venerdì 15 marzo 2019

Poligono di Quirra: lo stage e la strage - Daniela Pia


  
L’istituto Primo Levi di Quartu Sant’Elena, pare con l’accordo dei genitori, aveva scelto di mandare alcune terze classi al Poligono Sperimentale e di Addestramento Interforze di Salto di Quirra, in località Perdasdefogu.
La scuola ha come obiettivo principale quello di favorire la crescita di cittadini consapevoli, promuovendo competenze critiche che, partendo dalla Costituzione, sviluppino le ragioni storiche, culturali ed etiche che rendono gli uomini e le donne di domani capaci di discernere fra la cultura della pace e i cultori della guerra e delle armi. Mettere l’accento sui disastri che la guerra ha inflitto, nelle diverse parti del mondo è un dovere morale.
Come questo possa conciliarsi con l’accettazione di stages nei poligoni militari è cosa di ardua comprensione. Cercare di sistemare studenti-studentesse per far fronte all’alternanza “scuola lavoro” richiederebbe un discernimento maggiore.
La prima considerazione riguarda l’intitolazione della scuola: Primo Levi. A quale scopo una scuola che lo ricorda mostra di ignorare, nei fatti, il vissuto e la sofferenza della guerra vissuta dallo scrittore di «Se questo è un uomo» accettando di indirizzare ragazze e ragazzi in un luogo in cui alla guerra si addestra? Fosse anche «per far acquisire agli studenti competenze tecniche e professionali, tipiche del settore amministrativo, gestionale e informatico, all’interno di un’organizzazione complessa e ben strutturata»?
La seconda considerazione riguarda il fattore salute. Già nel maggio 2012 il procuratore della Repubblica di Lanusei, Domenico Fiordalisi, aveva affermato: «La Sindrome di Quirra oggi non è più un fatto misterioso, perché finalmente si conoscono le fonti del pericolo per la pubblica incolumità che sono rimaste coperte da un alone di mistero per tanto tempo». Non ha dubbi perchè la Procura di Lanusei ha ricostruito «un quadro di evidente contaminazione da attività militari e di sperimentazione» svolte per decenni all’interno del Poligono del Salto di Quirra. Il tutto senza che militari o civili impegnati nel poligono fossero stati adeguatamente informati o protetti verso i gravi rischi sanitari che potevano correre in determinate aree».
Spiegava il magistrato, supportando le sue argomentazioni con le conclusioni dei consulenti scientifici, che «la fonte di questo pericolo è costituita da una o più sostanze radioattive che creano, specialmente per le emissionidi radiazioni alfa, una pericolosità così lunga nel tempo che sono necessari 30/35 anni per esprimere tutta la loro potenzialità nociva. Significa che negli anni 2000 stiamo subendo i possibili effetti negativi, in termini di danni al DNA delle persone viventi e degli animali, per condotte poste in essere negli anni 1970/1980». (*)
Non è forse la salute, nelle sue varie sfaccettature, una delle emergenze educative cui la scuola deve far fronte?
Quali dunque le spiegazioni possibili per una scelta così poco oculata? Da qui dovremo ripartire, cercando di operare scelte di alternanza che non tralascino mai di operare in sintonia con l’articolo 11 della nostra carta Costituzionale laddove si recita che «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo».
Un’alternanza scuola-lavoro in questi contesti stride fortemente con troppi degli obiettivi che la scuola della Repubblica dovrebbe perseguire. Anche per questo, l’Istituto Levi ha dovuto correre repentinamente ai ripari annullando l’attività che tanto clamore ha destato.
«Non omne quod licet honestum est». Imparare dagli errori si deve, perché non si ripetano.

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