giovedì 14 marzo 2019

B 737 MAX, precedente allarme tecnologico trascurato? - Piero Orteca



Scatole rosse svela segreti - B 737 MAX, precedente allarme tecnologico trascurato?

Perché quelle 157 vittime, quegli otto italiani scomparsi?
Cosa possa essere veramente accaduto nel disastro del volo Ethiopian Airlines ce lo diranno le scatole nere (che poi sono rosse). Ma l’algoritmo delle catastrofi già impazza e spesso ci azzecca. Perché lo schianto del 737 Max-8, verificatosi 6 minuti dopo il decollo da Addis Abeba, ricorda, molto da vicino, il terrificante incidente dello scorso ottobre in Indonesia. In quell’occasione lo stesso tipo di Boeing precipitò pochi minuti dopo il decollo, in circostanze che gli esperti ritengono abbastanza simili a quelle di domenica scorsa. Anche allora si parlò immediatamente di una responsabilità (indotta) del pilota automatico, determinata a sua volta dal malfunzionamento dei sensori di velocità.

Bis dell’Indonesia
In sostanza, la timeline dello schianto indonesiano viene così descritta dalla britannica (e autorevolissima) BBC: i piloti parlano immediatamente dopo il decollo di un “flight control problem” relativamente all’altitudine. Dopo un minuto scatta l’anti-stalling system, col computer che spinge il naso dell’aereo in picchiata. Problemi di velocità, non sufficiente (sempre per il computer) a tenere il velivolo in aria. I piloti correggono manualmente e riportano il muso del 737 in linea. Chiedono alla torre di controllo anche la velocità, perché ritengono che i loro indicatori siano sfasati. Il computer rispinge il naso dell’aereo all’ingiù, mentre il comandante, manualmente, lo riporta su.

Uomo contro computer
Tale lotta disperata tra l’uomo e il computer dura per altri sei minuti. Con l’aereo cha picchia e “imbarca” continuamente. Alla fine la torre di controllo nota che l’aereo punta verso il suolo, perdendo quota. I piloti affermano che gli strumenti sono andati e attivano le procedure per un atterraggio d’emergenza. Un minuto dopo il 737 scompare dai radar e si schianta. Il rapporto preliminare parla di “diverse concause” strumentali, a cominciare da una “failure” dei sensori di velocità che, a catena, hanno ingannato il computer, inducendolo a “ordinare” una continua emergenza dell’anti-stalling. Quest’ultimo avrebbe indotto il velivolo a scendere in picchiata (per guadagnare velocità).

Automatismo impazzito
I piloti, poi, non sarebbero riusciti (per ben 20 volte) a tamponare manualmente gli errori del sistema automatico. Schiantandosi. Così il volo Lion Air JT610 ora costituisce il parametro su cui basare l’inchiesta sul disastro di Addis Abeba. Il malfunzionamento poteva essere ovviato dai piloti? Il rapporto sull’incidente indonesiano è ancora “preliminare”, ma ha già sollevato un vespaio di polemiche. Alcuni giorni prima del disastro, il “manteinance log” parlava di ben 6 problemi tecnici da risolvere su quell’aereo. Uno, in particolare, riguardante i sensori del cosiddetto “angolo di attacco” (che misura l’incidenza delle ali e del flusso d’aria, determinante per la “portanza”), era stato rimesso a posto il giorno prima della catastrofe.

Allarmi trascurati?
In un altro volo, da Bali a Giakarta, con problemi analoghi, un altro 737 (sempre secondo quanto riporta la BBC) si sarebbe salvato per un pelo. Problemi di “dialogo” tra computer e piloti, sarebbero pure alla base dell’incidente che ha coinvolto il volo Air France 444, inabissatosi nell’Atlantico dopo essere decollato dal Brasile una decina d’anni fa. Anche in quell’occasione si parlò di sensori di velocità (i ”tubi di Pitot”) malfunzionanti, al punto da causare lo stallo dell’Airbus. Ora la domanda è: bisogna rivedere il software del 737 Max-8 e aggiornare, con un’operazione di “back-up”, tutti i sensori moltiplicandoli?

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