venerdì 30 marzo 2018

Anna, Samuel e gli altri: quei giovani europei morti in Siria per difendere Afrin e la libertà dei curdi – Paolo Gallori




Per circa un anno, tra l'estate del 2014 e quella del 2015, i curdi hanno davvero coltivato il sogno di poter bussare alla porta della storia e finalmente vedersi aprire. Quando le milizie curdo-siriane dell'Ypg respingevano l'Isis a Kobane e i curdi di Turchia entravano in Parlamento per la prima volta. Quattro anni dopo, il tempo degli eroi per i curdi è finito e tutto è cambiato da Kobane ad Afrin, a cominciare dal 'nemico': allora era l'Isis, oggi è l'esercito di Erdogan. La Ue si è tirata fuori perché la Turchia garantisce (a pagamento) il blocco ad Oriente delle "invasioni" dei profughi siriani e dei migranti verso l'Europa. Gli Usa di Trump perché le sue basi in Turchia sono troppo importanti per contestare l'alleato Nato.
In questo isolamento si decidono anche i destini di quei giovani europei che per motivazioni diverse sono rimasti in Siria al fianco dei curdi. Ci sono i militanti dell'estrema sinistra, i rivoluzionari, gli anarchici. Chi è stato conquistato dal confederalismo democratico teorizzato da Ocalan, un progetto di società che guarda alle comunità, alle municipalità più che allo Stato, dove tutto si decide nelle assemblee. I "semplici" innamorati del desiderio altrui di libertà. Insieme, costituiscono l'International Freedom Brigade, il braccio "internazionale" della resistenza curdo-siriana. Anche per loro, il tempo degli eroi è finito. C'è chi è riuscito a tornare a casa. Queste, invece, sono le storie di quelli che non ce l'hanno fatta…

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