voglio mai più adagiarmi stanco; 
qualcosa deve 
accadere; ma a quel punto lo assalì un pensiero, 
un torpore leggero: lascia perdere! 

GLI ALBERI (I)
(Una ballata)
 

Non dovrebbero stringere i pugni, 
è il mio desiderio che si avvicina ad essi; 
non dovrebbero stare tutt'intorno così arrabbiati, 
il mio desiderio si avvicina timidamente ad essi; 
non dovrebbero essere come cani rabbiosi pronti all'assalto, 
quasi volessero distruggere il mio desiderio; 
non dovrebbero minacciare con larghe maniche, 
al mio desiderio ciò fa male. 
Perché si sono ad un tratto trasformati? 
Altrettanto grande e profondo è il mio desiderio.
È così difficile, così necessario: 
devo andare da essi e già vi sono. 

COME SEMPRE 

La lampada è ancora qui,
anche il tavolo è ancora qui e io sono ancora nella mia camera e il mio desiderio 
anela come sempre. 

Viltà, sei ancora qui? 
e, menzogna, anche tu?
Sento un oscuro sì: 
l'infelicità è ancora qui 
e io sono ancora nella mia camera 
come sempre. 

PAURA (1) 

Vorrei 
che le case si muovessero 
e si dirigessero verso di me,
sarebbe orribile. 

Vorrei 
che il mio cuore si torcesse 
e la mia mente rimanesse in silenzio,
sarebbe orribile. 

La cosa più orribile vorrei 
premerla contro il mio cuore. 
Desidero conoscere la paura, 
il dolore. 

RITORNO A CASA (1) 

Le mie guance bruciano con veemenza,
le mie labbra tremano ancora 
per aver consegnato il mio cuore a lei
desiderando parlarle; ogni mio discorso era
pieno di errori e di impedimenti, 
era petulanza, suono precipitoso.
Così era il mio parlare, ciò appare
ancora sulla guancia rossa 
che ora mi porto a casa. 
Abbasso il mio sguardo sulla neve
e passo davanti ad alcune case,
ad alcune siepi, ad alcuni alberi,
la neve orna siepi, alberi e case.
Passo davanti, lo sguardo abbassato
sulla neve, sulla mia guancia non c'è
nulla se non un colore rosso carico di ricordi
che mi rammenta la mia lingua confusa. 

PIÙ LONTANO 

Volevo fermarmi, 
una forza di nuovo mi spingeva più lontano
davanti ad alberi neri, 
proprio sotto alberi neri 
volevo brevemente fermarmi, 
una forza di nuovo mi spingeva più lontano 
davanti a verdi prati, 
proprio presso i verdi prati 
volevo un poco fermarmi, 
una forza di nuovo mi spingeva più lontano 
davanti a povere case, 
presso una di queste case
desidererei proprio fermarmi
considerando la sua povertà
e come il suo fumo adagio
sale verso il cielo, vorrei
ora a lungo fermarmi.
Dicevo questo e ridevo, 
il verde dei prati rideva,
il fumo saliva fumoso ridendo, 
una forza di nuovo mi spingeva più lontano. 

UN PICCOLO PAESAGGIO 

C'è un alberello sul prato 
e con esso molti alberelli graziosi. 
Una fogliolina trema nel vento gelido 
e con essa molte singole foglioline. 
Un mucchietto di neve scintilla sul bordo del ruscello 
e con esso molti mucchietti bianchi. 
Una piccola cima di montagna ride sulla valle 
e con essa molte basse cime. 
E in tutto questo c'è il diavolo 
e con lui molti poveri diavoli. 
Un angioletto volge altrove il suo viso piangente
e con lui tutti gli angeli del cielo. 

AMORE DI RAGAZZO 

La bella ragazza veniva innanzi, 
egli s'inginocchiò, mentre lentamente lei avanzava,
s'inginocchiò e prese a cantarle una canzone
sulle note di uno strumento a corda; 
con mestizia e sorridendo 
le rivelò il suo amore fedele; 
il suo cuore risuonò timidamente nella musica
che vibrava trepidante come l'amore, 
i suoi occhi fissarono la ragazza, 
i denti scintillavano nella bocca 
con cui tremante e supplicante egli cantava.
La canzone d'amore non aveva termine; 
senza fine, come il suo amore, usciva 
da lui la calda voce. 
Così egli rivelò il suo desiderio,
l'aria era dolce e piena di significati,
il cielo azzurro guardava dall'alto:
ma la ragazza fuggì via, 
era sparita e già anche moriva
la sommessa dichiarazione d'amore. 

LUCE OPPRIMENTE 

Due alberi sorgono nella neve, 
il cielo, stanco della luce, 
se ne va via e nei dintorni non c'è nulla
fuorché malinconia. 

E dietro gli alberi sporgono 
scure abitazioni. 
Ora si sente dire qualcosa, 
ora abbaiano dei cani. 

Adesso appare nella casa l'amata
lampada a forma di luna. 
Adesso la luce di nuovo si spegne,
è come se si aprisse una ferita. 

Com'è piccola qui la vita
e come grande è il nulla.
Il cielo, stanco della luce, 
ha dato tutto alla neve. 

I due alberi inclinano 
l'uno verso l'altro le loro teste.
Delle nubi attraversano in girotondo
la quiete del mondo. 

MI VEDETE 

Mi vedete camminare su prati
rigidi e spenti nella nebbia? 
Ho desiderio di una dimora, 
di una dimora non ancora raggiunta;
ed è lontana la speranza 
che un giorno io vi possa pervenire.
Verso tale dimora lontana 
rivolgo il mio desiderio, mai 
esso morirà come muore quel prato
rigido e spento nella nebbia. 
Mi vedete impaurito camminarci sopra? 

STANCHEZZA 

Portami via come sono;
guarda, la mia mente smarrita
allontana da sé questo mondo
che non la illumina più. 

Vieni, sarò buono 
e beatamente silenzioso 
nella tua densa luce, 
o sacro, o dolce sonno. 

(traduzione di Antonio Rossi) 

da qui

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