domenica 12 novembre 2023

Terra e decolonizzazione - Maydan

 

In questo momento storico per la regione mediorientale e per il mondo, caratterizzato da una forte violenza materiale, simbolica ed epistemica, il Comitato editoriale di Maydan vuole esprimersi con fermezza sul tema della decolonizzazione, che attraversa e permea oggi le scienze sociali e umanistiche rispetto ai mondi di cui ci interessiamo, ma che è anche al cuore della questione israelo-palestinese. La decolonizzazione dei saperi di cui intendiamo essere espressione e motore nel nostro lavoro di produzione della conoscenza passa anche per un approccio critico e attento nei confronti dell’informazione.

In questi giorni, in Italia, in Europa e negli Stati Uniti, l’informazione si sta rivelando mistificatoria e fondata su posizioni orientaliste e neo-coloniali, mascherate da “guerra al terrore”. Il linguaggio dei media riprende tecniche propagandistiche impiegate in questa misura soltanto ai tempi dell’11 settembre e dell’invasione americana dell’Iraq, nella quale, non dimenticheremo mai, hanno perso la vita un milione di iracheni che sono stati considerati vittime di secondo piano.

 

Nonostante una parte della comunità accademica ritenga che il discorso orientalista sia ormai superato, oggi esso è ancora adoperato e operativizzato a supporto della violenza e dell’impiego di alcuni degli armamenti più distruttivi al mondo contro una popolazione che da 17 anni subisce un embargo quasi totale (e che da più di 75 anni resiste alla nakba, la “catastrofe” rappresentata dall’espulsione forzata dalla sua terra d’origine). Oggi la popolazione di Gaza si vede privata totalmente di acqua, cibo, elettricità, medicine e qualsiasi supporto internazionale che metta in salvo le vite di più di 2 milioni di persone.

Pertanto, il nostro comitato editoriale rifiuta categoricamente queste narrative, consapevole dei loro effetti materiali e violenti non solo sulle vite di contesti apparentemente lontani, ma anche sulle persone razzializzate e alterizzate nella società italiana, in molte altre realtà d’Europa (quali la Germania o la Francia) e negli Stati Uniti. Soprattutto, ci preme condividere in questo momento una riflessione critica sul significato della “decolonizzazione” nell’accademia e al di fuori di essa.

La decolonizzazione della produzione del sapere non può avvenire senza la decolonizzazione dei popoli e della terra. La decolonizzazione non è una metafora, per citare il titolo di un articolo di Eve Tuck e di K. Wayne Yang (“Decolonization is not a metaphor”). Cosa significa questo termine se non siamo capaci di riconoscerne le complessità e le dinamiche nel mondo che ci circonda, al di fuori delle categorie ordinate delle nostre discipline? A cosa ci serve questo concetto se non possiamo coglierlo proprio dove è più necessario, richiamato e inderogabile?

L’articolo di Tuck e Wayne ci ricorda che la decolonizzazione deve essere ricondotta alla questione della terra e della sua liberazione, o altrimenti si parla di altro. La decolonizzazione non è una teoria astratta, né sinonimo di altre operazioni di emancipazione. Essa riguarda invece propriamente la liberazione della terra, la possibilità dei popoli di vivere ed esistere su di essa, e la liberazione delle “culture” indigene dalle categorie e dagli strumenti di origine coloniale. Soprattutto, la decolonizzazione non può essere un concetto che mette al riparo la coscienza delle società coloniali dalle loro responsabilità.

 


Il nostro impegno intellettuale verso la “decolonizzazione” dei saperi rivela tutta la sua politicità proprio nei momenti in cui le narrative coloniali a cui stiamo assistendo nel presente si legano così saldamente e chiaramente all’esercizio della violenza nella regione di cui ci occupiamo.

Il Comitato editoriale di Maydan reitera oggi il suo impegno per una reale libertà intellettuale, che sia capace di impegnare l’accademia nel presente in cui essa si inserisce e che ci permetta di confrontarci onestamente sulla giustizia e sull’oppressione nel mondo al di fuori delle nostre istituzioni, dei nostri articoli e dei nostri libri. Non possiamo parlare di libertà e onestà intellettuale senza essere critici delle operazioni di censura messe in atto attualmente contro tutto ciò che è palestinese (come nel caso delle piattaforme dei social media o della recente cancellazione della consegna del premio letterario LiBeraturpreis a Adania Shibli). Solo camminando su una terra libera si può produrre conoscenza libera. Solo costruendo conoscenze e saperi in relazione organica con la terra possiamo praticare una ricerca non estrattiva e non astratta, ma radicata e presente a sé stessa e al mondo.


Maydan è la prima rivista italiana di studi sui mondi arabi, semitici e islamici diretta da dottorande/i, laureate/i e laureande/i, il cui scopo principale è quello di incoraggiare la produzione di primi articoli di ricerca da parte di giovani studiose/i.

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