mercoledì 17 giugno 2020

Il “decreto rilancio”, ovvero il prevalere degli interessi privati - Rete dei Numeri Pari




Avevamo chiesto di fare presto e bene. Invece ci ritroviamo con un Decreto arrivato in ritardo, che non interviene minimamente sulle cause che hanno determinato la crisi, non corregge gli errori che il Covid19 ha messo in luce, non investe in settori fondamentali per garantire la sicurezza e la salute ai cittadini. Un dato su tutti: dopo aver tagliato in 10 anni 37 miliardi alla sanità pubblica, dopo decine di migliaia di morti, centinaia di medici e infermieri che a causa dei tagli hanno dovuto sacrificare consapevolmente la loro vita per garantire soccorso e sostegno alle persone malate, sono stati restituiti al Servizio sanitario nazionale solo tre miliardi di euro. Hanno prevalso gli interessi privati su quello generale e non si è messo al riparo il Paese dal possibile ritorno in inverno del Coronavirus, né si sono usati fondi pubblici, regalati alle imprese, per promuovere la riconversione ecologica delle attività produttive ed energetiche, così da garantire il diritto al lavoro e alla salute, violati durante la pandemia. Tutto questo nonostante la maggior parte delle vittime siano tra i lavoratori e le lavoratrici che potevano e dovevano essere salvate se fosse stata rispettata la nostra Costituzione.
Insieme ai firmatari del “Patto GiustaItalia” (https://volerelaluna.it/materiali/2020/05/13/giustaitalia-un-manifesto-per-far-ripartire-litalia/), abbiamo incontrato la Ministra del Lavoro e delle politiche sociali, il Ministro per il Sud e la coesione sociale e la Ministra delle Infrastrutture e dei trasporti, avanzando proposte concrete per garantire diritti e dignità a migliaia di persone rimaste escluse dagli ammortizzatori sociali. Nonostante l’ampio blocco sociale in rappresentanza di milioni di cittadini e cittadine rappresentato nel “Patto Giustaitalia”, hanno prevalso gli interessi di Confindustria e delle grandi aziende responsabili del modello che ha prodotto la crisi che stiamo attraversando. Nei mesi scorsi al Governo è mancato il coraggio che la scienza e i movimenti per la giustizia sociale e ambientale chiedevano per anticipare il dramma prodotto dagli effetti del collasso climatico, di cui il Covid-19 è diretta conseguenza, e dal conseguente aumento delle disuguaglianze e della povertà. Oggi il Governo manca di “realismo”, perché bisogna essere realisti e capire che austerità, privatizzazioni, autonomia differenziata e politiche industriali affidate solo alle necessità di Confindustria e grandi aziende allargheranno ancora di più le disuguaglianze nel nostro Paese, aumenteranno le povertà e le ingiustizie sociali, ambientali ed ecologiche, esponendoci al rischio di nuovi virus e pandemie.
Per ciò che riguarda le nostre richieste durante gli incontri con il Governo sulle politiche sociali da mettere in campo per rispondere agli effetti del Covid-19 e all’aumento senza precedenti di disuguaglianze e povertà a cui stiamo già andando incontro, la Rete dei Numeri Pari a nome delle circa 600 realtà sociali che la costituiscono, ha sostenuto quanto segue.
Casa e diritto all’abitare
Abbiamo chiesto di sospendere o, in alternativa, ridurre drasticamente gli affitti regolati dal mercato, bloccare le procedure esecutive di sfratto e prevedere un contributo per le tre milioni di famiglie in condizioni di povertà assoluta nel periodo di crisi economica causata dal Covid-19. Il Decreto non prevede alcuna sospensione degli sfratti oltre settembre e non riduce gli affitti. Negativo è stato anche il parere sull’abolizione dell’art. 5 del piano casa Lupi-Renzi, che rende invisibili centinaia di migliaia di persone. Le Regioni avevano chiesto al Governo 500 milioni e la risposta è stata di 160 da parte della Ministra delle Infrastrutture e Trasporti Paola De Micheli.
Reddito di cittadinanza
Abbiamo chiesto di estendere il reddito di cittadinanza, allargare la platea e renderlo meno condizionante ma, con il “Decreto rilancio”, il Governo ha stanziato risorse insufficienti e mantenuto stringenti criteri di accesso e condizionalità per chi lo riceve. Questo, in altre parole, significa sfruttamento, lavoro non pagato e si continua a intendere il reddito di cittadinanza come una misura di workfare quando in realtà le sentenze europee, il Parlamento Europeo e la Comunità Europea parlano chiaro definendo il reddito minimo garantito come un pilastro sociale da garantire a prescindere dal lavoro e dal mercato del lavoro, uno strumento di valorizzazione autonomia di scelta, per altri come misura di reinserimento sociale e per altri ancora per attivare forme di promozione dell’occupazione. I regimi di reddito di cittadinanza o rem sono innanzitutto strumenti di libertà e non di governo dei poveri.
Reddito di emergenza
L’istituzione del Reddito di emergenza è sicuramente un fatto positivo ma quello che chiedevamo era un’altra cosa. Abbiamo sostenuto una misura fornita nel modo più rapido possibile con l’obiettivo di raggiungere il maggior numero di persone in difficoltà che non siano coperte da altre misure di sostegno, che già prima dell’emergenza vivevano in situazioni drammatiche. Invece, i criteri con cui il Governo ha costruito la misura lo rendono inadeguato allo scopo che lo ha generato. Passando sopra al dato temporale (ne discutevamo a fine marzo e ora siamo a giugno) c’è da dire che i criteri di accesso e le modalità di erogazione stabiliti dal Governo (analoghe a quelle usate per altri strumenti per esempio il Reddito di cittadinanza) rendono difficile compilare e accedere alla richiesta e questo può aumentare il rischio che una parte potenzialmente interessata rimanga esclusa, restando esposta all’usura già in rapido aumento e alla criminalità organizzata. Riteniamo sbagliato chiedere l’ISEE in un Paese in cui il 72% delle persone si trova sotto la soglia dei 15 mila euro. Sarebbe stato molto più snello ed efficace chiedere delle autocertificazioni subito e procedere con dei controlli in un secondo momento, in modo da raggiungere velocemente i 6,4 milioni di persone rimaste senza alcuna garanzia in questi mesi. Anche il finanziamento della misura è irrisorio: si è partiti con 2,5 miliardi e alla fine sono stati stanziati 950 milioni. Una vergogna! D’altro canto però, sono stati regalati 12 miliardi alle imprese e altrettanti in sostegni senza nessuna condizionalità o senza nemmeno entrare nell’azionariato delle imprese (come avviene in Francia) abolendo l’IRAP anche alle imprese che hanno guadagnato durante il lockdown.
Servizio Sanitario Nazionale
Abbiamo chiesto di rilanciare e rafforzare il Sistema sanitario nazionale, riqualificando tutta la rete dei servizi sanitari territoriali con investimenti adeguati ma per il SSN sono stati stanziati 3 miliardi di euro dopo che in 10 anni ne sono stati tagliati 37. Nel Decreto non è prevista alcuna riorganizzazione della sanità pubblica e della medicina territoriale: un errore che potrebbe costare molte vite nel prossimo futuro e che dimostra ancora una volta come l’egemonia culturale della cultura privatista e affarista nel nostro Paese sia ormai bipartisan.

