sabato 17 marzo 2018

i veri assassini di Moro – bortocal




provo a rompere il clima dolciastro sul quarantesimo anniversario del rapimento di Moro e delle troppe commemorazioni ufficiali?
dovrebbe riuscirmi benissimo…
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prima di tutto, verita` storica vorrebbe che il quarantennale si ricordasse il 9 maggio, che fu il giorno dell’omicidio, e non il 16 marzo, che fu quello del rapimento.
e` vero che il rapimento ebbe un’eco emotiva enorme, mentre all’omicidio ci si era gia` quasi rassegnati: personalmente ricordo ancora come la notizia arrivo` a scuola e fu spontaneo per tutti sospendere le lezioni e riversarsi in piazza, insegnanti e studenti, tutti egualmente sgomenti.
ricordare il rapimento e non l’omicidio vero e proprio significa vallare l’idea, che fu di tutto il sistema propagandistica del tempo, che Moro fosse davvero gia` morto, di fatto, il 16 marzo.
non fu cosi`: dal 16 marzo si aprirono quasi due mesi convulsi, nei quali una piccola minoranza chiedeva di cercare di salvare l’ostaggio con qualche concessione alle Brigate Rosse.
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ora, ricordare davvero Moro significa ricordare chi preparo` davvero, dietro le quinte, la sua uccisione.
le Brigate Rosse furono gli esecutori, forse esaltati, alcuni, altri pochi forse direttamente guidati, in alcune figure chiave; ma la vera mente politica di quell’omicidio stava in America e nelle perfezionatissime tecniche di condizionamento psicologico a distanza, di massa e di gruppo, che i servizi segreti americani conoscevano benissimo.
per sapere questa verita` basta ascoltare quel che scriveva Moro dalla sua prigionia, con quelle sue lettere strazianti che era gia` stato deciso dai media che non fossero autentiche, ma scritte sotto dettatura.
online le lettere si possono leggere qui: 
eppure bastava leggerle gia` allora, quelle che venivano rese note, almeno, perdio, per capire che razza di bufala fosse questa.
Vi è forse, nel tener duro contro di me, un’indicazione americana e tedesca?
lettera recapitata tra il 9 e il 10 aprile, allegata al comunicato n° 5 delle Brigate Rosse.
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ma no, c’era molto di piu`, anche se Moro non poteva saperlo.
“Sul palcoscenico di via Fani c’erano i nostri servizi segreti e quelli di altri Paesi stranieri interessati a creare caos in Italia, l’uccisione di Aldo Moro non fu un omicidio legato soltanto alle Brigate Rosse”. 
lo disse alla Commissione Parlamentare di inchiesta, all’inizio dei suoi lavori, il procuratore generale presso la corte d’appello di Roma, Luigi Ciampoli.
Cia, Mossad e Kgb, un’unica trama per timore che il “compromesso storico” sostenuto con convinzione dal presidente Dc potesse rompere gli equilibri tra est ed ovest.
Ciampoli ha anche chiesto l’apertura di “un procedimento formale”a carico di Steve Pieczenik, all’epoca funzionario del Dipartimento di Stato Usa, per “concorso nell’omicidio del presidente Dc”. 
L”americano’, nei 53 giorni del sequestro Moro, sedeva al tavolo del Comitato di crisi come inviato informale degli Usa, ma era di fatto il consulente del ministro dell’Interno Francesco Cossiga.
si`, le cose stavano proprio cosi`: nel cuore stesso della struttura che avrebbe dovuto occuparsi del salvataggio di Moro stava l’americano mandato dal governo, che doveva invece raggiungere l’obiettivo di farlo ammazzare.
e in una intervista concessa a Minoli per Rai Storia, del resto, Pieczenik disse che Moro doveva morire: lui ha fatto in modo che le Brigate rosse si convincessero, maturassero o rafforzassero l’idea di ucciderlo. 
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in quei giorni ci furono davvero molti responsabili della morte di Moro:
Andreotti, che era il capo del governo, e Cossiga, che era il ministro dell’interno: si dimise dopo la fine tragica, ma venne premiato dal fronte compatto delle forse politiche che non avevano saputo opporsi all’uccisione di Moro con la presidenza della Repubblica piu` votata della storia.
ma, purtroppo, in questo schieramento, cinico in nome di rigidi valori astratti, ci stavano anche i “buoni”.
ci stava il Vaticano, e la lettera di Paolo VI che chiedeva di rilasciare Moro senza cindizioni fu il suggello formale della condanna a morte e la precedette di pochissimo.
In questo nome supremo di Cristo (…) vi prego in ginocchio, liberate l’onorevole Aldo Moro, semplicemente, senza condizioni.
(dalla lettera di Paolo VI alle Brigate Rosse del 21 aprile 1978)
ci stava Pertini, poco dopo eletto presidente della repubblica.
ci stava Berlinguer, il rigido perbenista.
insomma, la responsabilita` politica della morte di Moro non fu soltanto della Democrazia Cristiana, ma anche dei leader glooriosi ed indimenticabili della sinistra.
soltanto Craxi e noi quattro gatti del Manifesto provammo ad opporci alla retorica dilagante e stupida dello stato che non tratta.
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ma alla fine, ecco la cosa piu` dura e impopolare da dire:
responsabile, un poco, della propria morte fu Moro stesso, che sbaglio` i toni delle sue prime lettere, di cui rimase inspiegabile che non ci fosse mai stato alcun accenno alla scorta: forse non seppe mai che le sue guardie del corpo erano rimaste uccise e penso` invece che non lo avessero difeso?
ma Moro decise (inconsapevolmente, come e` ovvio) di farsi rapire col celebre – e rivoltante – discorso in parlamento del marzo 1977: il testo integrale, qui:
l’idea della necessita` di un processo popolare (cioe` democratico) alla DC era stata lanciata poco tempo prima da Pasolini, prima di essere a sua volta ucciso in un’altra torbida trama politica.

