venerdì 16 marzo 2018

Lettera alla ministra Madia: contratto della sanità, per noi c’è poco da festeggiare - Elisa Mele



Gentile ministra Madia,
le scrivo convinta di manifestare, a pieno titolo, la delusione della mia categoria dopo la firma dell’assurdo contratto della sanità italiana.
Sono scesa in piazza, sabato a Roma, e dopo ore sotto l’acqua che batteva incessante, vi ho visti esultare. Avete rilasciato dichiarazioni di «gioia per un accordo arrivato dopo estenuanti 28 ore di contrattazione», sottolineando la parola “estenuanti”. Parola che mi fa pensare a un turno notturno in un qualsiasi reparto, o un banalissimo turno mattutino con 45 posti letto e due infermieri. O un turno pomeridiano in un pronto soccorso con pazienti costretti a ore di attesa perché, data la carenza di personale, non si riesce a garantire un numero sufficiente di ambulatori attivi.
Mi spiace comunicarle che, siamo noi a dover rispondere in prima persona al crescente disservizio che purtroppo subiscono i pazienti e siamo noi a dover subire gli stati d’animo e le aggressioni, purtroppo non solo verbali, di chi è stanco, soffre e non può più permettersi di aspettare.
Le pongo una domanda: lei sa che cosa fa un infermiere? Sa quale sia la nostra importanza nel garantire l’assistenza al paziente? Sa quanto noi infermieri possiamo fare la differenza sulla diagnosi, sulla cura e sulla prognosi? Ha idea di quali siano le nostre responsabilità e a quali rischi siamo esposti?
Queste domande potrebbero sembrare provocatorie ma il mio fine è un altro: invitarla a una riflessione. Quando un infermiere torna a casa non esulta, perché si porta dietro volti, sofferenze e sorrisi. Ecco, a questo forse bisognava pensare quando con una firma si è reso il lavoro straordinario obbligatorio “salvo giustificati motivi di adempimento”; quando viene tolto il diritto alla pausa di 30 minuti per i turnisti; quando vengono previsti solo 15 minuti per timbratura, vestizione e consegne; quando si attua una deroga alle 11 ore di riposo per esigenze dell’azienda (non del lavoratore); quando ci si vanta della lotta al precariato dandole manforte con la pronta disponibilità estesa a tutti i reparti di degenza.
Mi spiace Ministra che ancora una volta la mia professione non venga riconosciuta intellettuale come si legge solo sui libri.
Mi spiace dovermi ancora giustificare con i pazienti quando ci vedono stanchi e non trovano quel sorriso che ci state togliendo e che meritano. Questo è estenuante e io non ci sto.
Elisa Mele è infermiera precaria del Centro Oncologico di Riferimento di Aviano

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