Povertà estrema e detenzione
Chiedevamo un cambio di passo deciso con l’approvazione di un Piano di interventi pluriennale per le persone senza dimora, comunità Rom e persone in condizione di detenzione, tra le più colpite dagli effetti, economici e sociali, della pandemia, ma nessuna risorsa è stata stanziata per questo. Non sono state previste misure di sostegno per le 60 mila persone senza dimora che non hanno nessun tipo di tutela e che – restando fuori dai circuiti di accoglienza chiusi per motivi sanitari durante l’epidemia – mettono a rischio allo stesso tempo la loro sicurezza sanitaria e quella della cittadinanza, così come per le comunità Rom o le persone in condizione di detenzione.

Emersione del lavoro migrante
Abbiamo chiesto di regolarizzare tutti i lavoratori e le lavoratrici migranti presenti in Italia attualmente sprovvisti di un regolare titolo di soggiorno, ma il Governo ha elaborato un provvedimento vergognoso che fa un favore alle imprese di alcuni settori per il periodo della raccolta, discrimina i lavoratori e le lavoratrici, ne affitta le braccia in alcuni comparti ma non garantisce dignità e rispetto come prevede il legislatore costituente. Ogni misura non deve avere il risultato di dividere gli ultimi dai penultimi, anzi deve essere valutata a partire dalla priorità e dall’efficacia verso gli ultimi.

Povertà educativa
Abbiamo chiesto di aumentare le risorse in dotazione al Fondo per la lotta alla povertà educativa, al fine di rafforzare le attività di contrasto alla dispersione scolastica. Unica nota positiva su questo tema sono i 20 milioni stanziati dal Ministro per il Sud e la Coesione territoriale Giuseppe Provenzano per il terzo settore impegnato al sud in progetti sulla povertà educativa. Il Governo non ha tenuto conto che svolgere la didattica a distanza in un Paese con in cui il divario digitale è notevole ha prodotto effetti pesantissimi su studenti e studentesse che vivevano già in condizioni di grande difficoltà, lasciandoli a loro stessi e alle loro famiglie segnando il definitivo abbandono del percorso scolastico.

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