come si vede il cosiddetto populismo era ben vivo anche prima che qualcuno lo inventasse a sproposito in tempi recenti…
e con ben altri toni rispetto a quelli da educande dei presunti populisti di oggi
(e dico presunti, perche` essere populisti dovrebbe essere considerato un titolo di merito, e non mi pare che siano davvero populisti quelli che oggi vengono accusati di esserlo: imitazioni sbiadite del passato!).
rifiutando quel processo, per cosi` dire populista, ​con parole dure, Moro si candido` a subirlo non per via democratica, ma nel carcere oscuro e mai voluto trovare, delle Brigate Rosse.
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ecco alcuni stralci di quel discorso, con le affermazioni piu` sginficative:
Alto e difficile compito è dunque il nostro, specie in presenza della diffidenza, del malcontento, dell’ostilità che, bisogna riconoscerlo, predominano oggi nell’opinione pubblica.
Vogliamo dunque accusare il senatore Gui in ragione del suo ufficio, per essersi trovato a reggere il suo dicastero nel momento nel quale, con la conoscenza del dopo, si può ritenere si sia da parte di taluno prospettata la possibilità di lucrare una tangente relativa ad una operazione di compravendita? 
Si ha la sensazione che si trattasse di un costume lungamente e largamente praticato e pertanto — il che dà fortemente da pensare — accettato.
Ho detto di essere consapevole, e naturalmente lo ripeto, che qualche cosa di torbido è avvenuto in queste circostanze…
È doveroso considerare come importante lo stato d’animo degli italiani, il sospetto nei confronti del mondo politico, la convinzione che del torbido ci sia, e vada scoperto ed eliminato. E una forza spontanea che potrebbe rompere gli argini, come talvolta fa, pericolosamente, la furia popolare. Si deve essere attenti a queste cose, per senso di giustizia e per accortezza politica. 
Incidentalmente, mi sia consentito dire che, con evidente eccesso, si è prospettato, sotto il profilo della moralità, il caso dell’Italia quasi fosse unico nel nostro pianeta. Ma conserviamo un certo realismo! Non facciamo gli altri sempre migliori di noi, per le nostre polemiche! È molto brutto che certe cose avvengano. Ma, onorevole Felisetti, che cosa si è fatto in America, per colpire certi implacabili corruttori a livello mondiale?
In questa posizione troviamo unita la Democrazia Cristiana ed intendiamo con essa difendere la Democrazia Cristiana nel suo insieme. 
Quello che non accettiamo è che la nostra esperienza complessiva sia bollata con un marchio di infamia in questa sorta di cattivo seguito di una campagna elettorale esasperata. Intorno al rifiuto dell’accusa che, in noi, tutti e tutto sia da condannare, noi facciamo quadrato davvero. Non so quanti siano a perseguire un tale disegno politico, ma è questa, bisogna dirlo francamente, una prospettiva contraddittoria con una linea di collaborazione democratica. A chiunque voglia travolgere globalmente la nostra esperienza; a chiunque…
Per tutte queste ragioni, onorevoli colleghi che ci avete preannunciato il processo sulle piazze, vi diciamo che noi non ci faremo processare.
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non ando` proprio cosi`, o meglio: proprio perche` non ci fu nessun processo nelle pubbliche piazze, Moro fini` processato in una oscura cella, e con la sua abominevole condanna a morte da parte di estremisti di sinistra sposto` definitivamente a destra l’opinione pubblica italiana.
una morte utilissima, in poche parole, agli equilibri del potere che aveva sempre difeso.
ed oggi viene celebrata quasi come fosse la festa fondativa della seconda repubblica post ideologica, che in effetti fu anticipata poco dopo, a cominciare con Craxi, dopo il fallimento storico dei vecchi politici legati alla Resistenza.
l’omicidio Moro fu in effetti la premessa necessaria di quello che lui previde, anche se servi` la sua morte a realizzarlo: la fine storica della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista.

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