domenica 18 marzo 2018

Commesse militari, compagnie aeree, alberghi e interi quartieri. Le mani del Qatar sull’Italia - Alberto Negri



Il mondo si divide tra quelli che sono italiani e quelli che vorrebbero essere italiani”, disse qualche tempo fa lo sceicco Suhami Al-Thani anni membro della famiglia reale del Qatar. Gli stranieri hanno acquistato 65 miliardi di imprese Made in Italy (oltre 9 li hanno spesi i soli francesi), mentre lo shopping italiano all’estero vale meno di 10 miliardi. Il volto dell’Italia nel medio periodo non cambierà con l’immigrazione ma con le acquisizioni straniere.

Anche l’Italia ha la sua camera vista sul Golfo degli arabi e dei persiani, forse meno appariscente di quella degli americani, degli inglesi o dei francesi ma con risvolti non trascurabili in termini economici e militari che non sfuggiranno alle altre monarchie del Golfo di cui siamo partner, dall’Arabia Saudita, al Kuwait e agli Emirati.
“Il mondo si divide tra quelli che sono italiani e quelli che vorrebbero essere italiani”, disse qualche tempo fa lo sceicco Suhami Al-Thani anni membro della famiglia reale del Qatar. E il Qatar, dove si affacciano sul Golfo le basi militari americane e ora anche della Turchia, mezzo italiano lo sta diventando davvero. Lo shopping italiano del regno, sanzionato dall’Arabia Saudita e dagli altri emiri per i rapporti con i Fratelli Musulmani, continua a ritmo forsennato, anche in campo militare, quello più sensibile per uno piccolo stato che salì all’onore delle cronache per una rete tv, Al Jazeera, e il suo ruolo, talvolta spregiudicato nella contrastante e sanguinosa stagione delle primavere arabe.
La Leonardo, ex Finmeccanica, ha appena venduto 28 elicotteri militari NH 90 (Nato helicopter) del consorzio europeo per un valore di oltre tre miliardi di euro. La divisione elicotteri di Leonardo (ex Agusta Westland) detiene il 32% del consorzio Nh Industries, ma siccome per la campagna commerciale in Qatar è società capofila,  ha diritto a un valore superiore alla sua partecipazione alla joint venture. Vendiamo armi e sono contenti anche i sindacati che hanno appena raggiunto con Leonardo (29 mila addetti in Italia e 45 mila nel mondo) l’accordo su 1.100 prepensionamenti che sarà seguito da un piano per nuove assunzioni.
Questa è la seconda commessa italiana rilevante in poco tempo del Qatar in campo militare dopo la vendita di sette navi della Fincantieri per 5 miliardi di euro. Tanto è vero che la Fincantieri, con le corvette italiane, è stata designata “diamond sponsor” della Fiera militare marittima che si svolge in  questi giorni a Doha. Il governo Gentiloni è dimissionario ma il ministro della Difesa Pinotti è corsa in Qatar, per la seconda volta in pochi mesi, perché la Beretta sta firmando un contratto per la produzione a Doha di armi portatili leggere e di un fabbrica per sviluppare in futuro nuovi sistemi d’arma.
Per il Qatar, grande produttore di gas, con un  partnership importante con l’Iran nei giacimenti offshore nel Golfo, l’Italia sta diventando un partner quasi strategico. Nel mirino dei sauditi, che li hanno obbligati anche a cambiare rotte aeree, i qatarini stanno aggirando l’embargo con il recente acquisto dall’Aga Khan del 49% della compagnia aerea sarda Meridiana, rilevata dalla Qatar Airways, che con il nome di AirItaly ha in programma piani grandiosi che potrebbero farla diventare la prima compagnia aerea italiana.
I qatarini fanno turismo ma non per caso. La Sardegna del resto è stato il primo grande investimento immobiliare del Qatar quando nel 2012 la Katara Hospitality (la stessa che ha effettuato la maggior parte degli acquisti di hotel) ha acquisito dalla Colony del magnate Tom Barrack un pezzo importante della Costa Smeralda: quattro alberghi 5 stelle (Cala di Volpe, Romazzino, Pitrizza e Cervo Hotel) ma anche la marina e il cantiere di Porto Cervo e infine il Pevero Golf Club. In totale oltre 600 milioni di euro più i costi di ristrutturazione. Più recente è invece è il completamento del Mater di Olbia, un ospedale che dovrebbe essere finito nel 2018, la cui costruzione si era interrotta a causa del crack del San Raffaele di Milano.
L’anno in cui è stata chiusa in Italia una delle operazioni più significative è stato il 2012, quando la Mayhoola for Investment, holding, che fa capo direttamente alla famiglia al-Thani, ha acquistato Valentino per oltre 700 milioni. La moda e il lusso sono da sempre nel mirino degli investimenti della Qatar Investment Authority (Qia), un colosso il cui patrimonio stimato è di 335 miliardi di dollari.
Poi sono venuti gli investimenti negli hotel extra-lusso: dal Four Season di Firenze, che si trova nel Palazzo della Gherardesca, acquistato per circa 150 milioni insieme al Baglioni (sempre a Firenze). Ci sono poi l’hotel Gallia di Milano, a Roma il Westin Excelsior, il Grand Hotel St Regis e l’Aleph Hotel Boscolo e infine Palazzo Gritti a Venezia.
Sul mercato immobiliare il Qatar nel 2015 è stato protagonista della più grande operazione di real estate dell’anno con l’acquisizione del progetto di sviluppo di Porta Nuova a Milano, per una cifra che non è mai stata rivelata nel dettaglio ma sicuramente superiore a un miliardo di euro. il fondo sovrano Qia ha anche acquistato per circa 100 milioni la sede del Credit Suisse di Milano, di cui ovviamente è anche azionista. Inoltre in fondo sovrano del Qatar è entrato con un investimento di 165 milioni nel capitale di Inalca, la società del gruppo Cremonini, insieme al Fondo Strategico italiano.
E ora, parafrasando il giovane sceicco Al Thani, non resta agli italiani che diventare anche un po’ qatarini. La realtà, a di là delle battute, è che forse la maggior parte degli elettori andati recentemente alle urne forse non si rende conto che il Paese è in vendita da un pezzo: l'anno scorso gli stranieri hanno acquistato 65 miliardi di imprese Made in Italy (oltre 9 li hanno spesi i soli francesi), mentre lo shopping italiano all’estero vale meno di 10 miliardi. Il volto dell’Italia nel medio periodo non cambierà con l’immigrazione ma con le acquisizioni straniere: follow the money, segui dove va il denaro, dice un vecchio detto.

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